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La storia di Sinner e il lavoro della Federazione Italiana Tennis e Padel che ha messo le basi del boom, è al centro di un lungo documentario pubblicato sul canale YouTube dell'Australian Open, "Forza Jannik: Sinner e la crescita del tennis italiano".
di Alessandro Mastroluca | 06 gennaio 2025
Siamo il prodotto delle nostre scelte e degli incontri che facciamo. Scelte misurate ma ferme e incontri determinanti hanno scandito il percorso di Jannik Sinner, il campione che non ha tradito il bambino per l'uomo come cantava Fabrizio De André. Un campione eccezionale anche per la sua normalità, prodotto più luminoso di un lavoro di sistema partito da lontano e primo motore di una rinnovata passione per il tennis italiano. Questo intreccio, la storia di Sinner e il lavoro della Federazione Italiana Tennis e Padel che ha messo le basi del boom, è al centro di un lungo documentario pubblicato sul canale YouTube dell'Australian Open, "Forza Jannik: Sinner e la crescita del tennis italiano".
Seguendo il filo conduttore del cammino di Sinner verso il suo primo titolo Slam nella scorsa edizione del torneo, il documentario fa conoscere la storia di Jannik attraverso le testimonianze di chi l'ha conosciuto.
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Il romanzo di formazione del campione parte dai primi segnali. "Era sempre il migliore negli sport e a scuola andava molto bene" racconta Florian Tschurtschentaler, amico d'infanzia e compagno di scuola di Jannik, che oggi intaglia sculture di legno. Ha una coordinazione naturale, una predisposizione per lo sport e la capacità di imparare presto e altrettanto presto applicare quanto gli viene detto: qualità che il tempo ha esaltato. "Aveva cinque anni quando ha iniziato a sciare. Era piccolo, con lunghi capelli rossi. Sciava bene, faceva tante domande. Era un po' speciale, ma era un bambino normale, come gli altri" racconta la sua prima maestra Elizabeth Egarter.
Ma a un certo punto della storia, Sinner cambia strada. E' la prima delle scelte chiave. "Ci sono queste scelte nella vita e non puoi accontentare tutti" spiega Jannik nel documentario.
"Pensavo che il tennis facesse per me. A sciare andavo bene, ma se fai un errore non puoi vincere e io non sopporto perdere. Nel tennis anche se sbagli puoi sempre vincere la partita. Ho preso quella decisione e mi sono buttato nel fuoco" dice Sinner. Il suo talento non ha mai smesso di colpire Andreas Schonegger, il primo a mettergli una racchetta in mano, quando aveva quattro anni, che rivela: "Nel 2019 mi hanno chiesto in un'intervista dove sarebbe potuto arrivare Jannik. Ho risposto: Nel 2024 sarà numero 1 del mondo".
In quel 2019 Sinner vinceva le Next Gen ATP Finals a Milano, e lasciava intuire magnifiche sorti e progressive al suo coach di allora, Riccardo Piatti, il primo degli incontri che hanno cambiato la storia. Sinner si era infatti trasferito nella sua accademia a Bordighera quando aveva tredici anni . "Ho chiesto al padre: perché volete che Jannik venga a Bordighera? Mi disse: Perché Jannik vuole venire" ricorda Piatti. "Lasciare gli amici, la famiglia è stato difficile ma devi fare sacrifici per provare a raggiungere qualcosa di grande" dice Sinner, già allora "Invictus", padrone del suo destino e capitano della sua anima. "La sua vita si muoveva per il tennis" dice Piatti, "ed era una cosa che avevo visto dal primo giorno in Djokovic".
Nel 2022, Sinner prende un'altra decisione forte, cambia di nuovo direzione: lascia Piatti: "La sua scelta di chiudere la collaborazione è stata dura, ma è stata una decisione buona" ammette oggi. "Quando ho sentito la notizia della sua decisione di lasciare Piatti, ho pensato: 'Ha gli attributi'. Vuole investire in se stesso per prendere il meglio possibile per sé" racconta Francesca Schiavone, ex numero 4 del mondo, la posizione più alta mai raggiunta da un'italiana in singolare femminile, e la più alta per un azzurro (uomo o donna) in singolare nell'era Open fino all'ascesa di Sinner, primo italiano numero 1 del mondo. Il resto, come si dice, è storia.
Una storia che ne ha dentro un'altra, più ampia, come abbiamo raccontato in “Diventare Sinner”, libro edito da Giunti in collaborazione con FITP. L'ascesa di Sinner, giocatore lontano dai modelli, difficilmente inquadrabile in una categoria, racconta una particolarità del tennis italiano di oggi. "In Spagna, negli Stati Uniti, vediamo spesso giocatori dallo stile simile. In Italia non succede, abbiamo una scuola ma non seguiamo necessariamente seguire un'unica strada" spiega Paolo Lorenzi, direttore degli Internazionali BNL d'Italia. Lo dimostrano le diversità nell'interpretazione del tennis degli attuali nove Top 100 azzurri: la geometrica potenza di Sinner, l'aspirazione artistica neoclassica di Musetti, l'energia sfrontata di Cobolli, l'esplosione martellante del servizio e del diritto di Berrettini, la snodabilità del flessibile Arnaldi, la tenacia difensiva di Darderi, la musicale creatività di Lorenzo Sonego, la varietà sconfinata dell'esplosivo Fabio Fognini, la pulizia tecnica di Luca Nardi.
La varietà di stili permette di apprezzare ancora meglio l'abbondanza numerica di giocatori tra i primi 100 del mondo. Se poi si allarga lo sguardo, alle porte della Top 100 si affacciano Mattia Bellucci, dallo stile ancora diverso da tutti gli altri, e Francesco Passaro, numero 101 e 105. Per cui immaginare in un futuro non troppo lontano di battere l'attuale record di italiani in Top 100, dieci il 3 aprile 2021, non è affatto utopistico.
"La Federazione Italiana sta facendo un grande lavoro. L'Italia ha 9 giocatori in Top 100 ATP, che per me è la metrica per definire se una Federazione sta facendo bene o no" spiega il presidente italiano dell'ATP Andrea Gaudenzi. "Non credo ci sia una ricetta, un procedimento che ti possa garantire di diventare un campione come Sinner, ma puoi trovare il modo di portare tanti giocatori in Top 100 e uno di questi è organizzare tanti Futures e Challenger, come ce ne sono in Italia negli ultimi 15, 20 anni".
In questo modo, aggiunge Lorenzi, "i giocatori possono avere wild card quasi ogni settimana e i coach hanno occasione di confrontarsi con allenatori stranieri e migliorare. Per questo dopo 20 anni la Federazione ha tanti giocatori e tanti coach di livello".
Due storie di successo si intrecciano, si alimentano reciprocamente, stimolano uno spirito di emulazione positiva tra i giocatori, che pure mantengono una forte coesione di gruppo sostenuta in più di un caso da solide amicizie (Berrettini con Sonego e Sinner, Cobolli e Gigante, solo per fare qualche esempio). Così vincono tutti. Così, come dichiara nel documentario Nicola Pietrangeli, "l'Italia è diventata oggi, di gran lunga, la nazione numero 1 del mondo nel tennis".