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Attento, Musetti: Djokovic, ferito e sfiduciato, è una belva disperata. Per lui questo Wimbledon vale tutto!

Il campione di 7 Championships ha bisogno di conferme dopo gli sforzi per recuperare dopo l’operazione e la cattiva stagione: in un colpo solo spera di riscattarsi e rilanciare. Sul suo io, sugli avversari e anche sul pubblico…

di | 12 luglio 2024

Un'esultanza di Novak Djokovic a Wimbledon (Getty Images)

Un'esultanza di Novak Djokovic a Wimbledon (Getty Images)

Lui, Novak Djokovic da Belgrado, si esalta nelle difficoltà. Anzi, si nutre proprio delle situazioni più difficili e negative, fors’anche dell’opposizione - eufemismo - dell’esterno nei suoi confronti, del tifo contro del pubblico, dell’insofferenza di qualche avversario, dell’antipatia che suscita con certi atteggiamenti e certe prese di posizione. In campo, poi, quand’è con le spalle al muro, quando sembra stantco o ferito, quando appare proprio spacciato, quando deve fronteggiare un match point, vanta una collezione di reazioni miracolose che per i rivali si traducono in incubi.

Basti pensare alla finale di Wimbledon 2019 coi due match point annullati in finale a Roger Federer che sono diventati cult negli highlights dei Championships. Nei punti importanti, che decidono i match importanti sui campi importanti e nei tornei importanti, re Nole I di Serbia tira fuori il meglio di sé, quella natura un po’ selvaggia da re della foresta braccato dal cacciatore che ha allevato nei primi anni di apprendistato, di grande difficoltà per mancanza di sostegno economico e di strutture nella sua Belgrado, e poi dopo, all’impatto con l’ATP Tour, quando Federer e Nadal gli sbarravano la porta anche come atteggiamenti, captando che il ragazzo coi capelli irti come un porcospino era estremamente pericoloso per il “Fedal”.

E, anche se poi le situazioni sono cambiate drasticamente e lui ha rubato ai due fenomeni quasi tutti i record di immortalità sportiva, non solo tennistica, l’indole di Djokovic è rimasta quella di chi proprio non ci sta a subire. Figurati se si tratta di sconfitta, la parola che ha sempre detestato. A dispetto degli anni che passano anche per lui, e sono ora 37, dei mille acciacchi che si porta dietro un atleta professionistico, delle motivazioni che non possono più essere le stesse e degli avversari che sono più giovani e pimpanti. Ma, proprio quando si tocca questo delicatissimo tasto, papà-Djokovic, sempre così dedicato ai figli e ai bambini in generale, si trasforma e torna la belva ferita che cerca disperatamente di salvare la pelle, ogni costo. Per orgoglio, per puntiglio, per abitudine. Questa sarà oggi la situazione in cui il Campione di gomma si dovrà battere contro Lorenzo Musetti.

I due volti di Djokovic

LA DOPPIA SFIDA DI DJOKOVIC

Djokovic non è di certo al 100%, né potrebbe esserlo, al di là degli sforzi sovrumani che ha fatto, dietro le quinte, per recuperare dall’operazione al menisco del ginocchio destro del 5 giugno. Lo sa benissimo anche lui, così come, conoscendo alla perfezione il proprio corpo, sa cosa potrebbe e cosa non potrebbe fare, sul campo, per non rischiare un nuovo crack che gli negherebbe l’Olimpiade di Parigi. Ma la sua natura gli impedirà di fare calcoli e lo spingerà a dare comunque il tutto per tutto per fronteggiare un avversario che in qualche modo gli ricorda le sfide contro la varietà e la imprevedibilità di Roger Federer. Soprannominato Il Magnifico, proprio come viene spontaneo chiamare Lorenzo, richiamando l’appellativo del principe senza corona, Lorenzo de’ Medici.

E, alla lunga, le sfide contro lo svizzero delle meraviglie Novak le ha vinte andando al sodo e smantellandolo di sostanza, cioé di servizio, risposta e pochi errori nell’insistente palleggio da fondo. La domanda di oggi a Wimbledon non è tanto perciò sulla tattica di Novak, sulla sua motivazione e sulla volontà che ci metterà nell’insistere fino all’ultima stilla di energia. Perché per Djokovic questa partita è più importante che per qualsiasi altro contendente delle semifinali nel Tempio. Lui ne ha vinte tante certo, più di tutti, ma ora più che mai deve dimostrare agli altri e a se stesso che gli ultimi-enormi sforzi che ha compiuto in palestra e sotto le mani di fisioterapisti osteopatia e massaggiatori, ne valevano la pena. Deve dimostrare al mondo intero che, a dispetto dell’età e dell’illustre passato, lui è sempre lui. E deve strappare altri applausi al pubblico che vorrebbe applaudire tutti meno che lui, oggi come ieri. Anzi, oggi più di ieri, dopo l’ultima sparata di lunedì quando Nole ha creduto di interpretare i “Ruuuuune” della gente come dei “Buuuuuuu” mascherati nei suoi confronti” e gli ha augurato un’acida “Buuuuuona notte”.

IL NUOVO MUSETTI A WIMBLEDON

La domanda è, all’opposto, al nuovo Musetti. Sembra maturato dalla nascita del primo figlio e dall’età, come anche da qualche scoppola e dal ritardo nella conquista della ribalta che gli compete. Sembra aver capito quando mastro Simone Taratarini gli ripeteva da anni e sembra aver modificato la sua filosofia da tennis-gioco a tennis-lavoro. Sembra essere finalmente conscio dell’importanza dei colpi d’inizio game e della necessità di fare quel famoso passettino in avanti per forzare la sua anima difensiva e trasformare i suoi colpi magici in offensivi.

Ma può il braccio d’oro di Carrara risolvere con scambi più brevi e con rischi più insistiti e decisivi il micidiale gap fisico che ha sempre accusato alla distanza contro Novak? E’ quello il fondamentale insuperabile scoglio contro il quale a 19 anni si è infranto al Roland Garros dopo due stupefacenti tie-break strappati al ben più famoso avversario, quello contro il quale s’è maciullato anche quest’anno, nello stesso torneo, ancora sulla lunga distanza. Quello, se vogliamo, contro il quale anche Il Magnifico per eccellenza - Roger Federer - s’è schiacciato , stancandosi sempre più nei batti e ribatti da fondo, alla rincorsa di quella maledetta palla in più che gli tornava di là del net. Il Novak di oggi, con un bilancio stagionale di 18-6, in appena 7 eventi disputati  - e uno è la simil esibizione United Cup -, zero successI e anche zero finali, non può essere in fiducia, ma è sicuramente, ancor più disperatamente aggrappato alla speranza di rovesciare la situazione proprio in quest’edizione di Wimbledon. Dove è approdato a sorpresa in semifinale - risparmiando preziose energie saltando il confronto con l’infortunato de Minaur - e dove, vincendo, può anche agganciare Federer a quota 8 titoli-record e riguadagnare il terreno perduto. Per strappare al pubblico quell’applauso in più che, da campione, merita.

 

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