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La storia degli Internazionali BNL d'Italia. Siamo agli anni Ottanta, inaugurati nel torneo maschile dai successi di Vilas e Clerc. Memorabile il trionfo di Noah nel 1985. Il torneo femminile si sposta a Perugia, con Chris Evert protagonista. Dal 1987 torna a Roma, e il pubblico italiano si innamora di Gabriela Sabatini
di Alessandro Mastroluca | 07 maggio 2024
L'Italia è un paese di santi, di navigatori, di poeti. Il Foro Italico negli anni Ottanta, gli anni cosiddetti del riflusso dopo un decennio di spari e lacrime, piombo e sangue, si scaldaper un giocatore che rappresenta una stagione di ripiegamento e attenzione alle emozioni, per l'icona bella e fragile di un tennis elegante e passionale. Roma si innamora di Guillermo Vilas.
Mancino tenace e dall'animo artistico, Vilas ha raccolto versi nelle stanze d'albergo tra una partita e l'altra e portato nel tennis quel che prima non c'era. È stato il primo argentino a vincere tornei dello Slam, l'unico mai entrato nella Hall of Fame. Racconta che abbia inventato il tweener, il colpo fra le gambe che porta il suo nome, guardando un giocatore di polo che face passare la palla tra le gambe del suo cavallo in una pubblicità.
Vilas è l'icona della resistenza, della forza, della pazienza. È un mancino dal topspin esasperato. Sente meglio la palla dalla parte del rovescio, che gioca classico, a una mano. Non conosce la fatica. Emblematico un episodio del ’78: gioca una finale il lunedì sera a Gstaad, la vince, s’imbarca sul primo aereo che trova, alle cinque del mattino atterra a Milano per disputare gli Internazionali d’Italia Indoor e anziché in albergo si fa condurre al Palasport, butta giù dal letto il custode e alle sei è in campo ad allenarsi. Finalista a Roma nel 1976, battuto da Adriano Panatta, e nel 1979, superato da Vitas Gerulaitis, frequentatore assiduo delle notti mondane al Jackie O, trionfa da favorito nel 1980, senza perdere un set: in finale cade uno Yannick Noah ancora non pronto ai grandi palcoscenici. Lo sarà.
Il grande rivale, l'opposto perfetto, di Vilas è il connazionale Jose-Luis Clerc: eppure insieme formano il doppio più vincente nella storia dell'Argentina in Coppa Davis. E' proprio Clerc a succedergli nell'albo d'oro agli Internazionali BNL d'Italia. “I tennisti si dividono in due categorie, le macchine e gli esseri umani. Io ho sempre fatto parte della seconda” diceva l'ex numero 4 del mondo e due volte semifinalista al Roland Garros.
A Roma, nel 1981, ha battuto Panatta 76 al terzo in quella che ha definito la partita più difficile del torneo e una delle più sofferte di tutta la sua carriera. In semifinale, piega Lendl al termine di una lotta durissima a un ritmo eccezionale; in finale ha il compito più facile contro il paraguayano Pecci, che aveva eliminato Vilas in semifinale al calar della sera. Clerc, campione una settimana prima a Firenze, ette in mostra colpi più angolati e profondi, e disegna passanti letali quando l'avversario scende a rete. Così, dopo una finale a senso unico, conquista il suo primo grande torneo in carriera.
Il Sudamerica, con o senza la genialità di uno Schiaffino, continua a dominare l'albo d'oro con le due vittorie del colombiano Andres Gomez nel 1982, in cui ha battuto anche Ilie Nastase, Yannick Noah e Mats Wilander; e nel 1984, l'anno in cui diventerà numero 5 del mondo dopo aver raggiunto i quarti di finale a Wimbledon e allo US Open.
In mezzo, trionfa Jimmy Arias, secondo campione più giovane al Foro Italico.Prima di Andre Agassi, è stato lui il primo prospetto di talento uscito dall'accademia del guru Nick Bollettieri. Ha un dritto decisamente particolare, un movimento unico che gli ha insegnato il padre. Bollettieri ne riconosce le potenzialità e ne fa la base del suo gioco. A vent'anni è una promessa di campione, ma vent'anni sembran pochi, ti volti a guardarli e non li trovi più. Non vincerà più titoli dopo il 1984.
Il diritto di Jimmy Arias (Foto FITP)
Il 1985 è l'anno giusto per vedere brillare Noah, tanto bello e forte quanto pieno di dubbi. Yannick Noah, l'Otello del tennis, rapisce il cuore del pubblico di Roma. Arriva ai quarti grazie al ritiro dello statunitense Dibbs. Nei quarti Clerc si infuria. Noah inciampa all'inizio del secondo set e passa troppo tempo perché si trovi il medico che gli applichi una fascia elastica alla coscia. In semifinale lascia sei game a Becker, che sta per vincere Wimbledon e scrivere una pagina di precocità senza precedenti. In finale, contro Miloslav Mecir, a metà secondo set se la strappa quella fascia dalla coscia. È il suo grido di battaglia. Nel settantacinquesimo anniversario di quella che oggi è la Federazione Italiana Tennis e Padel, quella del 1985 rimane una delle più belle finali nella storia degli Internazionali BNL d'Italia.
Noah, che ha da poco festeggiato i 25 anni, regala al torneo uno dei maggiori successi di pubblico mai registrati fino a quel momento. E lo fa proprio nell'anno in cui il francese Alain Prost con cinque vittorie e sei podi vince il primo dei suoi quattro titoli mondiali di Formula 1.
Yannick Noah, 40 anni dopo il trionfo
Nella seconda metà del decennio spiccano i due successi di Ivan Lendl, nel 1986 e 1988. Attaccante puro da giovane, trasformato dalle prime sfide con McEnroe dall'influenza di Borg in un attaccante da fondo, Lendl ha celebrato il primo trionfo al Foro cinque anni dopo la sua ultima partecipazione. In quei cinque anni ha cambiato dieta, ha sviluppato un programma di allenamento personalizzato e chiamato al suo fianco uno psicologo.
Scelte che oggi sarebbero normali, ma nel 1984 apparivano rivoluzionarie. Lendl ritorna e vince. Rimonta Noah in una semifinale molto nervosa e in finale batte Emilio Sanchez. Non esattamente simpatico ai tifosi, nel 1988 si ripete in una finale durissima sull'argentino Guillermo Perez Roldan, che ha invece dalla sua quasi tutto il pubblico del Foro Italico.
In quel periodo Roma incorona futuri numeri 1 del mondo come Lendl e come lo svedese Mats Wilander, campione nel 1987 dopo due eliminazioni in semifinale. La sorpresa, nell'anno della caduta del Muro di Berlino, la firma l'argentino Alberto Mancini in finale su Andre Agassi, campione punk che si mette in mostra più di un rapper, Agassi in singolare si è spint fino alla finale battendo l'argentino Perez Roldan, poi Bruguera nella sua prima semifinale agli Internazionali BNL d'Italia. In finale, arriva a un punto dal titolo ma gioca una partita confusa in cui, confesserà nel suo libro Open, ha indossato una parrucca bionda. Alla fine crolla contro Mancini, argentino di grandi speranze non mantenute nonostante le finali raggiunte a Roma nel 1991 e a Miami nel 1992.
Dal 1980 al 1985 il torneo femminile non si gioca a Roma. Fino al 1984 si gioca a Perugia. Nelle prime tre di queste edizioni trionfa Chris Evert, una delle più grandi campionesse di tutti i tempi, dominatrice della terra battuta in quegli anni. Nelle tre finali perugine ha sconfitto due volte Virginia Ruzici e infine una 38enne Billie Jean King a cui non è bastato il blasone.
Nel 1983 si impone a sorpresa l'ungherese Temesvari, allenata dal padre, un ex nazionale di basket. Giocatrice elegante, conquista il pubblico con la sua grazia da danzatrice. Ma non otterrà i successi che il suo talento e la posizione di numero 7 raggiunta nel 1984 avrebbero fatto presagire. C'è ancora vento dell'est nel 1984, con il trionfo di Manuela Maleeva, apripista di una famiglia di tenniste, che lascia sul campo un solo set a Virginia Ruzici e strapazza niente meno che Chris Evert con un eclatante doppio 6-3.
Chris Evert con il trofeo degli Internazionali BNL d'Italia (Foto FITP)
Nel 1985, si rivede l'Italia nell'albo d'oro nella modesta edizione organizzata a Taranto. Raffaella Reggi vince il titolo in singolare e in doppio, in coppia con Alessandra Cecchini.
A Roma si torna nel 1987. Roma riscopre le stelle del tennis, che si presentano simili alle star del cinema degli anni Cinquanta. Icone belle e fragili come Gabriela Sabatini che in semifinale sorprende Martina Navratilova. Da quel momento, il Foro Italico si è trasformato in “Gabylandia”. Così recitava uno striscione diventato segno di un'epoca.
“E' stato un grande risultato, era anche la prima volta che battevo Martina. Tra l'altro, quell'anno abbiamo giocato anche il doppio insieme. Affrontarla era sempre una grande sfida, ma per qualche motivo io sentivo di esprimermi bene contro di lei. Ovviamente quel giorno c'è stato davvero tutto: quella vittoria rimane molto speciale per me” ha raccontato nell'intervista per il libro “I gladiatori della Terra Rossa” che la Federazione Italiana Tennis ha curato sulla storia degli Internazionali BNL d'Italia (Giunti Editore). Ma perderà in finale contro Steffi Graf davanti al futuro governatore di Buenos Aires. Ma dalle tribune c'è chi le grida “Vai amore!”. “Da argentina, e un po' italiana, quella passione la capisco, mi ci identifico molto. I tifosi italiani poi sono molto coinvolti nel tennis, e sicuramente lo sono stati nel mio caso. Io, come detto, adoro l'Italia. Mi piace la lingua, mi piace naturalmente il cibo italiano. E mi sono sempre trovata bene con i tifosi italiani. Erano molto appassionati, calorosi, venivano anche sotto l'albergo. In campo sentivo i cori per me, poi mi ricordo quel famoso striscione, “Gabylandia”: è stato molto bello” ha aggiunto nella stessa intervista.
Gabriela Sabatini ha conquistato Roma per la prima volta nel 1988. Ha battuto in finale Helen Kelesi, tignosa canadese figlia di genitori cecoslovacchi emigrati dall'altra parte del mondo dopo la primavera di Praga. La chiamano “Uragano” ma non può nulla per arginare l'argentina. “Gli Internazionali d'Italia hanno sempre rappresentato un torneo speciale per me. Vincerlo la prima volta, sulla terra rossa che è la mia superficie preferita, è stato una grande ispirazione. Mi ha fatto capire che potevo battere anche le migliori” ha detto ancora Sabatini.
Nel 1989 si conferma campionessa contro Arantxa Sanchez Vicario, incoraggiata da mamma Marisa che le organizza la vita in ogni dettaglio, con cui poi interromperà ogni contatto per questioni di soldi. Soldi che a suo dire le spetterebbero e non ha mai ricevuto.
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