Chiudi
Danilovic a Guangzhou, Kenin a Tokyo giocano partite delicate dopo momenti difficili e mega aspettative che rimangono vive. Malgrado la pressione di padri importanti: un ex asso del basket e un coach onnipresente
di Vincenzo Martucci | 26 ottobre 2024
Papà è comunque ingombrante. Papà era un fenomeno, papà ha dato tutta la sua vita per lei; papà oggi è Predrag Danilovic, negli anni 90, sul parquet del basket era Sasha, il mitico cecchino, l’ala serba anche della Virtus Bologna che risolveva le partite, fisicamente lontano dal suo tennis è sempre tremendamente vicino; papà Alex Kenin è un immigrato russo emigrato in America con un capitale di 286 dollari per dare un futuro migliore ai figli, che è diventato in coach della sua Sofia - per amici e parenti solo e soltanto Sonya -, l’ha portata in alto, l’ha lasciata, l’ha ripresa, l’ha lasciata e l’ha ripresa ancora riportandola ancora in alto.
Papà è nel cuore e nella testa delle due ragazze bum finaliste oggi sul circuito WTA: Olga Danilovic, a Guangzhou, Sofia Kenin, a Tokyo. Due star anunciate sin dai 6 anni, Olga, ha fatto scalpore sin dalla prima volta che ha imbracciato una racchetta, Sofia per un video agli Us Open, da mascotte di Kim Clijsters, in cui prometteva che sarebbe stata una “fortissima giocatrice”. Due potenziali protagoniste al vertice che però, in campo, hanno sempre l’aria terribilmente corrucciata. A dispetto di quel “Stay where you heart smiles” (Resta dove il tuo cuore sorride) che campeggia sulla pagina Instagram di Olga, con oltre 130mila follower: un po’ perché è la figlia del famoso Sasha, un po’ perché è una gran bella ragazza che a tempo perso fa anche la modella, e solo un altro po’ per i suoi successi tennistici
SU E GIU’
Olga, la 23enne mancina di Belgrado, servizio e dritto brucianti, è esplosa a 17 anni, aggiudicandosi l’unico titolo WTA a Mosca. Poi, malgrado le attenzioni di Nole I di Serbia, Novak Djokovic, che aveva come idoli Alberto Tomba e proprio Danilovic padre, s’è persa, ha anche abbandonato per un po’ la racchetta, incapace di gestire le tensioni del match.
Solo l’anno scorso, dopo tanti test anche a livello minore, s’è ripresentata sul Tour passando le qualificazioni al Roland Garros e poi superando due turni, battendo anche Jasmine Paolini e, sullo slancio, ha firmato le semifinali sull’erba italiana di Gaiba e il titolo sulla terra di Baastad infilando Tomova, Putintseva e Navarro.
Quindi s’é eclissata ancora, è riesplosa ancora sulla magica terra di Parigi, ancora partendo dalle qualificazioni, da 125 del mondo, ha guadagnato i primi ottavi Slam, mettendo in fila nel tabellone principale Trevisan (numero 92), Collins (10) e Vekic (40). Sfavorita e insieme favorita dalla situazione: ha perso spesso il primo set e per la pioggia che ha rivoluzionato il programma, ha potuto lasciare andare il suo bel braccio senza pensare troppo. Poi, però, come spesso le succede, subito dopo, a Wimbledon, una volta superate le qualificazioni, ha perso contro un’altra qualificata, Anca Todoni, 142 della classifica, andando di nuovo in tilt di fiducia. Anche se poi tre semifinali WTA sulla terra e il titolo nell’ITF di Gran Canaria l’hanno portata alla classifica-record di 86 del mondo.
TENSIONE
Il problema di Olga non è propriamente il tennis, o almeno il proprio tennis, fin quando lo può giocare alla sua maniera, tirando a più non posso. Il problema è che l’altro tennis, quello d’attesa, di ricerca della palla, di pressione dell’avversaria, non le piace. E poi, comunque gioca sempre troppo meglio quand’è sotto nel punteggio di quand’è in comando. Succede lo stesso contro Katerina Siniakova, talento espresso compiutamente solo in doppio. Che, sin dal primo set, che vince, accusa capogiri e dolori al costato, respira a fatica, si fa soccorrere da medico e fisioterapista, stringe i denti quasi in lacrime fino al ritiro sul 6-4 4-6 3-4.
Non a caso, anche Olga, da junior si è sentita molto più sicura in coppia, aggiudicandosi tre Slam under 18 con tre compagne diverse e quell’unico urrà pro, sulla terra di Mosca, è stato un po’ la presentazione della carriera: sconfitta nelle qualificazione da Badosa, ripescata come lucky loser, aveva eliminato Schmiedlova, Kanepi, Goerges top 10 e prima testa di serie, Sasnovic, quinta testa di serie e top 50, e in finale Anastasia Potapova in un match con 14 break e 18 doppi falli (in totale fra le due), spuntandola con 7 ace: prima lucky loser a vincere un torneo da Andrea Jaeger a Las Vegas 1980, guadagnando in un colpo solo 75 posizioni ed arrivando al 112 WTA.
Certo, lei chiamerà sicuramente in causa gli infortuni che l’hanno frenata nel 2022 costringendola a tornare in campo solo a maggio, quand’ha comunque superato le qualificazioni al Roland Garros e a Losanna è arrivata in finale sia in singolare che in doppio. Fin dal, nuovo acuto dell’anno scorso, con la fondamentale spinta di Djokovic che, prima l’ha voluta alla sua scuola di Belgrado e poi nella nazionale di United Cup.
RUSSA/AMERICANA
Olga è una bella atleta naturale di 1.82, Sofia Kenin, classe 1998, nata a Mosca, ma yankee già dopo i primi mesi di vita, è alta 1.70. Formata tennisticamente dal ben noto coach Rick Macci (che ha impostato anche Roddick, Sharapova, Capriati e le Williams) è l’ennesima replica delle trottoline a stelle e strisce che impongono un ritmo forsennato nel profondo e pesante palleggio da fondocampo. Grazie al quale nel 2020 ha vinto gli Australian Open (battendo in finale Muguruza) ed è arrivata in finale al Roland Garros (battendo Swiatek) e salendo al numero 4 del mondo. Nel 2021 è stata la Kenin sfortunata: battuta al secondo turno agli Australian Open, pochi giorni dopo, è stata operata d’urgenza d’appendicite, a maggio ha annunciato la separazione dal padre, come coach, legandosi anche sentimentalmente al discusso tecnico Max Wenders, che era stato appena squalificato 12 anni per aver truccato delle partite.
Ma, dopo aver stabilito il record di errori gratuiti, a Wimbledon contro Brengle, con 41 in 45 minuti, dopo sei mesi, è tornata sotto l’ala di papà, e ha chiuso l’anno da 12 del mondo. Il 2022 è stato addirittura terrificante fra più infortuni e due Covid, tanto che è uscita dalle top 300 ed ha chiuso la stagione da numero 235. Ma nel 2023, dopo due anni senza una sola vittoria in tabellone principale negli Slam, ha eliminato Coco Gauff all’esordio a Wimbledon, firmando il primo urrà contro una top 10 dall’impresa contro Ash Barty nelle semifinali degli Australian Open 2020. Così, ripreso coraggio, è arrivata in finale a San Diego (ko con Krejcikova) e in semifinale a Guadalajara.
MISTERI
Quest’anno, però, invece di continuare la risalita, Sofia ha avuto un inizio di stagione terribile: con 10 ko d’acchito nel primo match e 2 al secondo, prima di arrivare al terzo turno a Roma e al Roland Garros, per infilarsi in un altro tunnel con 5 ko al primo match e 3 al secondo. Finché, all’improvviso le si è riaccesa la luce del suo martellante forcing da fondo e soprattutto del servizio, con addirittura 22 ace nella maratona di 3 ore contro Tauson, per poi regolare Kasatkina e Boulter, e sfidare quindi Zheng in finale.
Così Sofia risale in un colpo solo già dal numero 155 all’88 del WTA ranking live, con Olga che passa dall’86 al 64. In finale, la Danilovic è favorita contro Caroline Dolehide (101 Wta), che ha anche battuto due volte su due ma nel 2019 e 2021, mentre il pronostico è contro la Kenin con Zheng (inedito). Ma con quei continui alti e bassi di tensione, paura, concentrazione ed esplosività delle ragazze dal papà ingombrante, i ragionamenti a tavolino contano qualcosa?
Non ci sono commenti