Chiudi
Una partita memorabile per intensità delle emozioni e non solo per il risultato sportivo. Da allora il 5 giugno è una data segnata in rosso nel calendario
di Giovanni Di Natale | 08 giugno 2020
Ci sono partite che non durano solo il tempo del gioco e della fatica. Vanno oltre, coinvolgono e travolgono tutto. Fu così anche per Schiavone-Stosur, 5 giugno 2010. Non poteva essere diversamente. Perché la storia non fa sorprese. È vanitosa e ama farsi annunciare. E fu così anche quella mattina. Lo percepivamo, sensazioni vivide, una giornata di ansia e paura, di eccitazione e orgoglio. Una giornata di sospiri. Continui sospiri.
Perché lo sport, per chi lo ama, non è solo spettacolo, ma una fusione con l’atleta. In quei giorni di Parigi ognuno di noi era Francesca Schiavone. Dopo sei partite potevamo sentire la contrazione dei muscoli durante uno smash o il respiro vacillante negli attimi che precedevano una seconda di servizio.
Così la mattina mi svegliai e mi sentii un po’ Francesca Schiavone. Arrivai a Bois de Boulogne che ancora tutto dormiva. Sala stampa vuota, muta. Edicola e bar chiusi. Silenzio ovunque e profumo di tennis, fragranza terra rossa appena bagnata. Tutto era come doveva.
I complimenti dei colleghi stranieri (come se giocassimo noi) ci inorgoglivano e rendevano meno dure le ore che ci separavano dal match. E quando l’orologio chiamò a raccolta sugli spalti dello Chatrier, ecco un nuovo sospiro. L’ingresso in campo delle giocatrici scacciò i cattivi pensieri.Stosur aveva il vantaggio di avere aperto il set, quindi era Schiavone a dover giocare sul filo del rasoio. E fu in quei momenti che tirò fuori il meglio di sé e per questo le nostre coronarie non la ringrazieranno mai abbastanza. Sembrava consapevole che era il suo appuntamento con la storia. Dominò i turni di battuta chiave e si conquistò il tie-break.
Poco importava chi avesse vinto il primo set. Un tie-break nel secondo set poteva eliminare ogni entusiasmo e segnare la partita. Iniziò nel silenzio, mente io tremavo nonostante i 30 gradi. Schiavone, sulla terra dello Chatrier, dimostrò maggiore personalità rispetto a Giunone Stosur. Spingeva e attaccava, sempre.In tribuna piangevano tutti. E si abbracciavano. Una lacrima scende ancora oggi a quasi 10 anni di distanza. Sport individuale il tennis, forse sul campo, non certo in tribuna. Non certo il 5 giugno 2010. Sono match indimenticabili, sono pezzi di vita. Grazie Francesca, oggi e sempre.
Non ci sono commenti