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A Wimbledon, il quasi 2 metri australiano vuole dare una sterzata a una carriera che non decolla dopo le promesse da junior e le potenzialità fisiche. Partendo dal super-servizio
di Vincenzo Martucci | 06 luglio 2024
Per gli amici è “‘Pop”, per i tifosi “Popy”, ma Alexei Popyrin, alto, magro ed allampanato somiglia tanto al famoso “Pippo” di Disney, anche se non è così buffo e divertente. Di sicuro oggi l’australiano giramondo dietro il lavoro di papà russo, fra Nizza, Marbella e Dubai, bussa con insistenza, serissimo, ai Doherthy Gates di Wimbledon alla ricerca di quel successo cui sembrava legittimamente aspirare da junior quando si aggiudicava il Bonfiglio di Milano e il Roland Garros under 18.
Ma che finora, fra i pro, è lontano, relegato com’è l’australiano nel limbo fra i top 30 e i 40. Non gli manca di certo la potenza, il suo limite è soprattutto fisico, di reattività e velocità, ma anche di continuità e di freddezza nei momenti topici. Se infatti parliamo di colpi puri, il 24enne di Sydney, alto quasi 2 metri, è un picchiatore di quelli pericolosi, a cominciare dal servizio. E l’avversario di oggi a Wimbledon, Novak Djokovic, lo sa benissimo.
REMEMBER MELBOURNE
Il 17 gennaio, nel secondo turno degli Australian Open, Nole I di Serbia ha rischiato seriamente il ko, prima di infilare il successo consecutivo numero 30 a Melbourne, nello Slam che ha firmato 10 volte, più di tutti nella collezione-record di 24 Majors. Il 6-3 4-6 7-6 6-3 non racconta esattamente cos’è successo a metà partita quando Popyrin ha avuto 4 set point sul 5-4, con Novak sotto anche 0-40.
“Aveva un diritto abbastanza facile e l’ha mancato”, aveva ammesso Djokovic. “Io non ho fatto niente di speciale, ho avuto soprattutto fortuna su quel punto e su quel game. Perché il mio avversario è stato il giocatore migliore per un set e mezzo, nel secondo e terzo set, stava gestendo il match nel modo tatticamente più giusto e stava servendo alla grande. Merita un grande applauso”. Anche se poi, una volta scampato il pericolo e vinto il tie-break, l’esperienza del campione serbo aveva fatto la differenza: “Nei momenti topici sono riuscito a mettere la palla in campo più di lui”.
OCCASIONE
Poi Popyrin non ha certo esaltato: dopo la semifinale di Doha, ha battuto Lehecka a Miami e Rublev a Montecarlo, quindi è uscito 4 volte di fila al primo turno a Barcellona, Madrid, Roma e Parigi sulla terra che non è la sua superficie, dopo di che ha rialzato la testa sull’erba di s-Hertogenbosch eliminando l’ostico Hijikata e lottando 3 set con Tommy Paul, al Queen’s ha battuto McDonald ma s’è arreso alla distanza ad Andy Murray, quindi ora a Wimbledon ha avuto bisogno di 4 set per sbarazzarsi di Monteiro e di 5 per mandare a casa Etcheverry.
E’ lapalissiano che Djokovic è la sua grande occasione per dare una svolta all’intera stagione, se non alla carriera in stallo per l’australiano che a coach Neville Godwin ha aggiunto i consigli dell’ex pro di qualità Xavier Malisse. Anche se per in boomakers non ha possibilità: è dato vincente a 6.50 con Novak a 1.08, forse memori dei troppi errori che caratterizzano il gioco di Popiryn (58 nel famoso precedente di Melbourne di gennaio che ha segnato il 2-0 per Djokovic nei testa a testa), e dimentichi di come, sempre agli Australian Open, l‘anno scorso, aveva eliminato Fritz.
NUOVO CORAGGIO
I 5 set contro Etcheverry - i primi Slam fuori dallo Slam di casa, a Melbourne - hanno dato tanto coraggio a Popyrin, che ha messo giù 65 vincenti inclusi 17 ace, per domare in 4 ore il tenace argentino.
”Sono stato due volte indietro, ma in nessun momento sono stato a corto di fiducia. Ero sempre io a dettare il gioco. Avevo il controllo dei punti, e quindi anche il controllo di come sarebbe andata la partita. In nessun momento sono stato stressato e ho avuto paura di perdere davvero”.
Le cose, maturando, cambiano: “Non è un segreto che l’erba non è la mia superficie preferita. Penso che finora quest’anno mi sono trovato meglio che mai sul verde in tutta la carriera. Dal punto di vista dei movimenti e del gioco, mi sento come se sapessi cosa sto facendo là fuori”.
Aveva espresso un desiderio: “Sarà divertente se contro Djokovic giocherò sul Centre Court. Lo spero, perché vorrei davvero sperimentarlo”. E’ stato accontentato. Adesso tocca a lui: dal 2018, Nole I di Serbia non è mai apparso così debole e incerto a Wimbledon.