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Campioni internazionali

"Shapo" travolge Felix: la cura Youzhny funziona

Ancora una volta sul cemento newyorkese Denis supera l'amico Auger-Aliassime. Dodici mesi fa la sfida finì a metà del terzo set per un attacco di tachicardia di Felix, al suo primo match nel main draw di uno Slam. Stavolta il successo di Shapovalov nell'atteso derby canadese è stato netto, che sia merito anche del nuovo coach?

di | 28 agosto 2019

Us Open 2019

Come spesso succede nei duelli più attesi e ricchi di significati, la realtà non è all’altezza dell’attesa, o forse subisce totalmente il sopravvento proprio da parte degli altri significati della vicenda puramente agonistica. E così Shapovalov-Auger Auger Aliassime si chiude con un 6-1 6-1 6-4 senza tante discussioni, molto, ma molto più sbrigativamente e semplicemente di quanto promettessero le aspettative di uno dei primi turni più intriganti degli Us Open. Perché quella fra Denis e Felix non è solo una partita di tennis di grande qualità tecnica, fisica e spettacolare. Non è soltanto un derby, è molto, molto, di più.

Felix & Denis, pur così diversi nell’aspetto e nello stile, uno bruno e magro magro, l’altro biondo e mancino col rovescio a una mano, uno emulo di Djokovic nell’asfissiante pressione da fondocampo, l’altro assolutamente imprevedibile con anche troppe fiammate inattese, sono amici, sono cresciuti assieme, sono vicini d’età, sono un misto di culture e di esperienze di immigrati in Canada, sono compagni di doppio (sin da quando si aggiudicarono in coppia gli Us Open under 18 del 2015 e ora in nazionale di Davis), sono candidati al ruolo di protagonisti di punta del tennis post-Tre Tenori, Federer-Nadal-Djokovic. E ancora di più: sono rivali, orgogliosi e carichi di aspettative, in crescita come tennisti e come uomini, dopo il primo impatto col tennis professionistico. E ancora di più: si ritrovano davanti allo specchio esattamente un anno dopo, ancora a New York, con in mente il fortissimo ricordo di quanto successe quel 28 agosto 2018.
Allora, da pronostico, il numero 28 del mondo, il 19enne Shapovalov superò il 117, il 18enne Auger-Aliassime, che, al suo primo match in un tabellone Slam, era stato costretto, prima, a transitare dalle qualificazioni e fu costretto, poi, a ritirarsi, quand’era sotto 7-5 5-7 3-1, colpito dalla tachicardia cronica che l’aveva bloccato nel primo set, quand’era avanti 5-3 e si era fatto rimontare e l’aveva costretto a gettare la spugna due anni prima, in un torneo in Guadalupa. L’immagine di Denis che chiede preoccupato informazioni all’amico-nemico al di là del net già all’inizio del terzo set, e poi lo abbraccia e lo conforta a rete è ancora viva, come le sue toccanti parole: “Gli ho detto che ci ritroveremo, in campo, e sarà in più finali. Gli ho detto che questo è stato solo un match”. Amici veri, che, nel 2016, si sono spariti anche uno Slam junior: Wimbledon Shapovalov, gli Us Open Aliassime.

Chissà quante altre volte si sono affrontati, quei due. E, come dice “Shapo”: “Ci incontreremo sul campo per il resto della vita”. Anche se, ufficialmente, da pro, è successo nelle qualificazioni sul cemento del Challenger di Drummondiville 2017, in Canada, quando vinse Denis 75 63, un anno fa agli Us Open, col match concluso per ritiro di Felix e poi quest’anno a maggio, sulla terra del Masters 1000 di Madrid, quando invece è stato “FA2” o “Ogr”, come lo chiamano gli amici, a imporsi per 62 76. Chissà quante volte si sono confrontati, in campo, come fuori, nel loro mix di culture: Denis nato in Israele d genitori russi, mamma ebrea e padre cristiano ortodosso, e cresciuto in Ontario d quando aveva un anno, Felix, nato a Montreal, cresciuto nei sobborghi di Quebec City, la terra di mamma, con papà originario del Togo. Chissà quante volte si sono allenati assieme e quanto bene si conoscono e possono anticipare le loro mosse.

Di sicuro, in questo loro rincorrersi anche come risultati, in una continua alternanza che li vede in forma ora l’uno ora l’altro, ma mai davvero insieme, fino a ieri l’altro era favorito Aliassime. Che, sulla scia del successo numero 31 in 37 match, e delle tre finali, a Rio, Lione e Stoccarda, ha appena infranto la barriera dei “top 20” . Ma, al torneo di Winston-Salem della settimana scorsa, quel puledro di Shapovalov che proprio non sopporta le briglie, ha trovato - forse - il coach giusto nell’ex top ten russo, Mikhail Youzhny, e ha cominciato a giocare con più raziocinio, battendo anche un giocatore “caldo” come Rublev ed arrivando in semifinale, dove s’è arreso allo scatenato Hurkacz.

Così, ha preso nel modo migliore questa rivincita di New York contro Felix: “Quand’ho visto il sorteggio, gli ho mandato un sms, ci conosciamo da sempre, e questo ci aiuta, e mi ha fatto vedere in positivo questo primo impatto nel torneo, dove arrivo da numero 33 del mondo e rischiavo di dover affrontare subito uno dei primissimi”. I tre set zero con cui supera l’amico sono il frutto di un processo che finalmente sembra giusto, nell’affermare un talento unico, completamente diverso da quello degli Zverev e dei Tsitsipas - in evidente crisi di crescita -, come anche degli altri potenti Next Gen russi, da Kachanov a Medvedev a Rublev.

Shapo aveva ringraziato subito la nuova guida: “Nelle ultime 3-4 settimane ho giocato sempre meglio, 'Mischa' mi ha dato un po’ di dritte sia sotto il profilo della concentrazione che del gioco, proprio per farmi esprime al meglio, e i suoi suggerimenti mi hanno molto aiutato”. E ora si auto-applaude: “Sia mentalmente e che tennisticamente, penso di essere stato praticamente perfetto. Sono rimasto concentrate e ho eseguito tutto abbastanza bene”. Forte dei 28 vincenti contro 9, capace di strappare il servizio all’amico-nemico sei volte su dieci, attaccandogli sistematicamente la seconda si servizio e costringendolo ad incamerare appena il 27% di punti. E guarda sereno al secondo turno contro Laaksonen, che ha domato a fatica Cecchinato, sulla strada di un terzo turno ancora possibile contro il vincente di Monfils-Copil. Mentre Aliassime si lecca le ferite, peggio di un anno fa: “Mi ha travolto con un ottimo tennis, all’inizio ero nervoso, poi mi sono calmato, ma non sono riuscito a trovare una soluzione”. Con quel potenziale tecnico-fisico, già numero 21 del mondo, a 19 anni appena, può guardare comunque sereno al domani.
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