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Gerarchie da college: da freshman a senior

Nel college le gerarchie sono fondamentali. Si entra come freshman, poi si diventa sophomore, quindi junior e infine senior. Ma non sono solo appellativi: ogni anno aumentano anche impegno e responsabilità nei confronti dei compagni. Per imparare a essere leader dentro e fuori dal campo. Ecco alcune testimonianze.

di | 17 ottobre 2020

Bianca e Anna Turati

Ci siamo passati tutti, il primo giorno di allenamento. Da nuovi arrivati ci siamo sentiti dire “Freshie take the balls”, che tradotto significa “freshie porta le palline in campo”. Idem al termine del faticoso allenamento: a chi toccherò mai il compito di mettere tutto in ordine? Al freshman, ovviamente. In una squadra di college americano è molto importante la gerarchia.

Il percorso tennistico di un giocatore di college dura quattro anni, e al giocatore viene dato un appellativo diverso per ciascuna stagione. Al primo anno si è chiamati “freshman”, al secondo “sophomore”, al terzo “junior”, e infine al quarto “senior”. Nomi che non valgono solo per la parte sportiva, ma anche per quella accademica. Per quanto riguarda il tennis hanno molto valore, e non sono un semplice modo per distinguere che anno si stia frequentando. Avere una forte gerarchia all’interno di una squadra è molto importante anche per la crescita personale di ogni singolo giocatore.

In questo articolo andremo a vedere tramite le testimonianze delle gemelle Anna e Bianca Turati (University of Texas), e di Nicola Vidal (Old Dominion University), quanto queste differenze siano importanti e influenzino una squadra. “Il primo anno – racconta Anna Turati – non è mai facile, perciò l’aiuto di un compagno di squadra che ha vissuto qualche anno di college tennis è importantissimo. Io e Bianca siamo arrivate insieme e ci siamo aiutate a vicenda, ma ci sono state molte occasioni in cui l’aiuto del nostro capitano senior ha fatto la differenza. Alzarsi alle sei del mattino e iniziare la giornata con un faticoso allenamento, per poi andare a scuola, allenarsi di nuovo e studiare non è così semplice. Avere un sostegno morale che ti supporta nei momenti difficili è stato fondamentale”.

Ci sono state molte occasioni in cui l’aiuto del nostro capitano senior ha fatto la differenza

Anna e Bianca, due leader per la loro squadra, hanno sentito molto questa gerarchia appena arrivate al college. Malgrado avessero un livello di tennis superiore alle compagne, hanno sempre chiesto consiglio alle giocatrici con più esperienza, perché giocare una competizione fra college non è uguale a giocare un torneo individuale ITF o WTA. Bisogna stare sul campo in modo diverso, e le loro “senior” le hanno aiutate molto. Poi, al quarto anno i ruoli si sono invertiti e sono state loro ad aiutare le più giovani. Quando le loro “team-mate” erano in difficoltà erano Bianca e Anna a fare le leader e prendere in mano la situazione.

Anche i coach supportano questa gerarchia, e chiedono alle giocatrici di diventare anche un supporto morale per le compagne. “Ho un esempio perfetto – spiega Anna –: dopo un allenamento non andato benissimo, il coach ci ha fatto correre per punizione facendoci tenere un’intensità molto alta. Ho notato che la nuova arrivata era molto in difficoltà, anche per il carico scolastico che rende tutto più difficile. A quel punto ho preso in mano la situazione e sono andata a parlarle”. Anna è stata d’esempio e ha insegnato che bisogna sempre guardare avanti e fare il possibile per correggere gli errori e le scelte sbagliate.

Anche Nicola Vidal (sophomore alla Old Dominion University, Virginia) ha vissuto questa gerarchia sulla propria pelle. Nicola ha trovato tutti i senior disposti ad aiutarlo, e anche nei momenti più bui si sono dimostrati dei veri leader. “Sia quando ho avuto qualche difficoltà all’università, sia sotto il punto di vista tennistico – spiega –, sono sempre stati pronti ad aiutarmi e sostenermi”. All’occorrenza, quando c’è qualcosa di sbagliato da correggere, le persone che tengono davvero a te sanno anche essere dure nei tuoi confronti.

 “A me – continua Vidal – è capitato di dovermi sorbire una bella ramanzina da senior della mia squadra. Durante la stagione, infatti, vige la regola delle 48 ore: da due giorni prima di una partita bisogna assolutamente evitare altre distrazioni. Io, non badando particolarmente questa regola, sono andato ad una festa di compleanno, ma il senior è venuto a saperlo e mi ha sgridato. Da quel momento in poi ho sempre rispettato le regole”. Un esempio che va dritto al punto: malgrado la vicinanza d’età, i senior sanno anche essere severi, per garantire il bene della squadra e la massima performance di ognuno di essi. Questo ci aiuta moltissimo a crescere.

Ma le differenze non sono solo dal punto di vista sportivo, e ce ne sono anche per gli aspetti accademici. La maggior parte dei giocatori è chiamata a frequentare un determinato numero di ore settimanali in una sala apposita per gli student-athlete.

Solitamente il coach inizia a dare ai freshmen sette ore, per poi diminuirle col passare degli anni, e spesso azzerarle al “senior year” (ultimo anno). Se però la media non è abbastanza alta le ore rimangono le stesse.

uesto fa capire quanto ci si tiene anche al lato accademico e quanto le aspettative siano alte. Può non essere bellissimo andare tutte le sere a studiare nella cosiddetta “study-hall”, ma, specialmente il primo anno, avere tutor e persone disposte ad aiutarti può essere fondamentale.

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Inoltre, i freshmen sono assistiti da personale per tutto ciò che riguarda la parte burocratica o la registrazione alle classi. I senior invece hanno più libertà perché considerati più maturi e adulti. È molto famoso tra i college il detto “freshie mistake”, che significa ironicamente “il classico errore del freshman”. Questo sottolinea la forte differenza dal punto di vista gerarchico, e di quanto i senior vedono i loro freshmen quasi come fratelli minori privi di esperienza, e di quanto negli anni si cresca e maturi.

Grazie a queste testimonianze abbiamo visto quanto sono importanti queste differenze all’interno di una squadra e quanto ci si aiuta tra giocatori nei momenti più bui. Imparare ad essere un leader dentro e fuori dal campo fa crescere molto ed è una qualità che può aiutare anche una volta usciti dal college, indipendentemente dalla carriera che ognuno intraprenderà. Eleanor Roosevelt diceva che “un buon leader ispira le persone ad avere fiducia nel leader, un grande leader ispira le persone ad avere fiducia in se stesse”.

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