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Cultura e costume

"Vincenti & Gratuiti": Alcaraz star globale e anti-personaggio, pronto a conquistare Roma

Torna la rubrica "Vincenti&Gratuiti": stavolta al centro c'è Carlos Alcaraz. Lo spagnolo si prepara a disputare per la prima volta gli Internazionali BNL d'Italia in un'edizione senza Rafa Nadal. Il murciano è il suo vero erede, non per tipo di gioco ma per il modo di vivere il suo essere campione

di | 08 maggio 2023

I tornelli del Foro Italico entrano in funzione, il rumore del bip degli scanner è inconfondibile, il miracolo dell’organizzazione si ripete ogni anno, i raccattapalle, le giovani maschere agli ingressi dei campi, i manutentori dei campi, incordatori, palleggiatori, quelli degli stand, dei ristoranti, dell’organizzazione,  sparsi in qua e in là in questo luogo che è tra i più belli che al tennis sia capitato in sorte di avere come palcoscenico. 

Ciascuna di queste comparse produce il grande evento degli Internazionali BNL d’Italia. Un rito che si ripete e che sempre si rinnova. Quest’anno, edizione numero 80, c’è però quella sensazione di stordimento che prende quando un grande amore finisce - né bene né male ma finisce - e intorno a te vedi scorrere il nuovo. Che non è mai vuoto né la copia del prima. È altro. È diverso.

Si muovono i primi passi nel site, si scoprono con gusto i due nuovi campi bomboniera sulla destra, lato piscine, il ponte di ferro dove - è sicuro - il pubblico farà la posta per salutare i giocatori, il tabellone a 96, fino 48 partite in un giorno. Ubriachi per il “pieno”. E storditi per i “vuoti”.

Perché se fino al 2019 i quattro da battere erano solo e soltanto Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic e Andy Murray, oggi - alla vigilia dell’avvio del tabellone principale del Foro Italico - l’unico dei quattro supereroi ancora in grado di dire la propria è il serbo, che pure appare acciaccato assai. Lo svizzero è uscito di scena pochi mesi fa, il maiorchino è rotto e fatica a rimettere assieme i pezzi logorati, lo scozzese suscita ammirazione nello strenuo tentativo di tornare competitivo nonostante le anche bioniche.  Al declino che il tempo s’impegna di suo a determinare a spese di chiunque, s’è aggiunta stavolta la pandemia.

 

Eppure “show must go on”, e il tennis scova sempre nuovi motivi per chiamare a raccolta appassionati. Carlito Alcaraz, vent’anni compiuti venerdì, virtuale numero 1 ATP (gli basterà vincere una partita a Roma per superare Djokovic, anche se il serbo dovesse nei prossimi giorni difendere i 1000 punti conquistati qui l’anno scorso), sta accumulando risultati ed exploit con pochissimi precedenti: uno slam, quattro Masters 1000, altri otto tra 500 e 250, la palma di più giovane capoclassifica mondiale da quando il calcolo si fa con le regole attuali. 

Alcaraz, che ha vinto domenica a Madrid, rappresenta la sublimazione dell’impegno che caratterizzava il suo coach, Juan Carlos Ferrero: uno che, pur senza le qualità naturali del giovane allievo, mise in fila tutti i colleghi per un trimestre nel 2003. Come lui, Carlito non si risparmia, migliora costantemente il proprio tennis, ha una cura meticolosa del fisico, lavora sulla parte mentale per non farsi soverchiare dalle infinite situazioni critiche che si presentano nel singolo match e nel corso del torneo. Una “macchina” quasi perfetta a un’età che di solito vede i giocatori più promettenti farsi le ossa nei Challenger e nei Futures.

Madrid: Carlos Alcaraz spegne il sogno di Struff

Inoltre il murciano è un ragazzo corretto in campo e affabile nei rapporti con i media e il pubblico, come Nadal (che però per anni fu afflitto dalla timidezza e limitato dalla idiosincrasia per l’inglese): a parte il taglio dei capelli, un esempio per tutti, più giovani e più anziani.

Ma se Alcaraz vale di sicuro uno dei quattro Fab Four (scegliete voi quale), gli altri tre della sua generazione chi potrebbero essere? Il più accreditato è il danese Holger Vitus Nodskov Rune, di sei giorni più giovane dello spagnolo, con un curriculum che comprende al momento il Masters 1000 di Bercy, tre 250 e un best ranking ATP a quota 7. Ci aspira giustamente Jannik Sinner, classe 2001, numero 8, sette titoli  tra 250 e 500 e due finali 1000 perse, che ha avuto tempi di maturazione più lenti di Carlito e Holger ma dispone di margini di affinamento del gioco più ampi.

Al ruolo di Murray tra i nati dopo il 2000 il più accreditato aspirante è Lorenzo Musetti (ATP 19), che però deve trovare la continuità che finora gli è mancata. Ti manca Federer? “Si certo, ma Musetti…”. E Rafa, “beh, dai, c’è Carlos…”. E via di questo passo con manie, innamoramenti, infatuazioni, imitazioni. 

Non è ancora amore e nessuno di loro è personaggio, capelli colorati, codini e mise improbabili. Ma sono tutti potenziali eroi per un giorno.

Si cammina nel Viale delle Olimpiadi sui nomi dei grandi campioni immortalati nelle formelle che segnano il percorso. Consapevoli che quella dei Fab Four è stata l’età dell’oro. E, come tale, ripetibile sono in determinate e rare congiunzioni astrali.

Forse a darci brividi e piaceri basterà una rivalità a due: Alcaraz-Rune? Alcaraz-Sinner? Oppure sarà qualcuno dei “vecchi” del 1996, 1997 o 1998 - Medvedev, Zverev, Tsitsipas? - a prendere il proprio destino in mano e proporsi come protagonista assoluto. Pensateci bene: in fondo Alcaraz ha la stessa passione di Nadal; Sinner la determinazione di Djokovic; Musetti il rovescio di Roger. Rune divide, Ruud è generoso. Ciascuno è un eroe del suo tempo. Gli IBI daranno le indicazioni utili a comporre il puzzle. Che lo show abbia inizio. 

 

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