Chiudi
Dopo tre anni "King Roger" è tornato a giocare sulla terra, la superficie sulla quale ha raccolto meno (sempre in termini relativi...). Il primo test contro un Gasquet al rientro dopo un lungo stop per infortunio ha detto poco. Si vedrà...
di Vincenzo Martucci | 08 maggio 2019
Come se la cava Roger Federer sulla terra rossa? La domanda rimbalzava nel tennis da un po’, dagli Australian Open di gennaio, quando il Magnifico aveva annunciato che quest’anno sarebbe tornato a giocare sulla superficie dopo tre anni di volontario esilio. Era assente dai campi per lui meno vincenti addirittura dal terzo turno del 12 maggio 2016 al Masters 1000 di Roma. Quando, dopo aver superato Sasha Zverev, aveva perso con Dominic Thiem per 76 64. Subito dopo, aveva rinunciato al Roland Garros adducendo problemi alla schiena. E ha continuato a marcar visita a Porte d’Auteuil, rimandando l’appuntamento fino a questo 2019, esattamente un decennio dopo il magico 2009, quando aveva approfittato del ko in corsa della bestia nera, Rafa Nadal, per aggiudicarsi il primo e unico trionfo sulla terra di Parigi. Perché, quando vede rosso, il primatista record di 20 Slam, vede servizio meno determinante, rimbalzi impropri, scambi lunghi, più fatica, sfida doppia. Perciò, per facilitarsi la vita, ha dribblato Montecarlo, Estoril e Barcellona, presentandosi a Madrid, in altura, dove le cose vanno più veloci e s’è imposto su tutte le superfici del torneo, nel 2006, 2009 e 2012, su cemento, terra battuta classica e terra blu.
Come bonus, all’esordio, ha avuto in sorte l’avversario ideale, Richard Gasquet. Ben noto a Roger per questioni di età (37 anni contro 32), di scontri diretti, 19, dominati spesso e volentieri dallo svizzero (17-2), anche se i due unici successi del francese dal braccio d’oro e dal rovescio a una mano, al bacio, erano arrivati tutt’e due proprio sulla terra rossa: a Montecarlo nel 2005 e a Roma nel 2011. Ben noto, soprattutto perché il fioretto di Gasquet non fa male alla spada di Federer, figurarsi se è fermo da novembre, dopo l’operazione di gennaio di ernia inguinale. Ed è ancora convalescente. Tanto che non ha fatto scatti secchi, ha giocato quasi da fermo, da maestro di tennis, ed è rimasto irrimediabilmente di sasso troppo spesso davanti alle magiche accelerazioni di RogerExpress, svuotando la sfida di autentici significati, arrivando appena una volta ai vantaggi sul servizio avversario e mai alla palla-break.