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Seconda puntata della nostra storia degli Internazionali BNL d'Italia. I momenti simbolo e i grandi campioni che hanno acceso il Foro Italico negli anni Cinquanta
di Alessandro Mastroluca | 29 aprile 2024
Dopo la lunga sosta bellica, gli Internazionali d'Italia riprendono nel 1950. L'albo d'oro del torneo si arricchisce con i nomi più importanti del decennio, come il cecoslovacco Jaroslav Drobny, il primo a trionfare a Roma per tre volte in singolare.
La sua è una storia decisamente particolare. Ha superato gli orrori della guerra, rinnegato il regime comunista e giocato per quattro diverse nazioni: Cecoslovacchia, Boemia-Moravia, Egitto e Gran Bretagna.
Figlio del custode del primo Lawn Tennis Club di Praga, ha palleggia con il padre di Martina Navratilova e la madre di Ivan Lendl. Impiegato in una fabbrica destinata alla produzione di bossoli per proiettili e taniche di benzina negli anni della guerra, ha giocato ad altissimi livelli anche a hockey: era l'attaccante della nazionale cecoslovacca che ha conquistato l'oro olimpico nel 1948.
La serie di tre successi in singolare (sette se si contano anche i doppi) è iniziata nel 1950: vittoria sofferta in semifinale contro Budge Patty e in finale contro l’americano William “Bill” Talbert. L'anno successivo il "Professore", questo il suo soprannome per gli occhiali da intellettuale e il tennis fine, batte in finale Gianni Cucelli e nel 1953 Lew Hoad, nel giorno singolo uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi.
Gli anni Cinquanta si aprono con un successo italiano nel singolare femminile. Trionfa Annelis Ullstein, che in realtà è nata in Germania ma è diventata italiana per matrimonio. Ha sposato prima il tennista Renato Bossi, scomparso prematuramente, poi Giorgio Bellani, impareggiabile radio e telecronista. E' l'unica italiana tra le migliori dieci giocatrici del mondo nel 1949 e 1950, anni in cui le classifiche venivano stilate dal giornalista britannico Lance Tingay.
Semifinalista al Roland Garros nel 1949, a a Roma nel '50 batte in finale l’inglese Patricia Curry e trionfa nel misto con Gianni Cucelli, fiumano protagonista in Coppa Davis (dal 1939 al 1954 disputa 55 match vincendo 17 singolari su 38 e 21 doppi su 27), che ha raggiunto per tre volte i quarti di finale al Roland Garros.
Ma gli anni Cinquanta sono soprattutto anni di affascinanti trionfi nel torneo maschile per il tennis italiano. Anni in cui i tifosi iniziano a conoscere i primi divi popolari del nostro sport. Due, che più diversi non potrebbero essere, si affrontano nel 1955 nella seconda finale tutta italiana agli Internazionale: Fausto Gardini contro Beppe Merlo. Di fronte, per dirla con il maestro Gianni Clerici "un autentico carnivoro dei court (Gardini) e un irripetibile vegetariano (Merlo) [che] mai si accorse di essere mancino, come avrebbe suggerito la presa della mano guida del paradossale rovescio bimane".
Merlo, protagonista delle vignette di Slawitz sul Guerin Sportivo, era figlio del custode del tennis Merano. Giocava un tennis impensabile allora, tutto anticipo e tocco. Impugnava la Maxima Torneo, scriveva Roberto Lombardi nel suo libro "100 anni di tennis in Italia", "con la destra in alto, così da essere costretto poi a giocare il dritto a mezzo manico; e ugualmente traendo dal rovescio bimane, frustato senza swing, e dal dritto corto, diretto e accelerato come un punteruolo, colpi accelerati ai limiti della fisica".
Fausto Gardini in azione (Foto FITP)
Insieme a Gardini aveva condiviso una trasferta negli Stati Uniti nel 1951 in cui avevano giocato perfino con Charlie Chaplin. In finale, Merlo parte meglio e va avanti due set a uno. Nel quarto manca tre match point, poi crolla a terra sul 6-6 e allora non esiste il tie-break. Gardini abbassa la rete, salta dall'altra parte e intorno a merlo urlando "si deve ritrare". Come succederà pochi punti più in là.
E' questo uno degli episodi simbolo per raccontare il miglior giocatore italiano degli anni Cinquanta, prima dell'avvento di Nicola Pietrangeli. Gardini, milanese. era capace di tutto pur di vincere, sapeva creare un clima infuocato grazie al suo carattere, non a caso in Coppa Davis in casa risultava praticamente imbattibile. Sarà anche capitano di Davis dal 1973 al 1975, quando lasciò il posto a Pietrangeli.
Nel 1957 Merlo perde contro "Pietrangeli, un altro agli antipodi della sua personalità, che sta al tennis come Mastroianni sta al cinema", ha scritto Roberto Perrone nel libro "Gladiatori della Terra Rossa" realizzato dalla FITp (Giunti, 2020) in occasione dei 90 anni degli Internazionali BNL d'Italia. Pietrangeli vince in tre set.
Ventiquattro volte campione nazionale (7 in singolare e 17 in doppio), al Foro Italico gioca altre tre finali e vincerà una seconda volta nel 1961, edizione speciale a Torino per il centenario dell'Unità d'Italia, in finale su Rod Laver.
Sfortunate, e forse uniche, le sue performance nel doppio dove in coppia con l’inseparabile Orlando Sirola disputa sette finali ma non ne vince nemmeno una, nel ’66 ci prova anche con il sudafricano Cliff Drysdale ma gli dice gli va ugualmente buca.
LE GRANDI CAMPIONESSE
Nel singolare femminile Doris Hart diventa la prima ad affermarsi due volte al Foro Italico (1951 e 1953). Una delle sole tre giocatrici con Margaret Court e Martina Navratilova ad aver vinto tutte le prove in tutti gli Slam almeno una volta, ha trionfato per la prima volta nel 1951. In quell'occasione ha battuto in finale Shirley Fry, con cui avrebbe trionfato in doppio. Ha raggiunto anche la finale di doppio misto insieme allo svedese Lennart Bergelin, che sarebbe stato il mentore di un campionissimo come Bjorn Borg.
Il bis nel 1953 lo firma in finale su Little Mo Connolly, di dieci anni più giovane, che non sfrutta un vantaggio di 64 30: proprio quello stesso anno Connolly completerà il Grande Slam. Hart e Fry in doppio perderanno proprio contro Connolly in coppia con un’altra giovane americana, Julia Sampson, sua avversaria nella finale di Parigi poche settimane più in là.
Nel 1954 Connolly impreziosisce l'albo d'oro del torneo. Ben Fisher, firma del San Diego Union, paragona i suoi colpi potenti e devastanti alla forza della USS Missouri, la nave americana della Seconda Guerra Mondiale, nota come “Big Mo”. Per questo Connolly diventerà per tutti, e per sempre, “Little Mo”. Inizialmente mancina, convinta poi a giocare con la destra dal suo primo maestro, possiede un gioco completo e una concentrazione feroce. Ma è anche una campionessa sfortunata. La sua, ha scritto il decano dei giornalisti di tennis Bud Collins, è stata "la più breve delle grandi carriere". E' finita a luglio del 1954, quando viene investita da una betoniera mentre è in sella a Colonel Merryboy, il cavallo che la città di San Diego le ha regalato dopo il trionfo allo Us Open del 1952. E' morta di cancro a 34 anni nel 1969.
Nel 1956 ha brillato la stella di Althea Gibson, prima tennista nera a dominare nel tennis, campionessa quell'anno anche al Roland Garros. Cresciuta a Harlem, è uno spirito indipendente che gioca anche a basket con un gruppo di amiche: si fanno chiamare le "Mysterious Five". Star al college, ha imparato a giocare alla scuola di Walter Johnson, per tutti Whirlwind, Turbine, che sarà anche il mentore di Arthur Ashe. Diventerà grande amica di Angela Buxton, figlia dell'imprenditore Henry che ha fatto fortuna comprando il cinema Gaiety di Manchester, il primo in tutta l'Inghilterra a trasmettere Via col Vento nel 1940. Quando vinceranno insieme in doppio il titolo a Wimbledon nel 1956 un quotidiano nazionale inglese titola “Minorities win”, “Le minoranze vincono”. Buxton, infatti, è ebrea e sarà per questo esclusa dal Cumberland Club dove anni dopo si sarebbe allenato Borg per preparare i Championships.
Nel 1958, poi, trionfa per la prima volta la brasiliana Maria Bueno, una delle giocatrici più spettacolari di tutti i tempi, rimasta per dieci anni fra le Top 10 del tennis mondiale, quando le classifiche le stilavano i giornalisti. Tre volte campionessa a Wimbledon e quattro ai Campionati Internazionali degli Stati Uniti (poi diventati US Open), ha iniziato la sua ascesa proprio sotto il sole di Roma. Bueno conquista il pubblico con il suo tennis offensivo e ispirato. Batte in semifinale batte una specialista della terra rossa, l’inglese Shirley Bloomer, dopo aver salvato tre match point. E in finale piegal’australiana Lorraine Coghlan in tre set. Al Foro Italico vincerà ancora tre titoli, due di singolare e uno di doppio. E sarà finalista nel ‘62 e nel ‘67. Ormai è chiaro a tutti. Roma incorona le grandi star del tennis mondiale.