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Wimbledon: Musetti e l'Everest

L'italiano sfiderà Djokovic per la terza volta nel 2024. Da Parigi 2021 a Londra 2024: tra match a senso unico, ritiri e maratone notturne, ora per i due c'è anche la prima sfida sull'erba

di | 11 luglio 2024

E con questo saranno tre. Come i match giocati nel 2024 tra Novak Djokovic e Lorenzo Musetti. Due a zero il bilancio parziale per il serbo (terzo turno al Roland Garros e ottavi a Monte-Carlo), cinque a uno quello complessivo con l'italiano vincitore l'anno scorso agli ottavi ancora nel Principato. Esperienza, titoli (98-2), abitudine al successo: non c'è categoria, non c'è numero che non veda in Djokovic il grande favorito della semifinale di domani. Musetti però nelle sue ultime uscite è riuscito a sovvertire numerosi pronostici - l'ultimo nel quarto vinto contro Taylor Fritz - e l'erba, superficie su cui mai sino ad ora si sono sfidati - potrebbe contribuire a rendere meno sbilanciata una partita il cui esito sulla carta si direbbe già scritto. 

Il refrain è noto: sfavorito chiamato a dare il 110% nella speranza che il suo rivale incappi in una giornata no. Però. Il toscano ha dimostrato nel corso di questo swing sull'erba di averne assimilato bene gli umori, adulandola e accarezzandola con uno stile capace nel giro di pochi colpi di accendersi e accecare per bellezza ed efficacia. Quando così non è stato, e i suoi rivali si sono dimostrati degni interpreti della superficie, Musetti ha accettato di buon grado la sfida - De Minaur e Thompson al Queen's, Darderi e Fritz a SW19 - battagliando e risalendo, rimanendo sempre ben dentro la partita, confermando così i progressi compiuti dal punto di vista della tenuta mentale che così tanto in passato lo aveva fatto tribolare. 

Infortunatosi al ginocchio a Parigi e arrivato a Londra in grande anticipo circondato da mille incognite, Djokovic, una volta sciolte le riserve sulla sua presenza in campo, ha fatto pesare status ed esperienza lasciando al genius loci del Centrale il compito di guidarne i colpi e incanalarne il gioco. Sette titoli qui vinti non sono un caso. Con l'ottavo il serbo eguaglierebbe il record - l'ennesimo della sua carriera - di Roger Federer. Il vincitore di 24 Slam in carriera arriverà alla semifinale più fresco avendo beneficiato del ritiro di Alex De Minaur, suo rivale ai quarti. Però. Non c'è stato nessuno sin qui tra i rivali affrontati dal serbo che sia riuscito veramente a testarne la condizione: non il ceco Kopriva, né la wild card Fearnley né tantomeno il Rune sbiadito liquidato in tre set agli ottavi. 

E sarà su questo punto che si giocherà buona parte della partita. Sull'andare a interrogare a fondo il serbo, porre lui quesiti difficili, e farlo costantemente. Non ci sarà un pubblico ostile questa volta ad infiammarne l'animo, né sarà lui ad inimicarselo nel tentativo di darsi nuova linfa e combustibile qualora le cose dovessero prendere una brutta piega. Sarà sfida di nervi e di tenuta, che i due dovranno sostenere da soli; un duello nel duello, in cui l'uno cercherà di intercettare le debolezze dell'altro: nelle gambe come nella testa, e in cui ogni punto sarà una goccia con cui provare a scavare un solco, segnare una distanza, imporre la propria volontà. 

Il precedente cui guardare, nonché il più recente, è il terzo turno vinto da Djokovic lo scorso maggio al Roland Garros. Era un Djokovic digiuno di titoli, reduce dalla sconfitta di Ginevra contro Machac, incerto ma caparbio nel rilanciare la sua candidatura Slam dopo oltre quattro ore e mezza in una partita che lo vedeva in svantaggio due set a uno. "Da quando mi ha breakkato nel quarto le cose sono cambiate - dichiarò Muso a fine match - è come se lui avesse tolto le catene: ha cominciato a servire e rispondere in modo incredibile e al quinto set ha giocato a un livello pazzesco considerato il numero di ore trascorso in campo". Per tacere di quanto fatto al turno successivo contro Cerundolo, quando la spuntò ancora in cinque set giocandone un paio con un menisco lesionato.

Sono queste le dimostrazioni di forza che hanno fatto di Djokovic il campione che è oggi: ambienti ostili, infortuni, condizione precaria, avversari e rivalità che nel tempo è riuscito a sorpassare e a riscrivere. Oggi però anche Musetti ha varcato la sua linea d'ombra, il match vinto contro Fritz era ciò che mancava, più della finale giocata al Queen's e delle altre vittorie collezionate durante questo swing. Non più spaventato e titubante ma presente e ostinato, senza per questo snaturare il suo gioco, finalmente incamminatosi su di un sentiero che oltre le vittorie e le sconfitte lo porterà infine a capire chi sia. 

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