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Il malato Rublev, disperato, punta sulla svolta dopo una lunga chiacchierata con lo psicologo… Safin!

Lo staff spagnolo di Andrey in crisi combina un incontro fra i due moscoviti dal carattere elettrico e dai famosi su e giù per rivitalizzare “toro scatenato”

di | 25 luglio 2024

Andrey Rublev e Marat Safin (foto Twitter)

Andrey Rublev e Marat Safin (foto Twitter)

Quando non sai più come aiutare una persona cara ad uscire dal buio tunnel della mente, dopo averle provate tutte delle buone alle cattive, dalla vacanza alla leggerezza, la fai incontrare casualmente con un saggio, un idolo, un entità super partes, fuori anche dal giro tradizionale perché sprigioni una scintilla lì dove il fuoco sembra proprio spento. E’ il caso del clan di Andrey Rublev che in Spagna ha allevato anche i fratelli Safin, Marat e Dinara, tutti e due saliti al numero 1 della classifica mondiale, lui conquistando anche due Slam e due coppe Davis, lei con tre finali Majors e una Fed Cup.

Marat, bello e scanzonato, talento naturale di tecnica e di fisico, è rimasto un’entità quasi divina del tennis non solo russo ma mondiale. E’ lui l’ultima speranza di risollevare il simpatico “toro scatenato” Rublev dalla crisi nella quale è sprofondato. E, come primo risultato, dopo il “tete a tete” con l’altro simpatico ragazzo di Mosca, dopo 4 ko  consecutivi d’acchito sull’ATP Tour, c’è stato il successo di Umago con l’argentino Ugo Carabelli con un 6-4 7-5 più complicato del normale, ma magari fondamentale per uno dei grandi malati del tennis, bloccato ad appena 26 anni nel limbo degli incompiuti.

Un giovane Andrey Rublev con il suo idolo Marat Safin (foto Twutter Andrey Rublev)

SOCIAL
“Dopo Wimbledon ho messo insieme la mia testa perché il problema non è il tennis, ma schiarirmi le idee e focalizzarmi mentalmente”, ha confessato alla giornalista del suo paese Sofya Tartakova: “Può sembrare divertente, ma lo devo a Marat… Siamo venuti in contatto in qualche modo, ci è venuto a trovare a Barcellona abbiamo fatto una lunga chiacchierata e mi ha aiutato molto. Gli devo un bel grazie”.

Dopo tante porte sbattute in faccia nei tornei più importanti, Rublev ha subito particolarmente la sconfitta di Wimbledon con Francisco Comesana e i suoi coach, Fernando Vicente ed Alberto Martin, amici di lunga data di Safin, non sapendo più come scuoterlo, hanno combinato un incontro a Valencia con Marat.

Che cosa si siano detti i due è top secret, di certo Rublev non è entrato nel dettaglio, anche se ha confessato: “Sono tornato fiducioso che le mie difficoltà nel tennis le vedrò presto nello specchietto retrovisore. Ora, grazie a Dio, tutto è in ordine, speriamo che presto ci sia una svolta, ho fiducia che tutto andrà a posto”.

INCROCI
Il papà di Safin, Mikhail, era il direttore del tennis club dello Spartak dove la mamma di Rubkev, Marina Marenko, è stata a lungo allenatrice e sia Marat che Andrey hanno lasciato presto la Russia per trovare condizione ambientali migliori per l’allenamento, sposando proprio Barcellona.

Entrambe  sono conosciuti come personaggi simpatici, esuberanti, intelligenti ma anche come teste calde, con Safin che si è guadagnata l’etichetta di “dotato ma volubile” dopo molti momenti di brillantezza e crolli epici, trovando alla fine il modo per canalizzare in qualche risultato concreto di alto livello le sue forti emozioni e le grandi potenzialità. Lo stesso processo che Rublev sta tentando invano da anni, ricavandone solo frustrazione.

ANNATACCIA
Dopo aver vinto il “250” di Hong Kong nella prima settimana dell’anno, Andrey si aspettava molto dagli Australian Open, dopo il bel successo degli ottavi contro De Minaur, invece s’è bloccato subito dopo contro Jannik Sinner. E poi, al culmine di una delle sue famose sfuriate di nervi, nelle semifinali di  Dubai contro Bublik, ha colpito con una palettata una giudice di linea ed è stato espulso dal campo, senza più riuscire a riprendersi.

Ha rimediato tre ko di fila fra Miami, Montecarlo e Barcellona. S’è magicamente ripreso a Madrid conquistando il titolo, eliminando strada facendo anche Alcaraz, ma sia a Roma che al Roland Garros non si è confermato, cedendo con rabbia a Muller ed Arnaldi, ed accusando un altro filotto di eliminazioni d’acchito ad Halle, Wimbledon e Baastad, prima di rialzare la testa ad Umago dov’è la testa di serie numero 1.

SPERANZA
Il numero 9 del mondo, libero da impegni olimpici, può in realtà concentrarsi al meglio sugli ultimi appuntamenti sul rosso e sull’estate sul cemento americano, sapendo che non ha punti da difendere fino agli US Open, dove 12 mesi arrivò ai quarti e si arrese per l’ennesima volta e troppo nettamente all’amico Medvedev. Chissà che Umago, dove 7 anni fa Andrey si aggiudicò il primo dei 16 titoli ATP non risvegli il picchiatore di Mosca, battuto quest’anno ben 12 volte da avversari inferiori in classifica.

Perché? Gli ha domandato la giornalista russa in tv e lui si è sfogato: “Per le stesse ragioni del solito. Nei primi match ho commesso autentici suicidi Finalmente a Baastad, mi sono ripreso, ma è difficile quando perdi al primo turno tanto spesso. Non hai fiducia, giochi un match, ti alleni due settimane, aspetti quella dopo, perdi ancora e ricomincia la grafica, non sono abituato, in genere non hai tempo per allenarti, passi subito di torneo in torneo, così cambi il tuo ritmo. Poi trovi qualcuno che devi battere considerando la classifica, cominci a giocare forte, ma lui non ha niente da perdere, fa solo esperienza e si carica nel modo giusto. Mentre tu ti appesantisci sempre più di tensione e giochi sempre più con attenzione per paura di sbagliare: non giochi per giocare, giochi per non perdere e questo è un percorso che non ti porta da nessuna parte”.

Speriamo per lui che il sistema-Safin funzioni.

Marat Safin e Andrey Rublev (foto Twitter)

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