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Il Masters 1000 californiano di Indian Wells è appuntamento tradizionale per il lancio delle collezioni spring-summer per l’abbigliamento tennis, indossate dai grandi protagonisti del circuito. Un’occasione per provare a capire quale è il look più aggiornato secondo gli stilisti del settore
di Enzo Anderloni | 15 marzo 2023
Che cosa vuol dire oggi essere vestito “da tennis”? Proviamo a rispondere a questa domanda osservando i grandi protagonisti del torneo di Indian Wells, tappa classica del circuito professionistico maschile e femminile che i grandi marchi di abbigliamento utilizzano come prima passerella delle loro collezioni primavera-estate.
La prima impressione è che la confusione regni sovrana sotto il sole delle “Sorgenti Indiane”, perlomeno dal punto di vista della moda. Uno stile riconoscibile non c’è e si passa da tinte unite un po’ a caso a fantasie multicolor pensate forse più per stupire, catturare l’occhio e portare così indirettamente l’attenzione sul marchio, che non per creare un vero “stile tennis”.
Sotto questo aspetto è da tempo che i creatori dell’abbigliamento di chi compete con la racchetta sembrano viaggiare senza una bussola. Sì, perché, in fondo, se qualcuno ci chiede di vestirci da tennis, l’unico riferimento ancora condivisibile in modo trasversale rimane la divisa bianca, maglietta e pantaloncini, che richiedono ai soci per giocare a Wimbledon, figlia di un gioco che ha cambiato tutto negli ultimi 60 anni pur mantenendo una grande identità di fondo, senza trovare un look riconoscibile che non sia quello dei tempi di Nicola Pietrangeli e Rod Laver, di Bjorn Borg e Guillermo Vilas.
Guardiamo sui campi di Indian Wells. La novità più eclatante è la maglia dello statunitense Frances Tiafoe, che il suo sponsor americano, quello famoso con il baffo, ha colorato con striature rosa, fucsia e bordeaux, tipo scie di petrolio sull’acqua, su un fondo giallino chiarissimo.
Un colpo d’occhio fortissimo che resta originale nel disegno ma appena meno impattante nella versione riservata a Taylor Fritz, con le striature nere e verde acido su un fondo avio.
Una fantasia che potrebbe sembrare un camouflage psichedelico e si combina in un gioco degli opposti (ma simili) con la maglia che indossava l’avversario dello statunitense negli ottavi di finale, l’ungherese Marton Fucsovics, testimonial di un marchio italiano (quello con il teschietto), vestito con una specie di arabesco bianconero. Disegni che spiccavano ancora di più nella versione giallonera portata in campo dal russo Ilya Ivashka.
Sono così le maglie da tennis oggi? E’ questo che si dovrebbe indossare oggi per travestirsi da tennista?
La risposta non è univoca, perché accanto a queste creazioni shock, ci sono ( e dello stesso produttore) modelli tinta unita che più unita non si può. La maglia tutta rosa shocking che, in assenza di Rafael Nadal, è stata scelta da Carlos Alcaraz da portare con calzoncini bianchi. La versione bordeaux di Jannik Sinner, con pantaloncini e cappellino avio. La canotta blu di Alexander Zverev, testimonial insieme a Tsitsipas del marchio a tre strisce.
Insomma anche quest’anno sembra che per ogni giocatore ci sia un modo diverso di vestirsi da tennis. E che dunque il vestito da tennis non esista più se non nella scelta tecnica dei materiali, sintetici ma traspiranti e dei tagli che dovrebbero agevolare il gesto.
Di fatto, a parte la presenza delle tasche nei pantaloncini, non esistono differenze forti e chiare con completi destinati ad altri usi sportivi. Nelle tinte unite ci si avvicina quasi al casual estivo, portando quindi più in campo lo stile del tempo libero che non il contrario.
Una tendenza che ritroviamo anche in campo femminile, dove gli abitini completi (vedi Maria Sakkari) sembrano dei copricostume e i completi canotta/pantaloncino (vedi Iga Swiatek) potrebbero benissimo essere gli stessi usati per andare a fare una corsetta al parco o, nel caso di Coco Gauff, due tiri a basket o una seduta di atletica leggera in pista.
Maria Sakkari a Indian Wells (Foto Getty Images)
La T-shirt tinta unita sulla gonnellina plissettata, pure tinta unita, di Emma Raducanu sa di primavera beneducata al college. Insomma, una volta collocati al museo i gesti bianchi, l’abito continua a non fare il tennista.
Sarà una scelta ragionata o solo l’incapacità di interpretare in modo convincente la nuova personalità del tennis, uno sport veloce, aggressivo, agile e potente insieme, multietnico, dove genialità e resistenza fisica, ordine e imprevedibilità devono coesistere per vincere?