Con i loro nomi e cognomi vivono carriere da sogno, ma sono i loro soprannomi a diventare dei miti. I giocatori di padel, così come succede per molti altri sport (soprattutto quando c’è di mezzo la lingua spagnola), a volte vengono chiamati con nomi di animali, altre vengono celebrati in base alle loro caratteristiche tecniche, altre ancora sono chiamati in un certo modo in base a una storia che nasce da lontano.
Già, perché se nel famoso cartone animato Tom & Jerry passavano la vita a inseguirsi, Juan “El Gato” Tello e Federico “El Raton” Chingotto sono il gatto e il topo, ma hanno giocato insieme per 8 anni, cementando una delle più grandi amicizie che esista nel mondo del padel. E se pensate che “El Gato” arrivi dall’agilità di Tello siete fuori strada. Lo ha ereditato dal padre (da piccolo era 'El Gatino', poi si è evoluto) proprio per la somiglianza fisica con il felino. Diverso il discorso per Chingotto, che è 'il topo' per la sua velocità supersonica negli spostamenti.
Ah, se andate a vedere il padel per la prima volta e sentite ululare il pubblico, non pensate di essere nel posto sbagliato. Perché Juan Lebron, uno dei giocatori più forti di sempre, è stato definito “il lupo” dal telecronista Lalo Alzueta per la sua ferocia quando è in campo. E’ piaciuto così tanto il soprannome che ormai quando Lebron e Galan vincono (o quando Juan fa dei grandi punti) parte l’ululato.
Alzueta, che ha lasciato il World Padel Tour un paio di anni fa, di certo non difetta di fantasia. Per questo, il dominatore del 2023 Agustin Tapia, per lui, è Mozart quando è in campo. Un direttore d’orchestra per le sue movenze leggiadre, per la sua “musicalità” nelle giocate. Completamente diversa (e stavolta non c’entra niente Lalo) l’origine del soprannome di Daniel Gutierrez, per tutti Sanyo. Un nome che nasce addirittura da uno spot pubblicitario degli anni 90, prodotto proprio dalla Sanyo, nel quale era presente un ragazzo identico al campione di padel. Ecco dove può arrivare la mente…
Il padel può anche darti la possibilità di sorridere per un soprannome che nasce dalla storia più brutta che ti è capitata nella vita. E’ il caso di Martìn Di Nenno: la sua vicenda è ormai nota, visto che nel 2016 ebbe un incidente stradale insieme ai suoi due migliori amici che persero la vita. Per i medici, dopo la rottura del femore e della rotula (più altri problemi), non sarebbe mai potuto tornare in campo. Il suo modo di camminare particolare lo ha portato a essere conosciuto come “El Rengo”, lo zoppo. E Di Nenno sorride per questo soprannome: sa che rappresenta il confine fra la più grande tragedia vissuta e la gloria che sta trovando in questa seconda vita.
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