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Far giocar male l'avversario, non cercare sempre il vincente, concentrarsi sulla seconda di servizio: ecco che cosa insegna a tutti l'estate trionfale di Nole. Spiegata direttamente dall'esperto di numeri del suo staff
di Craig O’Shannessy | foto Getty Images | 06 aprile 2019
La prima volta che ho scritto di questo aspetto era il luglio 2015. Le prime frasi dicevano così... Quando assistiamo a un match di Djokovic, rimaniamo decisamente colpiti dalla sua irrisoria elasticità, dalla forza del suo rovescio, dalla profondità delle risposte e da un servizio che non tradisce nei momenti importanti.
Guardando Nole, vediamo il prototipo del tennista moderno. Lui è il migliore, e lo è stato per un bel po' di tempo. Ma per apprezzare Novak in modo completo il miglior punto d'osservazione non è la sezione di campo dove si trova lui, ma l'altra. Lì si può notare come il suo avversario faccia tremendamente fatica a cercare di esprimere il proprio miglior tennis. Djokovic riesce soprattutto a far giocare male i suoi avversari.
Tutto questo è accaduto anche nelle due settimane degli US Open 2018. I nostri occhi restano inesorabilmente attratti dal suo tennis straordinario, ma la prossima volta che avremo la possibilità di vedere Nole in azione, diamo un attimo un'occhiata a quello che accade dall'altra parte della rete, osserviamo il suo avversario e facciamo attenzione a quanto poco si diverta negli scambi da fondocampo e quanto, invece, cerchi di superare i limiti del proprio gioco per portare a casa il punto. Nella finale contro Del Potro, ad esempio, Nole ha conquistato 111 punti e 53 di questi sono giunti da errori di Juan Martin col diritto che è il colpo più forte dell'argentino.
Tutti, a cominciare dagli addetti ai lavori, amano dare ai vari giocatori delle 'definizioni' che meglio si adattano ai loro rispettivi stili di gioco. Ad esempio, Pat Rafter è un esponente del serve & volley, Roger Federer un giocatore a tutto-campo, David Ferrer un ribattitore, Juan Martin Del Potro un picchiatore da fondocampo.... E Djokovic? La maggior parte delle 'definizioni' che ho sentito è quella di giocatore aggressivo da fondocampo.
Consideriamo queste due statistiche. Nei tre set della finale a New York contro Del Potro, Novak si è spinto a rete 37 volte (Delpo 17). Nella stessa finale contro l'argentino i vincenti di Nole si sono divisi in questo modo: 13 diritti, 3 rovesci, 14 colpi di volo (di cui 7 smash), 2 attacchi e 2 palle corte. Da ciò si deduce che Djokovic non può che essere definito un giocatore a tutto-campo: sembra davvero che non veda l'ora di avere una palla più corta per venire avanti. La padronanza di entrambe le parti del campo si traduce comunque in un maggior numero di vincenti ottenuti a rete. Nel corso degli US Open 2018 Nole è sceso a rete 159 volte, incamerando 106 punti, il 67%. Le 'definizioni' sono proprio fondamentali.
Durante una partita premere il grilletto in maniera costante, cioè puntare al vincente, non è semplice. Consideriamo, ad esempio, la netta ripartizione fra errori e vincenti durante gli Us Open 2018: di tutti i giocatori i vincenti si attestano al 35.2% (6.307/17.910), gli errori raggiungono il 64.8% (11.603/17.910).
(testo tradotto da Fabio Bagatella)
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