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In virtù della riforma nella distribuzione dei punti per il ranking mondiale, in determinate settimane per gli azzurri ha più senso puntare sui tornei del Cupra FIP Tour piuttosto che sugli eventi del circuito maggiore Premier Padel. Cassetta e Cremona l’hanno capito subito, preferendo un Silver in Brasile al P1 di Riyadh
di Marco Caldara | 15 febbraio 2025
Fin da quando i migliori giocatori italiani hanno iniziato ad affacciarsi al circuito maggiore, ai tempi del vecchio World Padel Tour, l’obiettivo dei nostri è sempre stato quello di arrivare a competere in mezzo ai più forti, provando a sfruttare ogni occasione per condividere gli stessi eventi coi big. Una situazione ulteriormente amplificata dall’arrivo (nel 2022) di Premier Padel, che ha offerto ai giocatori di seconda fascia ulteriori opportunità per trovare posto in mezzo ai grandi, allargando tabelloni e possibilità.
Tuttavia, a circa tre anni di distanza dall’avvento del nuovo circuito di punta dei “pro”, è soprattutto allo sviluppo costante del Cupra FIP Tour che i nostri nomi di punta devono guardare con interesse e ambizioni, perché passo dopo passo sta diventando a tutti gli effetti un prolungamento del tour maggiore, in grado di offrire standard interessanti, punti preziosi e, in certi turni, anche premi. Non si parla di cifre che permettono di arricchirsi, ma di sbarcare il lunario sì e proprio quella deve essere la funzione di un circuito secondario “di appoggio”, piattaforma per accompagnare i migliori verso il più alto livello.
Oggi, a maggior ragione in virtù della riforma che ha modificato l’assegnazione dei punteggi, in tanti casi per gli azzurri ha più senso prendere parte a tornei del circuito FIP piuttosto che di Premier Padel e i nostri giocatori di punta l’hanno compreso. Esempio? Questa settimana sia Simone Cremona sia Marco Cassetta, coi rispettivi compagni, sarebbero entrati nelle qualificazioni del P1 di Riyadh, ma hanno preferito rinunciare all’Arabia Saudita e “investire” su un evento di categoria Silver in Brasile, occasione decisamente migliore per raccogliere punti in virtù di un tabellone con solamente un paio di giocatori nei primi 100 del ranking mondiale.
Se l’obiettivo è scalare la classifica, l’origine dei punti non conta. Conta prenderseli quando è possibile e il nuovo sistema di punteggio favorisce scelte in linea con quella fatta dai due azzurri. Lo dice la matematica: arrivare ai quarti di finale di un FIP Silver offre 14 punti per il ranking, una semifinale 25. Con le qualificazioni dei tornei maggiori ora spalmate su tre turni e non più due, arrivare al turno finale delle “quali” di un P2 vale 15 punti, di un P1 ne offre 18. Significa che, a parità di incontri da vincere (due), la differenza fra i punti offerti dagli eventi FIP e dai P1/P2 di Premier Padel (a livello di qualificazioni) è davvero minima. Eppure, in termini di livello degli avversari da battere c’è invece un abisso fra le due competizioni, il che spiega – e giustifica – certe decisioni che a una prima impressione potrebbero apparire come furbe, quando in realtà sono ben ponderate.
Anche andare a caccia di punti in luoghi remoti ha i suoi rischi, specialmente in una zona del mondo come il Sudamerica dove può capitare di imbattersi in giocatori sconosciuti ma che giocano alla grandissima, sprovvisti (o quasi) di ranking mondiale solo perché non hanno mai deciso di trasferirsi in Europa a inseguire il sogno del professionismo. Ma in generale, in primis in determinate settimane, preferire un torneo FIP a un evento Premier Padel è una scelta saggia. L’ideale, dunque, è armarsi di calcolatrice e programmare con attenzione la stagione, alternando i due circuiti. Perché se è vero che giocare FIP spesso conviene, è vero anche che il tutto deve essere finalizzato all’arrivare un domani fra i grandi e anche con una certa competitività (che non sono i punti a dare). Ergo, a intermittenza è giusto provare comunque a stare in mezzo ai più forti, anche quando magari classifica e portafoglio suggeriscono una strada diversa.