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L’italiano Stefano De Pirro è il fisioterapista personale di Denis Shapovalov, con cui viaggia regolarmente anche durante i tornei. “Ho cominciato al Futures di Viterbo e sono arrivato a Wimbledon”. Ha lavorato anche con Cibulkova e Thiem. “Ricordo quella sera che Federer…”
di Marco Mazzoni | 15 dicembre 2019
"Se fossi restato a Vienna in accademia avrei avuto un lavoro stabile, ma non sarei potuto crescere e nemmeno avrei viaggiato come sognavo. Pensai che era un'occasione da cogliere al volo: trovai un accordo per iniziare un percorso col ‘team Shapo’, un viaggio che continua tutt'ora”.
Sei sempre al suo fianco, durante gli allenamenti e i tornei. Un lavoro impegnativo che richiede un ottimo feeling
“Sì, sono probabilmente la persona con cui Denis passa più tempo in assoluto, e lavorando insieme full time se non ci fosse chimica e non avessimo gli stessi obiettivi il rapporto non potrebbe funzionare. Cosa ci accomuna? Abbiamo un carattere simile, ci capiamo al volo e ci piace il modo in cui spendiamo il tempo insieme, sia in campo o in palestra che nei momenti di relax. Durante i trattamenti lui è sul lettino, e mentre io lavoro guardiamo le serie tv. Condividiamo questa passione insieme a quella dei videogame, creare video e foto per i social, uscire la sera come buoni amici senza parlare di tennis. Denis è una persona con cui mi piacerebbe condividere esperienze anche se non fosse il mio datore di lavoro”.
Il ruolo del fisioterapista è diventato cruciale.
“Non superiore a quello del coach, ma molto importante sì. Il calendario è impegnativo, il tennis sempre più intenso e stressante per il fisico e le carriere stanno diventando mediamente più lunghe. Per questo molti tennisti inseriscono nel loro team un ‘fisio’ full time per lavorare e prevenire infortuni e dolori”.
Come sta cambiando il tennis?
“I giocatori sono sempre più resistenti e più continui nella prestazione. Non è una questione di velocità pura: per esempio col servizio non arrivano tutti a 240 km/h, come qualcuno ipotizzava in passato, ma servono a oltre 210 km/h anche al quinto set, e soprattutto corrono a fine match quasi come all'inizio”.
"Mi mancano delle routine costanti in uno stesso luogo, ma dall'altro lato più viaggi e più rivaluti i momenti passati a casa. Mi considero un privilegiato”.
Torneo preferito?
“Australian Open, non a caso lo chiamano ‘Happy Slam’. L'unico difetto è che richiede la trasferta più lunga…”.