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Oggi si contano sulle dita di una mano i giocatori che ‘battono e scendono’ sistematicamente. Ma ci fu un tempo in cui era la norma: da Tony Roche a Pat Cash, da John McEnroe a Stefan Edberg, passando per Sampras, Rafter e (in parte) Federer. Come funzionava (e perchè non funziona più) questo stile leggendario
di Marco Mazzoni | 19 giugno 2019
“I grandi giocatori di rete si valutano dalla “prima volée”, così sentenziavano gli esperti della disciplina. La “prima” volée… a pensarci oggi fa sorridere! Quando lo stile di gioco era ancora in auge, attaccare la rete in modo sistematico presupponeva una corsa in avanti che portava il tennista ad eseguire la prima volata poco dentro la riga del servizio.
Quasi impossibile chiudere il punto da quella posizione, a meno di una magia di tocco o di un angolo improvvidamente lasciato libero dal rivale. Ecco che il tennista serve & volley, nella sua corsa verso la rete, eccelleva nel toccare al volo la palla con precisione, piazzando una volée sì interlocutoria ma tatticamente ideale a proporre una palla difficile da rigiocare per il rivale. Si cercava di stuzzicare il colpo più debole dell'avversario, oppure lo si costringeva a tirare un passante ad alto rischio, in corsa/fuori equilibrio.
Negli Anni ’90 Pat Rafter, Australia, fu uno degli ultimi campioni a eseguire approcci a rete perfetti
Meglio ancora un sapiente mix delle varie esecuzioni, per essere imprevedibili e non dare ritmo al ribattitore. Kevin Curren, finalista a Wimbledon 1985, era un maestro nel governare i tagli, con servizi non così potenti ma estremamente vari e precisi, ad esaltare il suo classico serve and volley.
Pete Sampras a Wimbledon, quando non cercava l'Ace, era bravissimo ad aprirsi il campo neutralizzando i migliori ribattitori della sua era
Stefan Edberg era uno dei migliori esponenti del gioco di volo e della sua interpretazione tecnico-tattica