-
Slam

Jason Stacy, "the mentalist" dietro i successi di Aryna

Figlio di un militare statunitense è il preparatore atletico e mentale della regina del tennis mondiale. Fa parte del team di Sabalenka fin dal 2018

di | 19 gennaio 2025

Jason Stacy (fotogramma dal video di SuperTennis)

Jason Stacy (fotogramma dal video di SuperTennis)

Compirà 51 anni tra un mese, ma quando la regia TV accende la telecamerina puntata sul player’s box di Aryna Sabalenka, lui non riesce a fare a meno di improvvisare facce, smorfie e linguacce, anche quando il match è sul filo di lana. Si chiama Jason Stacy, e anche se i riflettori si accendono su di lui solo quando si fa autografare la pelata, quando si presta agli sberleffi o alle mosse di karate della tennista bielorussa, è molto di più dell’uomo che piega le mani a forma di cuore con la destrezza di un teenager su TikTok.

Jason Stacy è uno dei segreti della numero 1 del mondo. Forse il più importante, sicuramente il più longevo. “Ci conoscemmo nel 2018, Aryna quell’anno fu nominata Newcomer of the year. Del team dell’epoca sono l’unico sopravvissuto” dice, con uno strato di stupore e di fatalismo su una base di legittima soddisfazione. Consapevole com’è che certi risultati non sono figli delle stelle o dello pseudo talento, ma sono un delta alimentato da tanti affluenti. Il fisico più tirato e la testa più sgombra rispetto al passato sono due sentieri sui quali oggi la 26enne di Minsk può passeggiare libera, ma sui quali sono impresse le impronte di Jason. Un altro, è indubbiamente lo spirito del gruppo che il suo cervello fino contribuisce quotidianemente a plasmare.

L’anno scorso nella finale di Brisbane un’Aryna malconcia incassò da Rybakina una delle peggiori sconfitte della carriera. Ricevendo il trofeo, la tigre bielorussa guardò il suo angolo e sghignazzando ciancicò: “It’s your fault, guys!” – “È colpa vostra, ragazzi!”, facendo piegare in due la Pat Rafter arena. Due settimane fa, alzando al cielo del Queensland il suo 18mo titolo, la parziale rettifica pubblica - “Oggi avete fato un lavoro decisamente migliore!” - con quel ghigno sardonico sempre sul punto di eruttare. O come quando un anno fa, bissando il trionfo a Melbourne Park, Aryna si fece seria per 5 secondi netti (“Senza di voi non sarei riuscita ad ottenere così tanto in questo sport”), salvo poi riprendere la rotta abituale verso lo scherno: “...ma senza di me anche voi non avreste fatto un granché!”. E giù risate scomposte.

Aryna Sabalenka e Jason Stacy

Aryna Sabalenka e Jason Stacy

Battute che sono boccate di aria pulita per chi ha trovato la giusta distanza dalle cose, per chi ha imparato ad apprezzare l’ironia ridicola della vita. Per chi ha un fisico bestiale, ossa e muscoli forti forgiati da una giovinezza turbolenta e da anni di di arti marziali, ma che ha anche il cuore leggero.

Di quella leggerezza – per dirla alla Calvino - che non è superficialità, ma è la capacità di planare sulle cose dall'alto, senza avere macigni sul cuore. 

La biografia di Jason qualche macigno se lo porta dietro: figlio di un militare statunitense dell'Air Force morto quando aveva 10 anni, ha vissuto una giovinezza scapestrata, in giro per il mondo. Poi, invece di percorrere i passi da ufficiale e gentiluomo, a 12 anni si è ritrovato solo e senza una casa. “Sono stato homeless in un buco di c*lo nello stato di Washington. Ed è lì che mi ha salvato il jiujitsu”, racconta. Il passo successivo sarebbe stata la formazione nella preparazione atletica e mentale, e da lì la sua strada si sarebbe incrociata con quella di Dmitry Tursunov. Quindi, l’esistenza da girovago without a cause avrebbe gradualmente lasciato il posto a quella di professionista itinerante. Tursunov lo avrebbe portato nella galassia Sabalenka, dalla quale non sarebbe più uscito.

20250119_GettyImages_1966856023.jpg

Oggi, se le indicazioni tecnico-tattiche spettano ad Anton Dubrov, su tutto il resto Jason Stacy ha carta bianca. C’è anche il suo zampino sul lavoro psicologico e bio-meccanico che ha portato alla soluzione dell’atavico problema del servizio della bielorussa. “Nel team faccio un sacco di cose: mi occupo della parte fisica e mentale, ma anche dell’alimentazione. Un tempo spettavano a me anche i messaggi, mentre adesso abbiamo assunto un fisioterapista. Certamente ho il compito di fare in modo che l’umore, l’energia, lo spirito del team siano sempre al punto giusto. Mi chiamano il baby sitter”.

Un compito che i risultati non necessariamente rendono più facile. Jason, che ha vissuto anche una dozzina di anni in Australia prima di tornare negli USA, accetta il paragone con il surf: “Effettivamente negli anni ci sono stati parecchi alti e bassi, con ondate altissime. Ma adesso le onde sono molto più controllabili. O forse siamo diventati tutti più bravi a surfare”. Anche per questo, dopo le turbolenze vissute contro Clara Tauson, l’ottavo contro Mirra Andreeva (l’unica tennista capace di batterla prima di una semifinale Slam negli ultimi 8 major) è andato in cantiere con un 6-1 6-2 in un’ora, senza doppi falli, senza cedere turni di servizio e senza pericolosi reef break. “Con la maturità, Aryna ha imparato che per diventare più forte delle paure deve affrontarle e superarle. Il che non significa combatterle, altrimenti si trasformano in mostri, ma conoscerle. E sapere che non puoi evitarle. La forza mentale parte dalla consapevolezza della propria vulnerabilità”.

Insomma, se a galla si vedono solo i 9 successi consecutivi nel 2025 e i 18 di fila a Melbourne Park, sotto la superficie del mare Sabalenka c’è un lavoro enorme, condito qualche linguaccia a favore di camera. “Se questo ruolo è più divertente o logorante? Dobbiamo lavorare quotidianamente per renderlo divertente, altrimenti diventa estremamente logorante”.

Loading...

Altri articoli che potrebbero piacerti