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Aus Open, la vigilia di Sinner e Sonego: sognando una semifinale azzurra

Vigila tricolore a Melbourne: per Sinner allenamento indoor, lontano da occhi indiscreti, con il team, per Sonego Campo 17 con lo junior Vasamì - mancino come Shelton - ancora come sparring parner

di | 21 gennaio 2025

Il rovescio di Jannik Sinner (Getty Images)

Il rovescio di Jannik Sinner (Getty Images)

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La strada è lunga, ma lassù, in cima al passo, la vista potrebbe aprirsi sulla sfida più importante mai giocata da due italiani in uno Slam. Maschile, chiaramente, perché la vetta raggiunta da Flavia Pennetta e Roberta Vinci a New York (che quest’anno spegne 10 candeline) è ancora inarrivabile. Più che una chimera, però, una semifinale azzurra a Melbourne è un’ipotesi plausibile. Più che un sogno, una solida possibilità.

Sinner forse non arriverà ai 16 successi di fila di Connors su Gerulaitis o ai 20 di Djokovic su Monfils, ma contro De Minaur siede comodamente sullo scranno del match-up più sbilanciato dell’ultimo quinquennio: 9-0 i confronti, 20 a 1 i set appannaggio dell’altoatesino. È anche grazie a questo incastro a senso unico che Jannik nel ’19 ha dominato le Next Gen Atp Finals, nel ’20 ha vinto il suo primo titolo ATP a Sofia, nel ’23 il suo primo Master 1000 in Canada, nel ’24 il 500 di Rotterdam e che negli ultimi due anni la squadra di Filippo Volandri ha vinto la Davis, partendo dal punto pressoché sicuro contro l’Australia.

Alex De Minaur (Getty)

Alex De Minaur (Getty)

Adesso che il 27enne di Sydney con genitori ispano-uruguayani si è finalmente affacciato ai quarti dello Slam di casa, l’adrenalina lo ha portato a spingersi con le dichiarazioni oltre la consueta prudenza: “Per la prima volta nel torneo gioco da sfavorito e scenderò in campo senza pressione. Ma voglio raggiungere risultati ancora migliori e so poterlo fare. Soprattutto, se non voglio che i risultati del passato si ripetano, devo fare qualcosa di diverso. E lo farò” ha detto The Demon, prima di scherzare sul l’imminente matrimonio e sul cospicuo assegno che si è assicurato per organizzarlo a puntino.

In realtà, più che la forma del top 10 Aussie sarà determinante la condizione di Jannik. Dei problemi fisici riscontrati contro Rune e della selva oscura che ha attraversato indenne negli ottavi, al numero 1 del mondo sono rimaste nuove risposte a nuove domande. “Adesso so a quali risorse posso attingere quando non sto bene”, ha spiegato Jannik. Il problema di ieri, oggi è superato – almeno parzialmente – ma ha comunque lasciato qualche ombra leggera sulla vigilia del quarto di finale degli Australian Open 2025.

Per questo, la rifinitura prevista per le 16 di oggi si è svolta sul campo 8 del National Tennis Centre. Indoor, per sfuggire alla calura, e nelle segrete della struttura che da una quindicina di anni è diventata il quartier generale di Tennis Australia. Lì, lontano dagli occhi dei tifosi e della maggior parte dei curiosi e di (quasi tutti i) giornalisti, il 23enne di Sesto Pusteria ha preparato il suo decimo quarto di finale Slam palleggiando con Simone Vagnozzi e Darren Cahill. Né sparring partner, né top player, né tanto meno sguardi indiscreti, ma il suo cocoon protetto da Marco Panichi, Uli Badio e i suoi due coach, con l’obiettivo di calibrare il ritmo e le forze in vista di un appuntamento che richiederà una carica nervosa extra, in un impianto che sarà un girone dantesco.

Lorenzo Sonego colpisce di rovescio (foto Getty Images)

Lorenzo Sonego colpisce di rovescio (foto Getty Images)

Se Sinner ci crede, Sonny non è da meno. Dalla parte del 29enne piemontese non ci sono né i libri dei record né un vantaggio nei confronti dell’avversario (1-1 i precedenti), ma la spensieratezza del cuor leggero, di chi da piccolo non era predestinato ad un futuro tra gli ultimi 8 in un major, ma che con coraggio e determinazione si è modellato un finale alternativo.

Lorenzo si è allenato tra le 3 e le 4 del pomeriggio sul campo 17, lo stesso sul quale aveva preparato la sfida di terzo turno a Marozsan, e con quello stesso Jacopo Vasamì con il quale si era allenato in vista dell’incontro con Tien. Nessuna scaramanzia, però, perché il 2007 capitolino cresciuto nel club Nomentano e che si è allenato alla corte di Rafa Nadal, è mancino. Mancino come Tien e mancino come Shelton, probabilmente l’ultimo ostacolo da superare prima che sul greenset blu di Melbourne la semifinale sia tutta azzurra.


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