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Tamara Icardo ha ragione: l’appassionato medio di padel, nella stragrande maggioranza dei casi anche praticante, dovrebbe identificarsi soprattutto nel gioco delle donne, perché più tattico, meno potente e più facile da replicare. Il padel proposto dagli uomini lascia a bocca aperta, ma è roba per pochi
di Marco Caldara | 07 gennaio 2025
La differenza di appeal fra il padel maschile e quello femminile è innegabile, perché il numero di stelle è maggiore e la qualità dello spettacolo offerto è spesso di livello superiore, in termini di intrattenimento ma anche di difficoltà atletica di certi gesti. Conta (tanto) la questione anatomica: il chiaro vantaggio fisico degli uomini nei confronti delle donne ha portato – nel mondo dei professionisti – allo sviluppo di due modi di giocare completamente differenti.
Nel circuito maschile si punta ormai quasi tutto sulla potenza, come dimostra la costante ricerca del remate paralelo, ossia lo smash che ha l’obiettivo di far tornare la palla nel proprio campo scavalcando gli avversari. Una soluzione che spesso, specie in condizioni di gioco molto veloci, viene usata e abusata al punto che ogni scambio si risolve in pochi colpi. Chi guarda dagli spalti o dal divano rimane a bocca aperta, ma per l’amatore che punta a migliorarsi osservando i più grandi c’è gran poco da imparare, a livello tecnico come tattico. Molte soluzioni sono semplicemente off limits, punto e stop.
In virtù delle differenze fisiche descritte prima, nel circuito femminile vengono invece cancellate certe soluzioni dalla lista delle possibilità vengono, ed è così che il padel è riuscito a conservare fino ai giorni nostri la sua essenza originale, quella di sport nel quale al 90 per cento conta la tattica, poi tutto il resto. Pertanto, per chi guarda per cercare di imparare, un match femminile risulta decisamente più utile. E non è detto che lo spettacolo non sia altrettanto soddisfacente: basta solo osservarlo con occhi diversi.
Del tema ha parlato di recente la spagnola Tamara Icardo, intervenuta nel podcast “Con los pies nel suelo” (con i piedi per terra). “Bisogna partire dal presupposto – ha detto la numero 17 del ranking mondiale – che il padel maschile e quello femminile siano due sport diversi. Donne e uomini non sono uguali, così è. Il padel maschile è estremamente spettacolare, io stessa vedo certe giocate che sono consapevole di non poter replicare. Non ho la forza per riuscirci. Ma il padel femminile ha altrettanti aspetti per essere ammirato. È uno sport super tattico, e credo che uno spettatore si possa sentire più identificato nel padel femminile piuttosto che nel maschile. Perché uno è inarrivabile, mentre l’altro è il massimo al quale un giocatore amatoriale possa ambire”.
Impossibile darle torto, tanto che la differenza di interesse fra movimento maschile e movimento femminile risulta persino un controsenso, o quantomeno è più ampia di quanto potrebbe (o dovrebbe) essere. È naturale che l’interesse dell’appassionato sia maggiore nei confronti di azioni sportive che ci si rende conto di non poter emulare, perché è proprio lì che l’interesse si trasforma in ammirazione, facendo lievitare la passione. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi chi guarda il padel lo pratica anche, ergo avrà la tendenza a osservare gli incontri dei professionisti non solo con l’obiettivo di divertirsi, ma anche per studiare certe azioni e provare poi a replicarle. Pertanto, visto che la gran parte di ciò che fanno gli uomini è semplicemente impossibile da ricalcare, ecco un motivo in più per osservare anche le donne con lo stesso interesse. O per certi versi persino di più.