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Slam

Giovanni ed Arthur, attenti a quei due: che test oggi contro Musetti e De Minaur!

La Francia rialza la testa. Perricard e Fils sono i giovanissimi front-man del nuovo tennis transalpino supervisionato da Ivan Ljubicic: sono due prospetti molto interessanti, con potenziale fisico e offensivo. Wimbledon gli fa l’esame più delicato

di | 08 luglio 2024

Giovanni Mpetshi Perricard al servizio (foto Getty Images)

La Francia è nel caos politico e istituzionale. “Siamo in grande pantano”, dice la leader di destra, Marie Le Pen. Nel tennis invece il pantano sembra passato con quei due nomi giovani e freschi, Giovanni e Arthur, che spiccano davanti a tutti gli altri, come candidati all’eredità degli altri figli della colonizzazione, Monfils e Tsonga. Che però si sono fermati prima del grande salto, senza diventare mai superstar e campioni Slam, imperfetti di carattere e di tecnica, ma soprattutto di mentalità.

Invece Giovanni Mpetshi Perricard e Arthur Fils, entrambe figli di ex calciatori, sono gemellati da sempre come i vittoriosi compagni di doppio del Roland Garros juniores 2021, il super torneo di casa dove Giovanni perse in semifinale contro l’amico, poi stoppato in finale. E promettono di più e meglio. Col primo, il 2.03, allenato da Emmanuel Planque e forgiato pezzo pezzo nella palestra-Challenger che oggi, per il compleanno numero 21, si vuole regalare il successo su Lorenzo Musetti negli ottavi di Wimbledon, e il secondo, alto 1.85 - come Federer - che chiede strada ad Alex De Minaur. 

SORPRESE 
Ivan Ljubicic non avrebbe mai pensato, da neo DT della ricchissima Federtennis, di dover subito gestire l’esplosione dei due ragazzi. Pensava, prima, di dover mettere le mani in un “pantano” di vizi e cattive abitudini simile a quello politico, in un ambiente malato.

Invece, per sua fortuna, il bosniaco che Riccardo Piatti ha portato al numero 3 del mondo e che poi è stato l’ultimo coach di Roger Federer, può riassestare il movimento utilizzando questi due esempi. 

Perricard, con le gambe di papà Ghislain Mpetshi non sembrava portato per l’erba con le aperture ampie sia di dritto che di  rovescio, ma compensa con la grande atleticità e il servizio-bomba, con 105 ace in 3 partite: 51 al primo turno, 27 al secondo, 27 al terzo, emulando i grandi bombardieri del passato, Ivo Karlovic and John Isner. C’è di più: c’è la costante attitudine offensiva, preparata con un rovescio tagliato (a una mano) che lo porta a rete dandogli il tempo per esaltare l’ottimo gioco al volo. Chissà chi svelerà il mistero sui suoi natali, e quando. Si sa solo che papà ha radici del Congo e mamma Sylvie è l’eroina di Giovanni: perché si chiama così, esiste un legame italiano anche col suo piatto preferito: la pasta al pesto?

Di certo l’esplosione di Perricard sembra irresistibile: partendo dai Challenger vinti sul cemento di Nottingham in Inghilterra e Cuernavaca in Messico, transitando per Nuova Caledonia, Australia, Francia, Germania, Svizzera, ancora Messico, col successo di Acapulco, per passare al primo urrà ATP sulla terra della sua Lione, e quindi l’erba. Con le qualificazioni superate a Stoccarda e lo stop al primo turno del tabellone proprio contro Musetti, ma solo due tie-break conclusi entrambe 11-9, le qualificazioni superate anche al Queen’s, dove ha battuto Shelton per poi cedere a Billy Harris, per poi farsi valere a Wimbledon, con due turni di qualificazioni anche superate, il ko nel turno decisivo nel derby con Janvier  per 6-7 7-5 7-6 7-6 e quindi il ripescaggio come lucky loser, ed i colpi inattesi in tabellone contro Korda in 5 set, contro Nishioka in 3 e contro Ruusvuori in 4. 

Giovanni Mpetshi Perricard esulta (foto Getty Images)

FRUSTRAZIONE 
Seb Korda non è un cuor di leone, ma contro Giovanni non sapeva più che fare e s’è sfogato contro la povera racchetta: “Non c’era molto da fare, potevi solo cercare di indovinare dove andava la palla. Ad un certo punto, aveva l’80% di prime di servizio e un solo doppio fallo”. Come lui il più flemmatico Ruusvuori: “Perricard è un avversario molto complicato, soprattutto su questa superficie. E credo ancora che migliorerà sempre più”. Con Giovanni che si lamenta soprattutto del rovescio: “Magari l’avessi a due mani come John Isner, soffrirei molto di meno da quella parte”.

Dove dovrà insistere e tanto oggi Musetti, sfoderando una montagna di pazienza nel ricordo anche dei due set-point salvati a Stoccarda, concentrandosi tantissimo sul proprio servizio, sapendo che in risposta le occasioni saranno pochissime. Fra le 5 cose da sapere su di lui, spicca che, come Jannik Sinner, ha lasciato giovanissimo casa, a 12 anni, per inseguire il sogno di emulare Rafa Nadal al centro tecnico federale di Poitiers, ed è un malato di calcio, tifoso dell’Olympique Lyonnais, e di videogame, fan di Ronaldo, di Lewis Hamilton e di LeBron James , vorrebbe essere Superman, e si carica ascoltando il rap: “Il tennis è come la boxe, uno contro uno. Devo essere dell’umore giusto per fare il mio gioco”. Intanto, da 58 del mondo che era alla vigilia di Wimbledon, è già virtualmente 33.

Arthur Fils al servizio (foto Getty Images)

IMPAZIENZA
Il suo “gemello” Arthur Fils, di 11 mesi  più giovane, allenato dall’ex pro Sebastien Grosjean, da 34 è già salito al 27, con un gioco anche lui offensivo e a rischio, sta avendo anche lui un cammino significativo a Wimbledon: dopo Stricker, ha costretto al ritiro Hurkacz e ha domato Safiullin in 5 set. Oggi sarà più dura ancora contro un buon conoscitore dell’erba come l’australiano De Minauru, che ha battuto quest’anno sulla terra di Barcellona. Il ragazzo che s’ispira all’uno-due servizio-dritto di Tsonga dovrà soprattutto sfoderare tutti i progressi sotto il profilo mentale, tema sul quale si è auto applaudito dopo il match contro il picchiatore russo: “Alla fine del terzo set ero proprio giù di corda, francamente, un anno fa, al quarto avrei preso 6-0. Mi stavo lamentando un po’ di tutto, delle condizioni del campo, la pioggia, le interruzioni, il pubblico…”.

Ma poi mi sono scosso, mi sono auto-imposto una reazione positiva: “Ora stai zitto, smetti di lamentarti e vedrai alla fine se hai vinto. Non parlare più. Questo è uno dei motivi per cui ho vinto. Perché, da quel momento, dentro di me, ero molto concentrato”. Insomma, un atteggiamento ben diverso da quello tenuto alle Next Gen Finals di novembre, quand’era il favorito ma aveva perso col più solido Medjedovic.

Arthur Fils saluta il pubblico (foto Getty Images)

GRANDE BELLEZZA
“Quando ero più giovane ho fatto un po' di atletica leggera, correvo i 100 metri. Ho praticato anche judo e calcio. Ma sono sempre stato più bravo a tennis e alla fine ho dovuto scegliere un solo sport perché avevo bisogno di giocare sempre di più”, racconta Fils. Come il suo idolo Roger Federer, il bell’atleta insegue il bello, il colpo a effetto, la soluzione esaltante che elettrizzi il pubblico. Di più. “Un giorno, mi piacerebbe fare l’attore”, ha confessato ad ATPTour.com. “Recitare è fantastico. Non ho mai fatto recitazione a scuola, ma mi piace semplicemente perché amo guardare i film e anche serie d’azione come Top Boy. Mi piacciono molto Michael B. Jordan e Leonardo DiCaprio”.

Figurarsi quanto si esalta sul palcoscenico più importante dello sport: “Wimbledon è uno dei migliori posti al mondo. L’intero luogo è fantastico, l’atmosfera  è fantastica. Mi piace davvero tanto giocarci, le tradizioni e il pubblico sono fantastici. Quando giochi tutto bianco è davvero speciale. E' solo il mio secondo anno sull'erba. OK, sto giocando meglio rispetto allo scorso anno, ma ho ancora tanto da migliorare. Non so ancora come procedere su questa superficie così diversa, ma certo ce la sto mettendo tutta”. Cercando anche di personalizzare le sue prestazioni: “Amo Lewis Hamilton e il suo stile, cerco di ispirarmi a lui e provo a vestirmi anch’io così”. E guarda all’eccellenza, a  Parigi: “Adoro la Torre Eiffel, gli Champs-Elysees e il Louvre”.

Prima di Wimbledon, era impaziente, si sentiva in ritardo rispetto alle promesse, dopo il titolo di Lione dell’anno scorso da più giovane campione del torneo di sempre, il più precoce, a 18 anni e 11 mesi, a firmare un ATP dopo Gael Monfils a Sopot 2005. Per riprendere fiducia è tornato a giocare a vincere un Challenger, a Bordeaux, adesso è esploso sulla massima ribalta. Vorrebbe tanto andare avanti: ma è davvero pronto?

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