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La francese e la croata ci riprovano dopo pause, dubbi, infortuni e problemi psicologici e caratteriali. Caroline abbraccia coach Albert Costa e un approccio più rilassato, Donna riparte con Bajin
di Vincenzo Martucci | 13 dicembre 2024
A volte ritornano, a volte, dopo anni di errori, di dubbi e soprattutto di sconfitte troppo dure da accettare e da perdonarsi, l’atleta dalle grandi aspettative non pienamente realizzate si fa un bell’esame di coscienza e decide di darsi un’altra possibilità. E’ la sfida più estrema, ma anche più appassionante per l’essere umano, prima ancora per il campione non realizzato pienamente o almeno con continuità. Gli ultimi due casi corrispondono a Caroline Garcia e Donna Vekic. Due protagoniste annunciate, la 31enne francese e la 28enne croata ripartono puntando decise al vertice, agli Slam. Con buone possibilità di dire ancora la loro.
PANICO
La Garcia che, secondo Andy Murray aveva le carte in regolare diventare la numero 1 del mondo, nel settembre del 2018 è arrivata al 4, sulla coda della seconda posizione WTA di doppio insieme alla gemella diversa Kristina Mladenovic.
“Caro” aveva tutto, dal fisico alla tecnica, sapeva fare tutto, ma ha pagato una serie di problemi, dal padre ingombrante al suo carattere difficile, fino a chiudere la stagione scorsa con clamorosi attacchi di panico e ancor più eclatanti annunci: “Come posso battermi se quando vado a servire ho paura?”. Ora, dopo qualche mese di pausa e di riflessione, e molto lavoro tra Barcellona (con l’ex campione Slam, Albert Costa) ed il centro tecnico federale di Parigi (col DT Ivan Ljubicic), in un’intervista all’Equipe, ha espresso il desiderio “che il viaggio ricominci”.
Spesso gli atleti si sentono stretti nella morsa dei doveri, verso classifica, sponsor, manager, amici, parenti e tifosi, abitudine di un’esistenza particolare. Così, malgrado superando qualche guaio fisico con gli antinfiammatori come ha fatto la francese per i problemi alla spalla, gli sembra di soffocare, oppressi dal devo e non dal voglio, fino a perdere il piacere del gioco, evidenziando solo i lati negativi: “L’unica cosa che vedevo era non aver vinto uno Slam in singolare”. Per uscirne Caroline ha scelto di uscire per davvero, di staccare la spina, per capire quello che davvero desiderava nel profondo di se stessa: “Il distacco è stato vitale, già me lo domandavo in febbraio, ma mi sono decisa a farlo quando ho accettato il fatto che fermarmi avrebbe potuto significare non rientrare più”.
PRESSIONE
Proprio l’acme, il successo alle WTA Finals 2022, è coinciso col periodo più difficile per la Garcia: ”Appena un paio di mesi dopo, già al primo grande impegno, agli Australian Open, avevo un comportamento di m…, ero cattiva con il team… Reagivo male, ma in realtà odiavo soprattutto la persona che stavo diventando. Quasi avevo perso i valori che fanno di me ciò che sono. E non riuscivo più a sopportarlo, non sopportavo più me stessa”.
Dodici mesi dopo, per uscire anche dalla doppia morsa psicologica di papà Louis-Paul & Bertrand Perret che l’allenano da sempre, “Caro” si esibirà nella prima prova stagionale dello Slam di Melbourne senza coach: “Voglio cercare di sentirmi leggera in campo, senza essere responsabile di un team. Provo cose nuove, per esempio, rispondo da un po’ più indietro per entrare comunque nello scambio”. Il tennis ce l’ha, l’ideale per lei sarebbe attaccare ad oltranza, anticipando il più possibile la palla, ma se questo passaggio intermedio può esserle utile per ritrovarsi, perché non provarci?
Così come staccare la spina più spesso per non ritrovarsi all’improvviso senza fiato: “Lo sport significa spingersi al limite, certo, ma non 360 giorni all’anno. Qualche volta è meglio dire: 'Ora me ne vado a casa e domani farò una mezz’ora in più". Così ha improntato il lavoro con l’ex pro spagnolo Albert Costa, ex 6 del mondo e campione del Roland Garros 2002. “Come approccio, gli ho detto che cerco un rapporto salutare con il tennis, lui lo ha capito e ha risposto che avremmo adattato l’allenamento di conseguenza”.
In tandem con uno spigolo che segue da tempo la Garcia aiutandola nelle sue delicate transizioni: “Non so se sarò competitiva, non mi aspetto che il primo torneo vada tanto bene come l’allenamento, anche in termini di atteggiamento mentale. Non so se dopo aver sbagliato alla grande una volée riuscirò a riderci sopra”.
I momenti difficili sono sempre in agguato, dietro l’angolo, quelli che poi hanno gettato nello sconforto la francese facendole veder tutto talmente nero da buttare via la partita per colpa di qualche errore, o di qualche sconfitta dilapidando occasioni. “Ci saranno momenti difficili ma, se riuscirò a essere positiva, andrò avanti. Se invece diventa ancora tossico, smetterò. Voglio essere felice, non sentirmi depressa anche tre giorni dopo una sconfitta”. All’inseguimento del tempo perduto, la Garcia rimpiange la maturità che non aveva: “Avrei potuto comportarmi così da anni. Ma un po’ le aspettative, un po’ la mia personalità e il fatto di non avere amiche nel circuito, è tutto così competitivo che non puoi fidarti di nessuno”. Oggi, ha lanciato il podcast Tennis Insider Club: “Mi dicevo: 'Cosa faccio se non gioco? Non so fare altro'. Perciò, quando perdi, metti in discussione la tua stessa esistenza”.
STRAPPI
I dubbi della dolce Caroline dai colpi potenti, dal repertorio completo e dall’animo troppo sensibile, sono stati anche fisici. Quelli di Donna Vekic sono stati soprattutto mentali, anche se pure lei è transitata per un problema di relazioni nel suo stesso ambiente del tennis e poi con più crisi di fiducia e di motivazione. Il primo strappo è legato a quel “simpaticone” di Nick Kyrgios che mise in piazza la love story che la croata avrebbe avuto col collega Kokkinakis spiattellandola in faccia al suo fidanzato di allora, Stan Wawrinka, proprio nel corso di un match. Tutti l’additarono e la giudicarono mettendo in second’ordine i precoci ed eclatanti risultati sul campo.
Già a 16 anni, infatti, la potente biondina giocava la prima finale WTA, a Tashkent, l’anno dopo era fra le top 100, nel 2014 firmava il primo titolo pro, nel 2015 arrivava a giocarsi 4 finali sul circuito e continuava a salire a vincere fino al 2019, chiudendo l’anno al numero 19 WTA. Poi ha avuto problemi al ginocchio che s’è trascinata prima di operarsi, cui ha fatto seguito un ulteriore problema alla fascia del piede e quindi una serie di crisi di fiducia di poter davvero tornare appieno alle gare. Ha dato nuovamente segnali positivi nel 2021 con la prima finale sul Tour dal 2017 a Courmayeur. E ha raccontato: “Ci sono state un paio di volte nella mia carriera in cui non volevo più giocare a tennis. E’ successo dopo i miei interventi chirurgici”. Anche perché la ripresa è sempre stata molto dura atleticamente parlando per una giocatrice che ha sempre avuto molta potenza ma l’evidente tallone d’Achille negli spostamenti e nel recupero dopo lunghi scambi.
QUANTI DUBBI
Dopo aver staccato volontariamente la spina fra gli Australian Open e il Roland Garros 2022, Donna, a San Diego, è rientrata nelle top 50 presentandosi in finale, partendo dalle qualificazioni, ed infilando strada facendo due top 10. Ha continuato a risalire, sempre alternando però fiammate a cali improvvisi.
Anche l’anno scorso quando ha recuperato le top 20, rivelando però di aver vissuto un altro clamoroso crollo emotivo: “Avevamo programmato gli allenamenti il giovedì prima del Roland Garros. Sono arrivato al club. Ho detto a Nick (Horvat, l’ex coach): 'Ascolta, voglio ritirarmi dal torneo. Voglio andare a casa. Voglio fare una pausa più lunga'. Non avevo alcuna energia, alcuna motivazione per continuare ad allenarmi e continuare a spingere perché sentivo che negli ultimi due mesi avevo dato tutto per il tennis e non stavo ottenendo i risultati che mi aspettavo”.
Morale, ha perso contro Olga Danilovic un match da rivedere 100 volte per scoprire come abbia fatto a perderlo dopo aver vinto il primo set per 6-0 ed aver poi ceduto per 7-5 7-6, col tie-break a 8. Chissà come e perché ha inibito, è andata in finale a Bad Homburg, cedendo alla Shnaider per poi infilare un’altra cavalcata delle sue cedendo a Jasmine Paolini nella semifinale di Wimbledon con un altro tie-break al terzo set, sempre perso a 8. Per poi appendersi al collo la medaglia d’argento olimpica. Cedendo a Parigi, come poi a New York, alla cinese Qinwen Zheng. Morale? Ha appena assoldato a tempo pieno come coach quel Sascha Bajin che aveva accompagnato Naomi Osaka al primo titolo Slam e poi anche Pliskova alla finale di Wimbledon, ma era poi scomparso dalla scena. Col nuovo anno esploderanno insieme?