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New York, dopo averle bocciate entrambe più volte, premia progressi, lavoro e qualità di due protagoniste molto diverse. Aryna è favorita, ma Jessica avrà il tifo della folla di casa
di Vincenzo Martucci | 07 settembre 2024
Il tennis donne ha già vinto ancor prima della finale degli US Open fra la wonder women dell’Est Europa, Aryna Sabalenka, e la giocatrice di casa, Jessica Pegula, di matrice universitaria. Perché così racconta due storie totalmente diverse fra una americana bianca e ricca ma meno dotata di tante rivali di tecnica e di potenza e una bielorussa che ha dovuto faticare il triplo per emergere, per motivi finanziari, culturali e personali. Perché propone da una parte concretezza ed intelligenza tattica e dall’altra potenza e passione. Perché manda un segnale importante alle bambine prodigio e le rimanda a scuola di vita, di gestione di sé, prima ancora che di tennis. Perché tiene ancora fuori dalla porta dei Vip gli imperfetti, quelli che non si dedicano anima e corpo, e quelli che non sanno o semplicemente non vogliono gestirsi da autentici protagonisti.
Invece Aryna e Jessica non solo sono le legittime protagoniste di questa scalata, dopo un’annata importante che ha portato la bielorussa ad aggiudicarsi gli ultimi 11 match e la statunitense a firmare 15 delle ultime 16 partite (perdendo solo contro l’avversaria finale di questi Open, tre settimane fa a Cincinnati), ma hanno fatto proprio di tutto per giocarsi l’ultimo Slam della stagione. Che poi è il loro preferito, quello che più di tutti hanno desiderato. La Tigre di Minsk, per la beffa dell’anno scorso quand’è perso contatto con la realtà dopo un set della finale contro Coco Gauff, facendosi travolgere dalle aspettative e dal senso di solitudine che le trasmetteva l’immenso pubblico dell’Arthur Ashe tutto schierato per la giocatrice di casa. Ma la regina delle ultime due edizioni degli Australian Open mette paura: ha firmato gli ultimi 13 match sul cemento e, dall’inizio dell’anno scorso si è aggiudicata 26 dei 27 match fra Melbourne e New York, perdendo solo quello famoso sotto il traguardo della Grande Mela.
Per la statunitense i motivi per vincere il Major di casa sono fin troppo eloquenti, dopo tanti schiaffi nei tornei dell’immortalità tennistica, diventando appena la quarta, era Open, ad arrivare in finale nella stessa stagione in tutti gli eventi della lunga estate calda nordamericana, Canadian Open, Cincinnati e US Open dopo Casals (1970), Goolagong (1973) e Serena Williams (2013).
COSTRUZIONE
Per conquistarsi i riflettori di una ribalta così importante, sia Sabalenka che Pegula sono transitate per un lungo processo di costruzione. Se andiamo a ritroso, in queste due ultime settimane a New York, Aryna ha rimontato da un set sotto la coriacea Alexandrova e ha saputo resistere alla guerra di nervi con Emma Navarro - un’altra statunitense sostenuta al massimo dal pubblico -, soprattutto nel secondo set che ha strappato al tie-break contro la rivelazione dell’anno che stava diventando sempre più pericolosa; Pegula ha fatto anche di meglio liquidando due pericolose connazionali come Kenin e Shnaider e poi abbattendo finalmente il tabù Swiatek dopo lo sconvolgente 0-6 nei testa a testa, e rimontando la rediviva Muchovapromuovendosi alla prima finale Slam a 30 anni.
A guardarla Aryna, 1.82 - la più prossima come potenza ed aggressività a Serena Williams - sembra essere una macchina da guerra imbattibile, col servizio che viaggia oltre i 180 all’ora e il dritto che va più veloce degli uomini - rivelazione statistica degli US Open - a 129 all’ora: più dei 127 di Alcaraz e dei 126 di Sinner! Ma per poter scatenare al meglio i cavalli del suo motore deve lavorare tantissimo sotto il profilo fisico, nella reattività, e anche nel mentale, nella capacità di resistere a scambi più lunghi, con l’avversaria che si appoggiano e le rimandano indietro proiettili anche più veloci, com’è successo con la Navarro e come può succedere con Pegula. Inoltre, già molto sensibile, questa ragazza è stata più volte provata dal destino: cinque anni fa dalla prematura scomparsa dell’amatissimo papà - primo sponsor e motivatore - morto ad appena 43enne, per meningite e, a marzo, dal misterioso suicidio del fidanzato (anche lui ex giocatore di hockey ghiaccio) che, malgrado i due si fossero ormai lasciati, si era presentato a Miami in occasione del torneo al quale partecipava Aryna.
E, soltanto un paio d’anni fa, ha avuto seri problemi al servizio che ha risolto con l’aiuto di un biomeccanico ma anche di tanto lavoro psicologico su se stessa. Perché quando il gioco si faceva duro, la dura Aryna si scopriva estremamente morbida, soprattutto solo le mille luci di New York. Nelle semifinali 2021, ad esempio, era arrivata da favorita contro Leylah Fernandez, ma si era fatta soffocare dell’idea del primo urrà Slam, nel 2022 era crollata in tre set contro Swiatek, e l’anno scorso pure, in finale, dando sempre la forte impressione di aver buttato via l’occasione.
Pegula da parte sua, erede del miliardario Terry Pegula, padrone dei Buffalo Bills NFL e dei Buffalo Sabres NHL di hockey ghiaccio, nel giugno di 2 anni, dopo tante delusioni tennistiche, è stata provata a sua volta da una tragedia familiare per l’arresto cardiaco subito da mamma, Kim - suo idolo di donna e di donna-manager -, con danni celebrali e perdita della memoria: “Non sarà più la persona che era”. Tragedia dalla quale ha tratto nuovi stimoli per perseguire gli obiettivi sportivi. Tanto che, dopo sei quarti di finale agli US Open, finalmente s’è presentata in finale. Grazie a un attento e continuo lavorio sul suo gioco che ha arricchito sempre più in fase offensivo e nella qualità.
STORIA
Al di là della soddisfazione personale e della spinta che potrebbe ricevere dal successo agli US Open, Sabalenka, con la quarta finale Slam sul cemento 4 avvicina alla primatista Azarenka fra le giocatrici in attività (5), e può diventare la prima da Angelique Kerber nel 2016 ad aggiudicarsi i due Slam sul cemento nella stessa stagione, come solo altre 4 star era Open: Graf (1988 e 89), Seles (1991 e 92), Hingis (1997). Entrando nel super-clan delle 4 che negli ultimi 10 anno hanno conquistato più Major nella stessa stagione: Serena Williams (2015), Kerber (2016) e Swiatek (2022).
Pegula, da parte sua può essere la decima statunitense ad aggiudicarsi lo Slam di casa era Open. Può anche diventare la prima regina Slam asian-american (mamma coreana) era Open e raggiungere Ann Jones (1969 Wimbledon) e Flavia Pennetta (2015 US Open) come regina di un primo Slam da over 30, la più anziana finalista Slam yankee era Open. La prima, dopo Svetlana Kuznetsova al Roland Garros 2009 a incoronarsi regina Slam battendo la numero 1 (Swiatek) e la 2 (Sabalenka), la prima agli US Open da Maria Sharapova nel 2006. Forse è anche troppo per la prima finale Slam davanti alla sua gente, partendo dal 2-5 nei testa a testa contro una tigre di 26 anni, più giovane e sempre più affamata, senza le rivali classiche in circolazione…
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