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Wimbledon Story 1968-87: lo Slam di Laver, il trionfo di Ashe, la Borg-mania, il lampo Becker

Quarta puntata della storia di Wimbledon sul primo ventennio dell'era Open. Le vittorie dei grandi australiani, l'inizio delle rivalità Borg-McEnroe e Evert-Navratilova, il trionfo di Arthur Ashe, il record di Becker, Pat Cash che "scala" il Centrale. Fotogrammi di anni indimenticabili

di | 28 giugno 2024

C'è grande attesa nell'estate del 1968, l'estate degli studenti che invocano l'immaginazione al potere e di Wimbledon che riapre ai professionisti. Attraversano i Doherty Gates Pancho Gonzalez, che non giocava a Wimbledon dal 1949, Ken Rosewall, finalista nel 1954 e nel 1956, Lew Hoad, Andres Gimeno e Rod Laver che torna dopo cinque anni. Torna e vince subito in una finale tutta australiana, non proprio una rarità, in tre set contro Tony Roche, che però vince il titolo in doppio con John Newcombe. Nel torneo femminile si impone Billie Jean King.

Laver si conferma campione anche nel 1969, l'anno del suo secondo Grande Slam, impresa mai nemmeno avvicinata da nessuno. Ma di questa seconda edizione Open resta la maratona, spalmata su due giorni, tra il 41enne Pancho Gonzalez e Charlie Pasarell: in quel momento, è la partita più lunga nella storia del torneo. Dura cinque ore e 20 minuti. Si giocano 112 game, 19 in più del match fino ad allora più lungo ai Championships, tra Jaroslav Drobny e Budge Patty di sedici anni prima. Gonzalez, sotto due set a zero al momento dell'interruzione per oscurità, rimonta e vince 22-24, 1-6, 16-14, 6-3, 11-9. "Gonzlaez a Wimbledon è sempre stato solo reputato un campione. Le sue grandi partite le ha giocate altrove. Stavolta ha fatto vedere al pubblico del Centrale cosa si fossero persi in tutti questi anni" ha scritto David Gray sul Guardian.

Lo spettacolo continua un anno dopo: il 3 luglio 1970 Margaret Court batte Billie Jean King in quella che John Barrett, telecronista della BBC, ha definito "una delle più emozionanti finali mai viste a Wimbledon". Una finale trasmessa, peraltro, in diretta tv a colori. Grazie a quella vittoria, Court si lancia verso il Grande Slam, il secondo in singolare femminile dopo il primo exploit di Maureen Connolly nel 1953. Il torneo maschile, invece, lo vince John Newcombe in cinque set su Ken Rosewall, nonostante l'ostilità dei tifosi. "Perché tutti mi odiano? - si chiede -. Faccio un errore e applaudono". Ma non basta per spingere Rosewall al primo titolo a Wimbledon.

1971: l'anno di Evonne Goolagong

La finale del 1971 suona come un passaggio di consegne. E' l'ultima a Wimbledon di Margaret Court, la campionessa Slam più titolata di sempre. L'australiana cede contro Evonne Goolagong, quarta teenager a trionfare dal secondo dopoguerra. Goolagong, con quel cognome così particolare che secondo un antropologo del Museo Nazionale Australiano significherebbe “muso di canguro”, è la terza di otto figli dell'unica famiglia aborigena di Barellan. È un paesino nel New South Wales, 900 abitanti a 400 chilometri a ovest di Sydney, conosciuto per la carestia di grano del 1941. Wimbledon lo sognava già da piccola, quando leggeva una storia a fumetti su una ragazza condotta sul magico Centrale dei Championships che inevitabilmente alla fine vinceva.  In quel 1971 l'ha vinto anche lei, con un tennis completo e d'attacco.

In campo sapeva fare praticamente tutto. Mostrava uno dei più bei rovesci del circuito, lo giocava a una mano, topspin o slice non faceva differenza. Non così costante di dritto, poteva essere attaccata sulla seconda con una risposta aggressiva. Ma quando metteva in campo la prima, metterla in difficoltà era quasi impossibile. Batteva e scendeva a rete, forte di una volée di rovescio degna di Martina Navratilova. Sarebbe diventata anche numero 1 del mondo, anche se la WTA per anni ne perde le prove. Non compare infatti nella lista delle giocatrici arrivate in vetta al ranking fino al 2007, quando John Dolan, che allora lavorava per la WTA e sarebbe poi diventato capo della comunicazione della Lawn Tennis Association, ha indagato a partire da un riferimento nella sua autobiografia e corretto l'errore. 

La mamma volante

1972: Stan Smith v Ilie Nastase

I momenti da ricordare aumentano. Nel 1972 il torneo maschile si chiude con la finale più combattuta dal 1933. La giocano Stan Smith e Ilie Nastase. Luca Marianantoni l'ha ricordata così su SuperTennis.tv: "Il californiano dal servizio bomba ha già sconfitto l'estroso rumeno in due finali stagionali (Salisbury e Hampton), ma è la finale di Wimbledon a dare splendore eterno alle loro gesta. E' una finale emozionante, bellissima, giocata per colpa della pioggia di domenica, in spregio al rituale, nella quale sono di fronte due stili di gioco completamente differenti, da una parte la potenza finalizzata al serve and volley, dall'altra l'agilità, la velocità e il tocco di un'artista puro. La meriterebbero entrambi: l'americano salva due break point nel quinto game del quinto set, poi il rumeno salva due match point sul 4-5 e ancora uno sul 5-6, ma alla fine a vincere è Stan Smith per 7-5 al quinto". 

1973: lo sciopero a Wimbledon

Cambia il tennis e cambia il mondo, in quegli anni. Nel 1972 è nata l'ATP, l'associazione dei tennisti professionisti, e prima di Wimbledon 1973 nasce anche la corrispettiva associazione femminile, la WTA. Nel 1973 esplode il conflitto che avrebbe cambiato per sempre questo sport, tra le associazioni dei giocatori e l'ITF, "la federazione internazionale che organizza la Coppa Davis".

Torniamo, con Claudia Fusani, "alla fine di giugno di quel 1973, quando i cancelli di Church road a SW19 stanno per aprirsi per l’edizione numero 95. Il mondo del tennis è irrequieto, sente il vento di fuori, annusa i grandi cambiamenti nella società, vuole partecipare". La pietra dello scandalo è la sanzione per Nikki Pilic, Davis man jugoslavo, che si è rifiutato di giocare in nazionale contro la Nuova Zelanda perchè impegnato in un torneo di doppio, ben remunerato, a Montreal. La Jugoslavia perde, l'ITF lo sanziona, la Federazione jugoslava lo sospende per un anno dalla competizioni internazionali. Viene tuttavia ammesso agli Internazionali d'Italia e al Roland Garros. La squalifica viene ridotta a un solo mese, "con scadenza il 1 luglio, cinque giorni dopo l’inizio dei Championships". Gli organizzatori non chiudono un occhio e non concedono deroghe. I giocatori, racconta ancora Fusani, "decisero di ritrovarsi al Wesbury hotel di Londra. Prima nel tentativo di trovare un compromesso. Poi però non restò che la scelta galeotta: cancellarsi dal torneo e dare vita al più grande e per ora unico sciopero nella storia del tennis. Tutto questo non poteva che avvenire a Londra. Dove il tennis era nato. Settantanove giocatori, comprese dodici delle prime quindici teste di serie tra cui Panatta e Bertolucci, boicottarono il torneo. L’Atp riuscì a mandare in campo solo tre iscritti: Nastase, Roger Taylor e Jimmy Connors. Per il resto la Direzione del torneo fu costretta ad andare a ripescare i giocatori delle qualificazioni pur di mettere in campo gli incontri del Championships. Vinse Jan Kodes. E fu comunque un gran successo di pubblico".

Bjorn Borg a Wimbledon nel 1973 (Getty Images)

1975, il trionfo di Ashe a Wimbledon

Alla fine del 1973, Jimmy Connors annuncia il fidanzamento con Chris Evert. A Wimbledon nel 1974 chi punta una sterlina sulla vittoria contemporanea dei due in singolare ai Championships ne vince 33. La chiamano "lovebird double”, l’accoppiata dei piccioncini. Andrà esattamente così. Connors domina l'anziano Rosewall, Evert batte la sorpresa Olga Morozova. Al ballo di gala i due innamorati aprono le danze mentre l’orchestra suona “The girl that I marry”, canzone del musical Annie Get Your Gun resa celebre da Frank Sinatra. I due però non si sposeranno, il loro amore durerà solo qualche altro mese.

Storico anche il trionfo di Arthur Ashe, primo campione nero in singolare maschile a Wimbledon, nel regno del bianco, nel 1975. Ashe è cresciuto nell’America segregata in cui i neri potevano al massimo diventare giardinieri nei country club per bianchi. In finale affronta Connors che lo detesta soprattutto perché l'anno prima, da presidente dell'ATP, gli ha impedito di iscriversi al Roland Garros nel ’74 e gli ha così impedito di lottare per completare il Grande Slam. Connors era infatti iscritto al World Team Tennis, circuito americano a squadre miste: in una stagione di conflitto fra diverse organizzazioni, l'ATP ha stabilito di escludere dal Roland Garros i tennisti che decidono di farne parte.

 Il confronto di stili e personalità è radicale. Lo sintetizza Joel Drucker nel suo memorabile “Jimmy Connors mi ha salvato la vita”. Ashe, racchetta di legno è stile pacato, è "Pete Seeger che canta(va) sommessamente 'This land is your land' accompagnato dalle chitarre acustiche. Connors era elettrico, un Bob Dylan che arriva al Newport Folk Festival (non lontano dalla Hall of Fame del tennis), collega la sua chitarra all’amplificatore e grida: 'How does it feel, to be on your own?'".

Ashe vince 61 61 57 64. “Sm-Ashe-D” titola il giorno dopo il Telegraph. "Ashe ha firmato una delle più straordinarie vittorie tattiche che si siano viste a Wimbledon negli ultimi anni - scrive per il quotidiano britannico Henry Raven -. Ha astutamente contenuto Connors, consentendogli solo raramente di giocare alla velocità che predilige, variando il ritmo, usando il lob come mai prima e insistendo velenosamente con lo slice contro il rovescio mancino del più giovane avversario. (…) È stata una vittoria d'intelletto". La vittoria che ha trasformato un grande uomo in un grande campione che non ha smesso di lottare per la libertà. Affetto da AIDS, ha combattuto fino all'ultimo per sensibilizzare sulla “peste del 2000” e in favore di Haiti, la nazione su cui più di tutte ha pesato lo stigma sociale della malattia. 

Arthur Ashe gioca un rovescio in back a Wimbledon nel 1975

1977, Wade commossa nell'anno del Centenario

A Wimbledon scoppia anche la Borg-mania. Il primo segnale già si era avvertito nell'anno del boicottaggio, alla sua prima partecipazione. Ma il fenomeno cambia dimensione nel 1976 quando lo svedese diventa il quarto tennista a vincerei Championships senza perdere set dopo Budge (1938), Trabert (1955) e McKinley (1963). La leggenda vuole che Borg si sia infortunato ai muscoli addominali, in un match di doppio durante la prima settimana di Wimbledon, e abbia giocato il resto del torneo senza eseguire smash e servendo senza caricare troppo il movimento.

Borg trionfa anche nel 1977, l'anno del centenario dei Championships, che Wimbledon celebra con l'inaugurazione del museo ufficiale. E' anche l'anno della prima impresa di John McEnroe, primo e finora anche unico giocatore partito dalle qualificazioni e arrivato in semifinale. La finale femminile sembra un film. Vince la britannica Virgilia Wade nell'anno del Giubileo d'argento della regina che le consegna il Venus Rosewater Dish. "L'atmosfera era fenomenale, non avevo sperimentato niente di simile, se non quando l'Inghilterra ha vinto i Mondiali di calcio in casa nel 1966" ha detto Wade.

Gli anni Settanta si chiudono con due trionfi speciali in singolare femminile: il primo di Martina Navratilova a Wimbledon (1978), il 20mo di Billie Jean King negli Slam (1979), contando anche doppi e doppi misti.

King e Navratilova si incrociano ai quarti di finale nel 1980. La pioggia costringe gli organizzatori a interrompere il match, che di fatto si conclude in due giorni. "Questo potrebbe essere l'unico match nella mia carriera che avrei potuto vincere se non avessi avuto problemi di vista" ha ammesso King, sconfitto 10-8 al terzo. 

WIMBLEDON STORY

PRIMA PARTE: 1877-1921

SECONDA PARTE: 1922-1947

TERZA PARTE: 1948-1967

1980, UN TIE-BREAK DA LEGGENDA

Il torneo femminile lo vince Evonne Goolagong, ma di quella edizione resta soprattutto la finale di singolare maschile. Meglio, il tie-break del quarto set della finale maschile tra il campione in carica Bjorn Borg e John McEnroe. Lo svedese gioca per la quinta volta di fila per il titolo ai Championships, lo statunitense è alla sua prima finale.

Quella sfida, ha scritto Enzo Anderloni, "è il simbolo della capacità del tennis di generare emozioni che restano. Ci hanno persino costruito sopra un film (Borg McEnroe, uscito nel 2017) che ripercorre le vicende dei due grandi campioni, della loro rivalità, del confronto di caratteri antitetici attraverso l’attesa e, alla fine, l’azione del quel 5 luglio 1980 (....). Il tiebreak [è] il più emozionante di sempre e non solo perché è finito 18 punti a 16. In quel gioco decisivo del quarto parziale McEnroe annullò 5 match point (dopo averne già dovuti salvare due sul 4-5) e già di per sé fu un’impresa. Lo spettacolo indimenticabile è però quello di due fuoriclasse che nel momento decisivo alzano entrambi il livello e ad ogni punto, nonostante il carico di aspettative e di apprensioni, fanno sempre qualcosa in più, di più bello, più difficile. Quel tie-break, vinto da John McEnroe, è passato alla storia come “La battaglia del 18-16” e di per sé ha lasciato un segno indelebile". Borg però trionfa per la quinta volta di fila, un'impresa fino a quel momento impossibile anche solo da pensare.

"YOU CANNOT BE SERIOUS"

McEnroe si vendicherà l'anno dopo, nel 1981. Batte Borg, che a Wimbledon non perdeva da 41 partite di fila, ma non partecipa al ballo di gala per protesta. Sì, perché gli organizzatori hanno criticato il suo comportamento sopra le righe e non hanno intenzione di renderlo socio onorario del club, premio riconosciuto a tutti i vincitori del torneo. L'ostilità è iniziata già al primo turno quando McEnroe ha coniato la frase forse più conosciuta e immortale del tennis moderno: “You cannot be serious!”. L'ha rivolta il 23 giugno 1981 all'arbitro scozzese Edward James che ha chiamato fuori una sua palla nel terzo game del primo set della partita contro Tom Gullikson, un ottimo doppista che vincerà dieci titoli con il gemello Tim, futuro coach di Pete Sampras, morto per un tumore al cervello nel 1996. “C'è il gesso dappertutto, si è visto, come fai a chiamarla fuori? L'hanno visto tutti nello stadio e tu la chiami fuori? Non puoi dire sul serio!”. James gli assegna un penalty point, il secondo del match per McEnroe che chiama invano il referee Fred Hoyles. “Sei un incompetente, un'offesa al mondo”, gli dice, come riporta la Reuters che ricorda l'episodio nel trentennale di quella scena. Sceglierà proprio quella frase, You cannot be serious, come titolo della sua autobiografia. 

Un anno dopo perderà in finale 36 63 67 76 64 contro l'altro suo grande rivale, Jimmy Connors, al termine della finale fino a quel momento più lunga ai Championships durata 4 ore e 14 minuti in cui entrambi hanno ottenuto lo stesso mumero di punti, 173.

BORIS BECKER NELLA STORIA

Nel 1984 Wimbledon festeggia un'icona di stile che fonderà una casa di moda famosa per le polo, Fred Perry. Un anno dopo, proprio la moda è al centro di un piccolo scandalo a Wimbledon. Non ha avuto la stessa risonanza delle mutandine di pizzo ricamate di Gussie Moran, ma comunque c'è chi se lo ricorda ancora. Lo crea Anne che di cognome fa White, che vuol dire bianco. E infatti come da copione a Wimbledon, si presenta vestita di bianco al primo turno contro Pam Shriver. Solo che abbandona canotte, polo, gonnelline. Sceglie una tuta in lycra che la fascia dalla testa ai piedi, più simile all'outfit di una pattinatrice su ghiaccio. Il referee Alan Mills le si avvicina e all'orecchio le chiede di presentarsi il giorno dopo con un completo più consono.

 

Non sono settimane facili, anche perché le condizioni meteo si fanno estreme. Perfino un fulmine colpisce un edificio amministrativo attaccato al Centrale e pezzi di muratura si staccano rischiando di colpire i tifosi. Ha la velocità del lampo e l'energia del tuono anche il tennis di Boris Becker, che in quel 1985 trionfa a 17 anni. Nel suo percorso, ricorda Luca Marianantoni su SuperTennis, "manda al tappeto Pfister e Anger, arriva a due punti dalla sconfitta con Nystrom prima di vincere 9-7 al quinto, poi si ritrova sotto due set a uno, e con una caviglia dolorante, contro Tim Mayotte. Vorrebbe ritirarsi ma il suo manager, Ion Tiriac, a bordo campo, lo sprona a continuare. Il destino è scritto: Becker vince il tie-break del quarto set e il quinto per 6-2, poi supera in quattro set sia Leconte (vittorioso negli ottavi su Lendl) che Jarryd (lo svedese manca due palle per salire due set a zero). Dall'altra parte del tabellone emerge Kevin Curren che distrugge a forza di ace Edberg agli ottavi, McEnroe nei quarti e Connors in semifinale con punteggi drammatici. In finale Becker è una forza della natura, recupera un break di svantaggio nel terzo e a 17 anni e 227 giorni diventa il più giovane campione della storia". 

Bum bum Becker, Re del Tempio a 17 anni

1987, L'ESULTANZA RIVOLUZIONARIA DI PAT CASH

Due anni dopo, nel 1987, si chiude una di quelle edizioni che scandiscono un passaggio di tempo, un confine tra il passato e il futuro. Martina Navratilova supera Chris Evert nel loro penultimo confronto a Wimbledon, poi in finale piega Steffi Graf che nel 1988 avrebbe completato il Golden Slam. Brulla anche la stella di Jimmy Connors che, nonostante un infortunio alla gamba, a 34 anni, ribalta l'ottavo di finale contro lo svedese Mikael Pernfors da sotto 1-6, 1-6, 1-4. Arriva fino in semifinale, fermato da Pat Cash. Con la bandana a quadri bianca e nera e l'orecchino, Cash diventa l'undicesimo australiano nell'albo d'oro a Wimbledon dopo Norman Brookes, Jack Crawford, Frank Sedgeman, Ashley Cooper, Lew Hoad, Neal Frase, Rod Laver, Roy Emerson e John Newcombe. In finale piega Ivan Lendl 7-6, 6-2, 7-5 poi fa qualcosa di mai visto prima, e visto tante volte dopo. Scala le tribune, entra nel box dei giocatori, abbraccia il coach Ian Barclay, la famiglia e la fidanzata.

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