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Sui social di Wilson, palla ufficiale degli Us Open, l’anticipazione della Triniti, la prima sfera di feltro e caucciù pensata per essere sostenibile. Ogni anno vengono buttati in discarica 125 milioni di tubi di plastica o metallo, dicono gli americani; e hanno scelto il cartoncino
di Enzo Anderloni | 30 agosto 2019
Ogni anno 400 milioni di palle da tennis finiscono nelle discariche. E la stessa fine fanno 125 milioni di contenitori, i tubi di plastica o di metallo. Ogni anno sono quasi 40 mila tonnellate di gomma, feltro e plastica ad appesantire di rifiuti il pianeta.
Sono dati diffusi, attraverso i social, da Wilson, produttore delle palline da tennis ufficiali degli Us Open, proprio mentre sta per lanciare sul mercato una sua risposta al problema: la nuova Triniti.
UN PO' DI STORIA DELLE PALLE DA TENNIS NELLA NOSTRA FOTOGALLERYDi che cosa si tratta? Si propone di essere la prima palla da tennis pensata in funzione della performance ma soprattutto della eco-sostenibilità.
Gli interventi principali sotto il profilo produttivo sono due. Il primo sulla pallina: esteticamente è indistinguibile da una normale ma la sfera di caucciù sulla quale è incollato il feltro giallo è decisamente più spessa del normale e garantisce il rimbalzo per le sue caratteristiche meccaniche. Non ha gas all’interno, non si sgonfia. E’ di fatto una palla senza pressione. Secondo Wilson dura quattro volte di più rispetto a una pallina normale.
Il secondo intervento è stato fatto sul contenitore: è in cartone riciclabile, non dovendo più rispondere all’esigenza di essere pressurizzato per mantenere la pressione interna delle palline fino all’apertura del tappo.
Questi due fattori applicati sui numeri di cui si parlava in apertura avrebbero un impatto molto forte: zero tubi in plastica o metallo nelle discariche. Riduzione del 75% delle palle usate gettate nei rifiuti. Non male.
Era un po’ più pesantina delle colleghe straniere e molto amata dal classico pallettaro, quello che si allenava per “remare” ore e ore da fondocampo sulla terra battuta.
Per quel tipo di giocatore, specie se costretto a cimentarsi su campi in duro, il vero incubo erano invece le palle svedesi Tretorn, senza pressione (anch’esse in confezione di cartone). Veri e propri sassi rimbalzanti.
Un’invenzione geniale anche quella, basata su un guscio di caucciù molto più consistente rispetto alla palla pressurizzata. La sfera rimbalzava benissimo per le sue caratteristiche strutturali. Nella pubblicità si mostrava la sua indistruttibilità: persino trafitta da un grosso chiodo da carpentiere la palla non perdeva le sue caratteristiche di gioco. Potenzialmente era eterna.
Il limite/difetto? Ovviamente il feltro con l’uso si consumava. La Tretorn si “pelava” ma non perdeva le caratteristiche di rimbalzo e diventava un proiettile incontrollabile. E siccome prima di cambiare le palline il giocatore medio ci pensava sempre due volte, le partite con i proiettili diventavano un incubo.
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