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Sono sempre di più i giovani italiani che scelgono la strada del college, per continuare a studiare senza abbandonare il tennis di alto livello. Manuel Bernard, Pietro Fellin e Giulia Pairone raccontano il primo impatto con la cultura degli States, dove è tutto oversize. Compresi sogni e possibilità.
27 settembre 2020
Prefazione
Parte oggi una serie di articoli nella quale andremo a vedere come i tennisti italiani hanno vissuto la loro esperienza giocando a tennis e studiando in un college americano. Lo faremo passo dopo passo, partendo dal viaggio, la cultura, le prime partite, la mentalità di un giocatore di college e molto altro. In Italia questa avventura non è ancora così conosciuta come in altri paesi europei limitrofi, ed è senz’altro una valida strada da tenere in considerazione per tutti i ragazzi/e che, una volta raggiunta una buona classifica italiana, vogliono continuare gli studi senza trovarsi costretti ad abbandonare la loro passione.
Molti tennisti agonisti e semi professionisti arrivano ad un certo punto della loro carriera nel quale hanno bisogno di nuovi stimoli, nuove avventure e nuove prospettive. Si guardano intorno per trovare soluzioni nuove, e una di queste può essere la scelta di giocare per un college americano e vivere il proprio “American Dream”.
Ma veramente in America ci si trova come nei film? Ebbene sì! È così. Abbiamo intervistato vari tennisti italiani che hanno giocato o giocano tutt’ora negli Stati Uniti, per scoprire come hanno vissuto il loro primo viaggio e primo impatto con la cultura e la mentalità USA, che può cambiare da zona a zona del territorio degli States.
Uno dei student-athlete (così vengono chiamati gli sportivi che praticano uno sport in un’università americana) che ha fatto questa esperienza è stato Manuel Bernard (giocatore per la Troy University, Alabama). “Prima di partire per il College – racconta – non avevo mai superato il confine Europeo, ma l’idea non mi spaventava. Sono partito senza paure, convinto di ciò che sarei andato a fare".
"La mia università si trova in Alabama, nel sud-est degli Stati Uniti. L’aeroporto più grande più vicino è ad Atlanta, quindi per arrivare al college devo fare tre ore di macchina o bus. Ho deciso di prendere il bus, non sapendo che ci avrei impiegato il doppio del tempo. Ma arrivato al college mi sono trovato in un posto incredibile, da film, con un immenso stadio di football all’interno del campus”.
“La cosa che più mi ha sorpreso è la mania della grandezza. Tutto quello che possiamo immaginare in Italia va moltiplicato per cento. Dalle macchine al cibo: le confezioni qui sono grandi il doppio".
La cosa che più mi ha sorpreso è la mania della grandezza. Tutto quello che possiamo immaginare in Italia va moltiplicato per cento
"Vivendo nel sud degli Stati Uniti, un’altra cosa che mi ha colpito positivamente è la cultura delle persone o cosiddetta “Southern Culture”. A Troy mi sono sentito subito a casa. Ogni persona che si incontra nel campus ti saluta o ti scambia un sorriso. Dopo un match o in una giornata di festa, le persone del posto invitano la squadra a mangiare a casa loro, come se fosse una cosa normale. Lo fanno perché è parte della loro cultura”.
“Un altro fattore che mi ha sorpreso è la musica. Mi aspettavo di ascoltare la classica musica americana che si ascolta in radio. Tuttavia, la maggior parte delle persone ascoltano la musica country: molto orecchiabile”. Come si può intuire l’impatto per Manuel Bernard è stato molto significativo e sorprendente. Vivere un’altra cultura e vedere nuovi modi di vivere sono un fattore molto importante nella crescita di Manuel, non solo nel campo da tennis ma anche nella vita di tutti i giorni.
Un altro giocatore che ha intrapreso la strada del college è stato Pietro Fellin (giocatore per la Pepperdine University, in California). Essendo stato in America più volte prima di andare al college, per lui a livello di cultura non è stata una grandissima sorpresa. “La cosa che mi ha stupito di più – spiega – è la grandezza di qualsiasi cosa. I palazzi sono enormi, talvolta esagerati. In qualsiasi attività che si fa si nota la tendenza all’esagerare. Per esempio in una partita di basket tra college il palcoscenico che sia crea prima e dopo la partita è incredibile. Tra cheerleaders, banda musicale, interviste e pubblicità televisive, si crea un’atmosfera esagerata ma allo stesso tempo emozionante”.
Successivamente Pietro racconta un particolare dei supermercati e dello shopping. “Ogni volta che vado a fare la spesa o shopping nei centri commerciali i prezzi mi sembrano bassissimi. In realtà, quando arrivo alla cassa bisogna sempre aggiungerci le tasse e il prezzo si alza in modo significativo. La California? È business oriented: molto proiettata sulla cultura di fare business.
Un’altra tennista student-athlete è Giulia Pairone (University of Arkansas, University of Michigan e Florida State University). “Il primo impatto con la cultura americana – spiega la piemontese – è stato molto positivo, e cambiando tre università ho avuto modo di vedere e vivere culture differenti. La mia prima esperienza è stata nella University of Arkansas: subito mi è saltata all’occhio l’importanza della religione: per gli americani è molto importante. Non me lo aspettavo affatto. Si trovano moltissime chiese nelle città e addirittura nel campus”.
Giulia, come Manuel, sottolinea quanto le persone siano molto ospitali e gentili. Ma non ovunque. “Molto diverso è stato quando mi sono trasferita alla University of Michigan, nord degli Stati Uniti. La religione non è così presente come al sud e le persone le ho trovate un po’ più distaccate”.
Tutti i tennisti intervistati hanno in comune la passione con cui raccontano le loro avventure. La mentalità e il modo di vivere è diverso in base alla zona, ma nessuno di loro ha vissuto esperienze negative. Tutti, comunque vada la loro carriera, porteranno nel loro bagaglio culturale un nuovo modo di vivere, una lingua nuova e soprattutto un’esperienza di vita.