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Personaggi e interviste

Nicola Porro, giornalista: “I politici da tennisti? Giocherebbero così”

“Sono pazzo di tennis e durante il lock down ho fatto nascere un campo in erba da un cortile”. E mette in campo con la racchetta i politici italiani, da Draghi a Conte passando per Renzi, Meloni, Salvini e Berlusconi. Secondo lui giochereb-bero così….

di | 23 giugno 2021

Nicola Porro è vicedirettore de Il Giornale. E' anche il popolare conduttore di Matrix e Quarta Repubblica

Nicola Porro, 51 anni, è vicedirettore de Il Giornale. E' anche il popolare conduttore di Matrix e Quarta Repubblica

E’ proprio vero che ognuno di noi ha un “punto debole”, quella roba lì che non ti aspetti. Un “prezzo” su cui poter ragionare. Vedi Nicola Porro in tv, sorriso intrigante, ciuffo che scappa, non proprio da “trucco e parrucco”, spietato direttore di orchestra di “Quarta repubblica”, il talk del lunedì sera su Rete 4 e mai, dico mai, penseresti che uno così sia disperatamente, irrimediabilmente, ossessivamente innamorato del tennis. Gli rubiamo qualche minuto durante uno dei viaggi Roma-Milano e viceversa che scandiscono le sue settimane.

Nicola Porro, che legame c’è tra il padrone di casa di Quarta Repubblica, il giornalista economico de Il Giornale e il tennis?

“Giocavo da ragazzino, a un buon livello fino agli under 16, al Ct Eur e l’estate frequentavo Pievepelago, Palagano, i primi centri estivi. Poi ho smesso, per trent’anni. Liceo e allenamenti, studio e agonismo sono ancora unfit in questo paese. Forse ora è un po’ migliorata la situazione. Comunque, ancora mi chiedo come abbia potuto stare senza per così tanto tempo (e scoppia in una bella risata. Porro sorride spesso in questa chiacchierata, ndr)”.

Parlare di tennis la diverte? Non se l’aspettava?

“Parlare di tennis, anche solo nominarlo, mi regala subito il buon umore. Comunque una decina di anni fa è capitato di riprendere la racchetta in mano, grazie ad un amico, in uno di questi tornei estivi.  Ho ritrovato quasi subito i colpi, meno la coordinazione ma non ho più smesso. E’ diventata una vera fissazione, appena posso scappo e vado a giocare. Vorrei farlo sempre, in ogni istante. E’ grave?”

Soprattutto salutare, direi. Molto più grave non fare sport. Porro tennista, come si definisce? Giocatore d’attacco, di tenuta, di difesa, creativo, conservatore, progressista?

“Io sono per il serve and volley. Solo che penso ancora di essere un ragazzino che guadagna la rete con un lampo. Ma non lo sono più. Così alla fine del primo set sono cotto. Per cui batto e scendo sempre più lento, arrivo nella fatidica “no men’s land” e mi passano. Insomma, sarei super aggressivo e zero pallettaro. Il mio sogno, e vorrei anche che fosse il mio regno, è la rete”.

Gira un aneddoto che riguarda il tennis, lei e la pandemia. Ce lo racconta?

“Nel primo lockdown sono anch’io rimasto chiuso in casa un paio di mesi. Mi sono fermato a Roma, a casa dei miei, per questioni pratiche di lavoro. Gli unici contatti erano per lo più a distanza con la redazione e i miei autori per decidere la scaletta della puntata. E poi la trasmissione. Che incubo quel periodo, i bollettini dei contagi e dei morti. Sembrava tutto impossibile. Insomma, un giorno ero a casa, affacciato alla finestra e osservavo mio padre che bruciava aghi di pino in un grande spiazzo di cemento, una sorta di cortile che abbiamo sotto casa. Tra l’altro lì una volta, negli Anni Cinquanta, c’era proprio un campo da tennis. Quando sono nato io non c’era più. Guardavo, osservavo, probabilmente ho messo tutto insieme: quei racconti sul vecchio campo da tennis; il rischio di mio padre che accende fuochi con gli aghi di piano e non si sa mai; la mia voglia di giocare e muovermi e sentirmi vivo in quel periodo allucinante di vite sospese e interrotte”.

I flussi della memoria sono entrati in contatto con il presente. Conscio e subconscio. E cosa è saltato fuori?

“Un campo da tennis in erba. Si, quel giorno ho deciso che avrei utilizzato quello spiazzo e ci avrei fatto costruire un campo da tennis. Iniziai subito una ricerca, trovai una ditta di Bergamo che aveva i codici per poter lavorare, arrivano a Roma e in un paio di settimane ho avuto il mio campo. Sono molto contento di aver dato da lavorare a quella ditta in un momento in cui non si muoveva nulla. Io mi sono sentito come un bambino per la prima volta a Gardaland: felice”.

Quindi quando viene a Roma, ha il campo sotto casa.

“Esattamente, mi affaccio alla finestra e lo vedo lì sotto. Scendo e posso giocare. A qualunque ora.  Gioia allo stato puro”.

In casa come l’hanno presa?

“Mio padre non benissimo perché gli ho tolto lo spazio dove poteva fare i falò. In realtà l’ho fatto anche per quello: per evitare una multa e un incendio a casa”.

Nadal, Federer, Djokovic: di quale delle tre “chiese” del tennis contemporaneo è praticante?  

“Non sono iscritto ad alcune “chiesa”. Non osservo culti nè riti. L’unica chiesa a cui potrei iscrivermi, se proprio devo, è quella delle magliette polo con colletto. Il fatto è che a me piace giocare. Ho poco tempo e quel poco che ho preferisco giocare anzichè guardare”.

Non è stato coinvolto in questa epica contemporanea del tennis di Roger, Rafa e Nole?

“Se proprio devo scegliere una chiesa, scelgo Federer…”.

Torniamo a Porro. Crede di avere un buon braccio?

“Rispondo con un aneddoto. Da ragazzino ho sempre pensato, o mi hanno fatto credere, di non avere il fisico ma di avere il braccio. Qualche tempo fa alcuni amici mi hanno fatto uno scherzo, per l’appunto gli amici erano di “Scherzi a parte”. Mi hanno ripreso mentre giocavo, mi allenavo, con uno più forte di me. Una bella palla, un bel palleggio. Ho visto poi quel video che andrà in onda a settembre su “Scherzi a parte”. Non guardatelo, per carità. Un incubo: nulla di ciò che ho visto corrispondeva al mio ideale di tennis. Ero un mostro, una vera pippa, fuori coordinazione, movimenti strappati, non mi potevo guardare. Uno choc. Eppure ero convinto di giocare benino, con una certa eleganza”.

La videoanalisi ha convinto molti a lasciar perdere. Cosa è successo poi?

“Nulla, mi sono convinto a giocare ancora di più per migliorare.

E’ un momento felice per il tennis italiano: dieci giocatori nei primi cento. Fognini, Berrettini, Sinner, Musetti, Sonego, Travaglia, Seppi, Mager, Caruso, Cecchinato. Un aggettivo per ciascuno di loro?

“Non ho le conoscenze e le competenze per definirli. Non mi permetterei. Osservo però una cosa. O meglio: un fenomeno. Abbiamo un gruppo di ragazzi, alcuni di grande talento, altri molto agonisti e generosi, comunque vincenti. Fanno parlare di sè per la grinta, la bravura, il coraggio e non per le polemiche, la ricerca degli alibi e le sconfitte. Grazie a loro stiamo cancellando una serie di luoghi comuni che ci portiamo dietro in quanto italiani. Nel tennis, così come nella Nazionale di calcio, vediamo in campo una bella generazione di giovani che promette bene ed è di buon auspicio per il Paese. Anche oltre lo sport”. 

Il tennis femminile è in crisi a livello mondiale, manca una star di cui innamorarsi, da coltivare e seguire.

“Ho due figli adolescenti. Il maschio gioca a tennis anche perché ha tutti questi che abbiamo nominato prima in cui immedesimarsi, da imitare. Mia figlia invece, undici anni, è in crisi, il tennis non la diverte, non ha nessuno da imitare. Non ha il riferimento per comprare il gonnellino. Io invece racconto questo piccolo aneddoto: Lea Pericoli fu la prima ad insegnarmi che se abbiamo dolore forte da qualche parte una mezza pasticca di Aulin sotto la lingua può fare miracoli. Sotto la lingua, mi raccomando”.

Ogni tanto riemergono polemiche contro la parità di trattamento tra tennisti e tenniste ad esempio nel prize money.  Ha mai preso posizione su questo? 

“Come ho detto, mi interessa giocare e non fare polemiche sul tennis. Credo però che in generale debbano prevalere criteri oggettivi. Ad esempio il pubblico, in presenza e in tv.  Se gli ascolti, o il pubblico, sono in media uguali, è giusto che i premi in danaro siano uguali. Se si misura una differenza importate nel medio periodo, sarebbe giusto rivedere anche le vincite”.  

Facciamo un gioco. Se giocassero a tennis, i nostri leader politici che tipo di giocatori sarebbero? Cominciamo con il premier Draghi…

“Draghi lo immagino come un pallettaro alla Barazzutti: uno che sta lì, rema, aspetta il momento giusto per il colpo di genio, poi si rimette a remare. Poi di nuovo l’acuto. Piedi in terra, preparazione, umiltà. Alla fine Draghi/Barazzutti porta a casa la partita. E la Coppa Davis”.

Enrico Letta?

“Il segretario del Pd è colui che pensa di giocare bene il rovescio a due mani e prova sempre a tirare passanti. Che però non ottengono i risultati sperati.  Letta non ha capito che la sua parte migliore è la destra, il diritto, con cui può comandare e fare gioco e anche il punto. Invece si ostina sulla parte sinistra, su quel rovescio a due mani, tanti rischi e pochi risultati”.

Matteo Salvini?

“Non ho dubbi: è di quelli che vanno a rete bene ma poi quando devono chiudere il punto fanno una volée con una apertura barocca, inutile e sbagliata per cui sbagliano punti già fatti. Invece basterebbe mettere la racchetta davanti e piazzare la palla. Cose semplici, dicono sempre i maestri”.

E Giorgia Meloni?

“La vedo in tuta di ciniglia, sulla Smart che però va giocare a padel”.

Cioè?

“E’ l’essenza della giovane signora romana: non fatica con il tennis che è sport difficile e preferisce la scorciatoia che è il padel e che va anche di moda”.

Giuseppe Conte?

“Lo immagino che spiega e intrattiene su gioie e dolori del tennis, tattiche e angoli, e poi però in campo non ha grandi idee di quello si debba fare. Però lui è sinceramente convinto di saper fare”.

Matteo Renzi?

“E’ di quelli che una volta in campo ti dice: cominciamo subito il match. Molto tattico, con una visione chiara della partita ma anche di quelli che litiga sempre con l’arbitro su palle dentro o fuori”.

Silvio Berlusconi?

“Il più grande specialista di doppio misto, capace di scegliere le compagne migliori e anche più brave rispetto a lui”.

Senta, una curiosità: lei ha una vita complicata, Milano, Roma, trasmissione, giornale, famiglia. Il tennis è lo sport più adatto per rilassarsi?

“Proprio perché è uno sport mentale e complesso, è l’unica cosa che mi fa staccare da tutto il resto. Io dopo un’ora, un’ora e mezzo di tennis, mi sento rigenerato, in fiducia, positivo.  Sto talmente bene durante e dopo che è diventato il mio relax migliore. Anche se mi fa arrabbiare. O forse anche per questo”.

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