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I 5 gradi di rapidità secondo l’ITF, le caratteristiche “fisiche” che ne condizionano la classificazione, le possibilità per l’installazione. Tutto quello che avreste sempre voluto chiedere sui campi
di Mauro Simoncini | 23 luglio 2019
Agli inizi del secolo scorso era il Lawn Tennis, quello dell’ All England Lawn Tennis di Londra. Si parla di Wimbledon e di erba ovviamente; il tennis, dovrebbero saperlo tutti, è nato sui prati. Ovviamente con il trascorrere del tempo e il diffondersi del gioco, in base alle esigenze locali, alle condizioni meteorologiche, ai materiali disponibili ma anche alla cultura dei paesi le superfici, insieme alle regole e al gioco stesso, si sono evolute.
Così come Australia, India o Sudafri-ca seguivano l’esempio della madre Gran Bretagna adottando l’erba naturale come superficie di gioco per il tennis, i paesi latini come l’Europa Meridionale o il Sudamerica si sono inventati la terra battuta; mentre nel freddo Nord Europa preferivano tappeti sintetici al chiuso. A ciascuno il suo.
Come detto a tracciare le linee guida è soprattutto il clima con i suoi impedimenti e con obblighi di manutenzione e mantenimento diversi in ogni zona, legati anche agli usi e costumi delle popolazioni. A proposito di geografia, negli States sono sempre convissute realtà differenti: i campi “hard” della California, i conservatori dell’erba nel New England o ancora gli innovatori del Sud dove è andata via via affermandosi una terra battuta di colore verde.
Il primo, molto semplicemente, misura la perdita di energia cinetica della pallina al contatto con il terreno; oltre a incidere sulla velocità della superficie condiziona anche la restituzione degli eventuali spin impressi alla pallina; l’elasticità è un parametro che determina invece la capacità di assorbimento degli impatti del piede con il suolo. Superfici elastiche favoriscono la velocità e riducono il dispendio muscolare limitando di conseguenza i traumi.
In quest’ottica la capacità di smorzamento riguarda proprio il quantitativo di energia restituita agli arti inferiori con l’impatto: più il valore è alto, meglio è. Fino a 15-20 anni fa c’era enorme differenza tra terreni naturali (erba o terra) con smorzamenti elevati e i sintetici che con valori bassi erano impegnativi e dunque anche poco sicuri e confortevoli per muscoli e articolazioni. Al giorno d’oggi le differenze si sono molto ridotte.
Infine il rimbalzo, sul quale in sintesi incidono le tre caratteristiche sopra spiegate e la loro combinazione: l’altezza del rimbalzo è direttamente proporzionale all’elasticità (e inversamente allo smorzamento) mentre gli spin vengono restituiti (alto il top, basso il back) se c’è notevole attrito; infine a più smorzamento corrisponde minor rimbalzo.
Le superfici naturali hanno “richieste” di manutenzione davvero importanti; inoltre bambini e/o allievi abituati a più superfici diverse diventeranno sicuramente giocatori tecnicamente più completi.
Sono questi alcuni dei motivi da cui partire per prendere in considerazione superfici sintetiche, non importa di che grado. Da ribadire sicuramente il concetto per cui rispetto ad anni fa questi campi sono molto meno traumatici, meno diversi dal rosso. Giocare e divertirsi tutti sul “duro”, sul “veloce” si può. Anche perché in verità, non è più né troppo duro, né troppo veloce.
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