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Sinner non si potrà allenare sotto casa a Monte-Carlo fino al 13 aprile perché, a differenza da quanto inizialmente riportato dai giornali, il circolo è affiliato sia alla federazione francese che a quella monegasca. Una regola discutibile dato che nel mondo i campi privati non affiliati abbondano, a partire da quelli degli hotel. Intanto il preparatore Panichi sorride all’idea del grande lavoro che potrà essere svolto in questo periodo di sosta
di Enzo Anderloni | 02 marzo 2025
La notizia che Jannik Sinner non potrà allenarsi sotto casa al Country Club di Monte-Carlo è stata la principale fonte d’ansia della settimana per chi vive in Sinnergia (vedi) come noi.
Tanto ci aveva tranquillizzato la notizia che il circolo privato del Principato (che però sorge in territorio francese) non era affiliato ad alcuna federazione se non nel periodo del torneo, il classico ATP Masters 1000 di aprile, tanto ci ha di nuovo agitato la news che smentisce la precedente, e cioè che il club è affiliato addirittura a due federazioni, quella francese e quella monegasca.
Dunque fino al 13 di aprile, quando scade il termine di non ammissione in strutture federali e di allenamento con tennisti tesserati, niente campo centrale vista mare per Sinner (sempre che non arrivino altre notizie che smentiscano le precedenti per essere successivamente smentite in una ipnotica sequenza di fake news).
L’ansia di trovare un tetto, una casa, pardon, un campo per Jannik è partita subito: eccoci a googlare ville, hotel ma anche immobiliare.it (avvistato subito trilocale in Zona Est Milano con campo da tennis condominiale…). Milano poteva venire comoda dato che Jannik, lui per nulla stressato dalla ricerca di un campo, era bello tranquillo alle sfilate nella settimana della moda, ospite del suo sponsor Gucci, immortalato da mille flash accanto alla mitica Anna Wintour, direttrice di Vogue America.
Quel posto alla destra della divina era sempre stato riservato a Federer, emblema di uno stile tanto caro alla Wintour. Jannik nelle veci di Roger è parso a suo agio. Nel modo di giocare sono diversissimi, nella visione del mondo e nell’approccio empatico alle vicende umane non così tanto. Non a caso stanno bene entrambi in uno spot degli spaghetti, sia pure di marca diversa, come a far pubblicità con una tazzina di caffè in mano, fenomeni nella loro arte, gente di famiglia nella quotidianità.
Subito scartata l’ipotesi dell’acquisto dell’appartamento in condominio milanese con campo da tennis è venuta fuori la lista degli Hotel con i campi da tennis più belli in Europa, stilata da Vanity Fair.
Puntando su un clay court, un campo in terra battuta, per prepararsi agli Internazionali BNL d’Italia di Roma (dove Jannik tornerà a gareggiare) e al successivo Roland Garros, l’ideale sembrerebbe l’Hotel Cipriani, alla Giudecca, che possiede l’unico campo in terra battuta di Venezia (altri ne esistono al Lido ma affiliati) ad uso esclusivo dei clienti.
Tra una passeggiata in piazza San Marco e un giro in motoscafo (o in gondola…) in passato ne hanno approfittato per allenarsi lo stesso Federer, John McEnroe e Jimmy Connors. Hugh Grant e Nicole Kidman lo hanno affittato per prendere lezioni. Un’oasi di pace immersa nelle meraviglie della Serenissima dove vedremmo benissimo Jannik palleggiare con ”Vagnoz”.
Alternativa interessante, sempre rimanendo nello speciale di Vanity Fair, il Grand Hotel Tremezzo, sul lago di Como, non lontano dalla villa di George Clooney. Anche lì c’è terra battuta da conquistare.
Intendiamoci, questa ricerca del campo privato (che non può che appartenere a una dimensione del lusso) ha del paradossale. Viene spontaneo domandarsi se ha senso impedire che un giocatore sospeso si alleni su un campo affiliato a una federazione. L’evidenza di quanto sia facile trovare un’alternativa fa pensare che spingere gli atleti ad andare a cercare un campo fuori dal circuito finisca per essere controproducente per il sistema stesso. Non basta, come punizione, e non ha anche più senso, limitarsi a proibire la partecipazione alle gare?
La regola attuale non è in grado di impedire che il giocatore si alleni; però implicitamente favorisce (ancora una volta) chi ha più disponibilità economica. E penalizza i campi affiliati. Un top 10, con quello che guadagna, se vuole se lo compra un campo, anche per allenarsi solo due mesi.
In qualche modo adesso confortano le frequenti apparizioni televisive di Jannik in veste di testimonial nei numerosi spot di cui è protagonista. Vanno a colmare piacevolmente un vuoto. Si gustano molto di più rispetto ai periodi in cui arrivano persino nei cambi di campo delle sue partite.
Lì tante volte sembrano quasi fuoriluogo. Stai seguendo Jannik mentre soffre in un match tiratissimo, va al cambio di campo dopo aver recuperato l’asciugamano con l’espressione tirata di chi non è riuscito a sfruttare la palla-break e… ecco che ti parte uno Jannik bello sorridente che ti parla di pastasciutta, sorseggia da una tazzina o va a spasso vestito casual per una moderna città di connessioni veloci.
L’accostamento tra il vero Sinner, con cui stai vivendo la partita in piena Sinnergia, e Jannik attore-testimonial è molto spesso stridente. In qualche modo toglie pathos alla performance sportiva (che è l’aspetto più vero e intenso della storia di Jannik), annacquando l’emozione “sinnergica”.
Se fossi Sinner chiederei: non fatemi passare tra gli spot durante le mie partite. Separare i due momenti, la realtà e la fiction, potrebbe far bene a tutti: all’immagine di Jannik, al gradimento dei prodotti che sponsorizza e a chi vive il match in Sinnergia, punto a punto, come se fosse a bordo campo insieme a Vagnozzi e Cahill. Siamo in tanti, son sicuro. Davvero tanti.
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