Chiudi
Eccellente visione del gioco, abilità di testa fuori dal comune: il suo 1988 è un capolavoro. E proprio quell’anno, dopo il triplete-Slam, in un parcheggio di Flushing Meadows, diede vita al circuito Atp come lo conosciamo oggi. Un rischio che ha migliorato il tennis.
di Alessandro Mastroluca | 12 ottobre 2019
La forza tranquilla che avvia la rivoluzione. È il 1988 quando nel parcheggio di Flushing Meadows sale Mats Wilander, secondo svedese a conquistare il numero 1 del mondo dopo Borg, che ha compiuto 24 anni da otto giorni. “C'è qualcosa di sbagliato se io ho affrontato solo tre o quattro top-10 quest'anno. Non giochi mai contro i migliori”. Nello spazio di mezz'ora, il tennis cambia per sempre: quel giorno nasce l’ATP Tour come lo conosciamo oggi. “Abbiamo corso un rischio - dirà - ma avevamo un piano e la volontà di cogliere quell'opportunità”. Ne ha colta anche un'altra, in quello Us Open che completa in assoluto il suo anno migliore, la stagione 'del triplete', dei tre Slam su quattro. Batte Lendl, alla terza finale consecutiva, 6-4 al quinto in un match epico, stellare, in cui gioca come forse mai si era visto prima. Perché Mats è un contrattaccante paziente, un ragno che tesse una tela letale, capace di lob millimetrici. Ma quel giorno contro Lendl attacca, a viso aperto, dall’inizio dello scambio.
Ma è il 1985 l’anno che cambia tutto. È di nuovo a Parigi, e di nuovo dall’altra parte della rete c’è Lendl, a dodici mesi dalla rimonta che ha frustrato i sogni di Grande Slam di McEnroe nella più grande stagione di sempre. Wilander, che ha eliminato SuperBrat in semifinale, per la prima volta cambia tattica: lascia la linea di fondo e scende a rete. Anche perché il suo gioco di volo non sarà tanto celebrato quanto la sua intelligenza tattica, ma non è affatto disprezzabile: ha un gran senso della posizione, e non a caso vincerà Wimbledon in doppio con Nystrom nel 1986. “All’epoca, sulla terra, nessuno degli specialisti della superficie si prendeva quel rischio - racconterà Mats -. Forse Victor Pecci, che però non poteva giocare sulla linea di fondo quindi doveva avanzare. Ma per uno con una reputazione da giocatore da fondo scegliere di andare a rete, sulla terra era strano. Talmente inaspettato che funzionò. Per me, il Roland Garros 1985 resta il titolo più importante”.