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Della carriera gli mancano solo la tensione agonistica e il senso della sfida, adesso El Rey si dedica al rally e gioca a Padel perché “è divertente e non si corre molto”. Il tennis? “Dicevo che era come stare in una bolla, adesso riprendo aria”
di Marco Mazzoni | 13 marzo 2020
L'argentino David Nalbandian è stato uno dei talenti più cristallini della generazione che ha prodotto Federer, Hewitt, Roddick e Safin. Di lui si sono un po' perse le tracce, visto che dopo il ritiro ha abbandonato completamente il mondo della racchetta, dedicandosi a varie attività perlopiù in patria. Tuttavia è rimasto assai vivo negli appassionati il ricordo del suo tennis, una classe che nelle giornate migliori gli consentiva di disegnare il campo con accelerazioni fulminanti, soprattutto col rovescio bimane, un colpo di valore assoluto.
FLASHBACK: LA CARRIERA DI DAVID NALBANDIAN IN 10 FOTO
Adesso El Rey David (questo uno dei suoi soprannomi in patria) ha concesso una lunga intervista al quotidiano argentino Libero nel corso di un'esibizione di Padel disputata nel bellissimo Parco Nazionale delle cascate di Iguazù, dove ha ritrovato l'ex collega e connazionale José Acasuso e Miguel Lamperti, leggenda del padel argentino. Nalbandian ha raccontato il suo quotidiano, la passione per i rally e il distacco dal tennis, un mondo che segue da lontano e che non gli manca poi così tanto. Quello che rimpiange invece è la tensione agonistica e il senso della sfida che viveva in Davis e nei grandi appuntamenti.
Parlando di adrenalina, David spiega che “Non è possibile sostituire l'adrenalina che si prova in torneo. La pressione e la responsabilità che si sente quando si gioca è enorme, rappresenti il tuo paese, gareggi e ti alleni tutti i giorni, è un vero e proprio lavoro. Quando ti ritiri abbassi i decibel e inizi un altro tipo di vita, un'altra storia. Corro i rally e così riesco a rimpiazzare un po' dell'adrenalina dei tornei, ma siamo a livello amatoriale, sono due cose diverse".
"Il motivo principale del mio ritiro? Non fu la stanchezza mentale, è stato per colpa dell'infortunio alla spalla. I rally furono la prima cosa che ho fatto una volta appesa la racchetta al chiodo. Ho pure ricominciato a giocare a calcio con gli amici, insieme ad altri sport, mi piace essere attivo".
"Il rally mi affascina perché c'è un mezzo che devi conoscere e mettere a punto, non si finisce mai di imparare, e durante le corse sento moltissima tensione e adrenalina”.
Le corse in auto incarnano alla perfezione il suo carattere ruvido, irascibile ma sincero, che nel corso della carriera tennistica non gli ha permesso di instaurare molte amicizie coi colleghi.
Dichiarò qualche anno fa: “Amici nel tour? Inutile esser ipocriti, quasi non ne ho, eccetto pochi connazionali con cui viaggio e mi alleno. C'è grande competizione e gelosia, è quasi impossibile stringere amicizie. Gli amici veri sono a Unquillo, quelli d'infanzia”.
Lo straordinario rovescio di David Nalbandian
Nalbandian si è soffermato anche sul tennis di oggi, diverso rispetto a quello che ha lasciato sette anni fa:
“Non ho viaggiato molto dopo il ritiro, guardo il tennis da casa. Trovo che i giovani oggi giocano un tennis con molta più potenza ma meno tattica, e soprattutto con molta meno testa. È proprio in questo che sta la differenza con i più grandi. L'attuale nuova generazione sembra stia crescendo un po' meglio rispetto alla precedente per poter vincere contro i migliori, ma li vedo ancora un attimo indietro”.
David non nasconde l'ammirazione per i tre super campioni del tennis attuale, Djokovic Federer e Nadal:
“Sono unici, nessuno nella storia del tennis è rimasto così tanto al vertice. È incredibile la loro costanza, solo uno che ha vissuto lì dentro conosce il sacrificio che questo richiede. Va detto che hanno subito pochi infortuni, Nadal qualcuno in più ma è ancora lì nonostante un calendario molto concentrato. L'aspetto più lodevole è l'enorme motivazione e la voglia che hanno di restare in vetta, nonostante moltissimi anni di carriera e vittorie”.