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Matilde Paoletti, il ritorno: "Brava a resistere"

Un presente da numero 671 della classifica Wta ma con un best ranking al 262: abbiamo incontrato Matilde al rientro dalla Sardegna dove finalmente è riuscita a far parlare di sé con il successo al W35 di Santa Margherita di Pula

18 ottobre 2024

Matilde Paoletti in azione

Matilde Paoletti in azione

Ci sono giocatori a cui, fin dalle prime esperienze, tutto va per il meglio. Poi ci sono quelli che devono lottare non solo contro le insidie di un circuito molto competitivo ma anche contro la malasorte che si presenta sotto forma di frequenti infortuni. O anche peggio. È il caso di Matilde Paoletti, classe 2003 da Perugia, una ragazza sul cui talento nessuno ha mai nutrito dubbi sin dalla tenera età ma che, in quanto a ostacoli sul percorso, potrebbe già tenere una conferenza. Intelligenza, umiltà e spirito di sacrificio sono i tratti distintivi del carattere della 21enne umbra che, nonostante tutte le vicissitudini, ancora oggi è una promessa del tennis tricolore. Un presente da numero 671 della classifica Wta ma con un best ranking al 262: l’abbiamo incontrata al rientro dalla Sardegna dove finalmente è riuscita a far parlare di sé con il successo al W35 di Santa Margherita di Pula e la finale nella settimana precedente. 

Matilde, finalmente la sua carriera sembra essere ripartita alla grande. Come sta vivendo questo momento?

“Sono molto contenta. Per i risultati, certo, ma soprattutto perché ho trovato continuità giocando dieci partite in due settimane, che è proprio quello che mi era mancato in questi anni. Al netto di qualche dolorino, sono stata bene fisicamente e qualche acciacco fa parte del percorso”.

In una sola settimana ha guadagnato 166 posizioni in classifica, roba da far venire le vertigini...

“È una conseguenza del fatto che sto bene. Quando gioco, il livello per competere anche con avversarie con un ranking migliore del mio c’è. La questione sta tutta nel trovare la continuità perché negli ultimi due anni ho davvero giocato molto poco”.

Il suo primo successo è datato agosto 2022 al W25 di Verbier, in Svizzera. Cosa si prova a tornare ad alzare un trofeo a due anni di distanza?

“È stato emozionante, soprattutto in considerazione dei tanti momenti difficili che ho dovuto affrontare. Mi dico che sono stata brava perché non ho mai mollato. Sempre positiva, ho lavorato tanto e devo ringraziare anche la Federazione che mi è stata vicina”.

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Da luglio 2023 a marzo 2024, un lungo periodo senza giocare un match ufficiale. Cosa è successo?

“A luglio del 2023 ho avuto una frattura da stress allo scafoide del piede sinistro, dopo che due anni prima mi era successa la stessa cosa, ma a quello destro. Poi ho ripreso a giocare a marzo 2024 ma ho subito avuto due lesioni all’adduttore e quindi ho potuto tornare in campo solo ad agosto”.

Dopo gli anni al centro di preparazione olimpica di Formia, dove si allena oggi e da chi è composto il suo staff?

“Sono tornata a casa, allo Junior Tennis Perugia, con Andrea Grasselli, il mio coach storico che mi ha cresciuta fin da piccolina. Chiaramente non manca il supporto della Fitp con Vittorio Magnelli, che per me è stato come un padre. Mi è stato accanto a Formia in ogni momento di difficoltà e penso sia una delle persone che più credono in me. Ogni tanto ad Andrea si affianca il tecnico federale Daniele Silvestre. È un grande gruppo, non mi posso certo lamentare”.

Sulle sue qualità e il suo talento ci sono pochi dubbi, il punto è proprio trovare continuità, è corretto?

“La cosa che mi ha sempre dato fiducia nei momenti più difficili è che, quando entro in campo, riesco sempre ad esprimermi a un buon livello. Nell’estate del 2021, quando sono riuscita a giocare per due mesi di fila, ero salita al n.262 del ranking Wta in poco tempo. Un po’ come sta succedendo adesso e infatti sto provando anche a giocare tornei più impegnativi utilizzando la classifica protetta. Ho visto che sono competitiva, anche se poi magari perdo le partite perché mi mancano i match nelle gambe”.

Matilde Paoletti colpisce di diritto (foto Combi)

Matilde Paoletti colpisce di diritto (foto Combi)

Ultimamente in pochi hanno avuto la possibilità di vederla in campo: dovesse raccontarsi come giocatrice, cosa direbbe?

“Visto il mio fisico (è alta 184 cm, ndr), devo essere per forza una giocatrice votata all’attacco. Il colpo con cui faccio più male è certamente il diritto e stiamo lavorando molto sull’andare a prendere il punto a rete. Onestamente, devo ancora imparare a sfruttare al meglio il bagaglio tecnico che ho: variazioni e back prima di tutto”.

Ha sempre giocato con gli occhiali a causa di una congiuntivite cronica. Li usa ancora?

“Assolutamente sì. Ho la cheratocongiuntivite Vernal, una malattia autoimmune, la cui causa è ignota, ed è come se fossi allergica al sole. Mi è venuta quando avevo 12 anni ma per fortuna migliora con la crescita e adesso va molto meglio. Ora, ad esempio, non ho più la necessità di chiedere di evitare di farmi giocare in certi orari del giorno, come accadeva in passato”.

Quando ha cominciato a giocare a tennis?

“A 4 anni, seguivo mio padre Francesco che è un buon amatore. Non saprei quantificare quante ore ho passato con la mia racchettina contro il muro del Tennis Club Perugia, dove sono cresciuta. Una passione grande, fin da piccolissima”.

Lei è tra le poche persone che possono veramente provare a capire cosa sta passando Jannik Sinner visto che, a 18 anni, nell’estate del 2021, in un controllo antidoping al torneo Wta di Palermo è risultata positiva al noto clostebol. Per poi essere scagionata perché è riuscita a provare che la sostanza è entrata nel suo corpo a seguito dei contatti con il suo cagnolino.

“Per fortuna è una vicenda passata e che si è risolta nel migliore dei modi. Ma nonostante questo preferisco parlarne il meno possibile, perché riaffiorano brutti ricordi che non voglio rievocare. Sono stati mesi orrendi. Arriva a casa una lettera del genere e ti dici: ‘Ma come? Non ho fatto niente. Ma come è possibile?’ Ricostruire tutta la vicenda è stato complicato. Sinceramente non so come faccia Sinner a essere così competitivo, perché chi non ha vissuto questa esperienza non può rendersi conto di quanto sia dura”.

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Il suo grande amore per i cani è rimasto?

“Ma certo. Li adoro. Non è cambiato niente”. 

Poco prima era riuscita a coronare il sogno di giocare a Wimbledon juniores, arrivando fino ai quarti di finale.

“È da sempre il mio torneo preferito. Un altro pianeta rispetto agli altri tornei del circuito. L’obiettivo è quello di poterci giocare da professionista e non solo da juniores”.

A proposito di obiettivi: se ne è data?

“Uno solo: star bene fisicamente. Non penso al ranking ma a giocare con continuità perché sono consapevole che poi i risultati arriveranno”.

Programmazione?

“A breve, ritorno in Sardegna. Mentre, a metà novembre dovrei andare in Sud America dove ci sono tre 125 mila da giocare con la classifica protetta”.

Superficie preferita?

“Direi terra battuta, perché comunque è quella su cui ho giocato di più anche se, sia per la tipologia del mio gioco che per le caratteristiche del mio fisico, dovrei riuscire ad esprimermi molto bene anche sul veloce. Il problema è che ci ho giocato molto poco. Sono certa di avere grandi margini di crescita sul cemento”.

Fuori dal campo che ragazza è?

“Timida e semplice. Mi piace fare cose normali come stare con la famiglia a guardare un film. Se posso, anche uscire con le amiche, ma onestamente non mi è mai ‘costato’ il sacrificio di una vita da sportiva professionista perché lo faccio con passione”.

Hobby?

“Mi piace mangiare bene. Vale, come hobby?”.

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