Chiudi
L'ex n. 4 del mondo è stata l'unica giocatrice capace di vincere ad Indian Wells come wild card, nel magico 2019 che le regalò anche lo US Open. A sei anni di distanza, però, quella versione brillante e sorridente di Bianca non si è mai più rivista, smarrita tra tanta sfortuna e una gestione complicata
di Samuele Diodato | 03 marzo 2025
Da quel magico 2019, sono oramai passati sei anni. Era il mese di marzo, e gli organizzatori del WTA 1000 di Indian Wells sceglievano la diciottenne Bianca Andreescu come wild-card. Una talentuosa canadese, all'epoca n. 60 WTA, dal gioco estremamente completo, nonostante la giovanissima età. Una ragazza che, da lì a una settimana e mezza, sarebbe diventata la prima wild card a vincere il torneo, nonché la più giovane campionessa dai tempi di Serena Williams nel 1999.
Da quel cammino incredibile, con tanto di vittorie su Garbine Muguruza (n. 20), Elina Svitolina (n. 6) ed Angelique Kerber (n. 8), Andreescu prese il volo – pur con qualche intoppo – andando a vincere, in estate, anche il WTA di casa e lo US Open, battendo proprio Serena all’ultimo atto.
Sei anni sono volati via, eppure quella versione di Bianca, o di “Bibi”, come la chiamano, non si è più vista, purtroppo. L’incoscienza giovanile, la sicurezza in sé stessa – che lei trovava sin dal prepartita con col brano “Hot Girl Summer” – è svanita tra enormi difficoltà, dagli infortuni fino a – diretta conseguenza – una condizione mentale che a stento le permetteva di reggere le pressioni del tour.
“Il fatto è che il mio corpo non riusciva a gestire gli impegni. Mi facevo male, male e male. Ero sempre così stanca. Dopo le partite, mi buttavo a letto e non muovevo un muscolo”, ha raccontato la scorsa estate fa l’atleta, in un articolo scritto per The Players Tribune. Un passaggio che fa riferimento al periodo successivo alla vittoria a Flushing Meadows, dal quale ha avuto inizio il suo calvario.
Già dopo Indian Wells del 2019, infatti, un problema alla spalla le aveva impedito di disputare la stagione su terra battuta, rientrando appunto per il cemento americano. E dopo il best ranking di n. 4 e l’apparizione alle WTA Finals di Shenzen, un nuovo stop forzato. Fino ad Indian Wells del 2020, dove Andreescu era pronta a difendere il titolo, ma una volta arrivata in California il torneo fu annullato per il diffondersi sempre più incontrollato del Covid-19.
“All'inizio del 2021 ero ancora il numero 7 al mondo, ma non giocavo da un anno e due mesi” , ha scritto. “Mi dicevo: ‘Se è successo il 2019, può succedere anche il 2021. Potrebbe essere la stessa cosa. Ma ho capito che non sarebbe stato così. Ho iniziato a prendere coscienza della realtà del tour: perdere ogni singola settimana. E la cosa mi ha colpito duramente. Non sapevo cosa si provasse nel 2019. Quindi quando ho iniziato a sperimentare quelle sconfitte, è stato come una pugnalata al cuore”.
Una sensazione protrattasi per tutto il 2021. Una stagione costellata di pianti a dirotto, di giornate drammatiche di cui lei stessa ha parlato, quelle al primo turno del Roland Garros e Wimbledon. Fino al ritorno ad Indian Wells, nell’edizione che in quell’anno si svolgeva eccezionalmente in autunno.
“I campioni in carica sono invitati a soggiornare in alloggi privati e mi è capitato di soggiornare in questa splendida villa a Indian Wells. Qualcosa come 15 camere da letto, 18 bagni. Tutto era perfetto all'esterno. Ma dentro, mi sentivo così vuota. Ero sempre stata felice e frizzante, ma ero completamente cambiata come persona. E mi sentivo in colpa per come mi sentivo perché avevo comunque una vita fantastica”.
Così, dopo la sconfitta per mano di Annett Kontaveit, una decisione drastica. Basta tennis, per Andreescu. Perché la salute mentale, e non è semplice retorica, viene prima. Da allora, in realtà, la tennista classe 2000 è ancora a caccia della continuità perduta. Nel 2022 il rientro è arrivato in aprile, regalandosi a giugno una finale nel torneo di Bad Homburg, ma poco altro.
Il 2023, invece, è stato condizionato dalla lesione alla caviglia avvenuta negli ottavi del Miami Open – con uno stop di un mese e mezzo – e poi il problema alla schiena, che dopo l’Open del Canada ad agosto l’ha tenuta fuori fino allo scorso Roland Garros. Il talento non si è mai spento, tanto che al secondo torneo dal rientro, sull’erba di s’Hertogenbosch, è arrivata subito una finale.
Ora, sul suo rientro non si hanno notizie. L’ultima partita giocata risale ad ottobre, nel quarto di finale del WTA di Tokyo. Da allora, per rimettersi a posto fisicamente, ha scelto di saltare le Finals di Billie Jean King Cup, ma nel 2025 non ha ancora mai messo piede in campo.
Il suo pezzo su The Players Tribune, in realtà, si chiudeva con briciolo di speranza: “Ho fatto questo strano sogno. Non riesco a descrivere esattamente cosa ho visto, perché sono sogni. Ma ricordo solo di aver provato così tanta gioia e felicità. E amore. E ho capito che, attraverso il tennis, posso raggiungere le persone”.
“C'è stato un periodo in cui ho perso la gioia per il tennis. Ma l'ho ritrovata. E ho imparato che amerò sempre il tennis nel profondo del mio cuore, non importa cosa. Mi ha dato così tanto. Così tanto che ogni volta che esco dal tunnel e scendo in campo, sento sempre un po' di quella magia di prima. Penso ancora che tutto sia possibile”.
Ancora una volta, però, il destino la tiene lontana dai campi. Anche quelli di Indian Wells, dove resta una traccia del suo passaggio con quel record da wild card e dove in molti ancora ricordano il suo tennis così vario, fatto di traiettorie pesanti da fondo e transizioni a rete con estrema naturalezza. A 24 anni, il tempo le sorride ancora, ma resta forte l’amarezza per quel che poteva essere e non è stato. Per quel che ancora potrebbe essere e non è.
Non ci sono commenti