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Il tennis italiano del nuovo Rinascimento è un “work in progress” che va elogiato per aver siglato il record di 10 giocatori nel tabellone principale degli Us Open, che migliora il precedente record di 8 degli ultimi due anni e richiama il bum del 1992 coi magnifici 7 di quell’annata da ricordare
di Vincenzo Martucci | 01 settembre 2020
Si fa presto a dire cemento, ma se sei nato tennisticamente sulla terra rossa la storia è diversa molto diversa. Lo sanno bene i giocatori italiani che, tendenzialmente, almeno fino all’ultima generazione stanno un metro troppo lontano dal campo, anticipano poco, attaccano un colpo dopo, spingono per necessità e con circospezione. Chi si meraviglia dei ko d’acchito di Travaglia, Lorenzi e Sonego agli US Open dovrebbe prima guardar bene il loro curriculum, insieme ai nomi e alle caratteristiche di chi li ha battuti.
In realtà, il tennis azzurro del nuovo Rinascimento è un “work in progress” che va elogiato per aver siglato il record di 10 giocatori nel tabellone della prova principale stagionale sul cemento. Perché 10 migliora il precedente record di 8 degli ultimi due anni, e richiama il bum del 1992 coi magnifici 7 di quell’annata da ricordare. Sottolineando anche questa evoluzione tecnica e culturale, insieme a tutte le altre del movimento. Dopo il grande insegnamento delle fantastiche ragazze di Fed Cup, Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Sara Errani e Roberta Vinci, con l’acme della straordinaria finale azzurra di Flushing Meadows 2015.
Il “McEnroe de noartri”, il mancino barese Pozzi dall’aria un po’ afflitta ma dal tennis sempre brillante fece l’impresa di battere lo specialista Amos Mansdorf per 6-1 al quinto set, ma poi si impigliò, da pronostico, nella rete da fondo dell’australiano Richard Fromberg. L’altro mancino, il napoletano Nargiso, volò Gorriz, strappò il primo set a John McEnroe ma poi si spense. Ahilui, Camporese dal braccio d’oro e dai piedi lenti dominò Raoux, ma spese troppe energie per domare Scott Davis e si arrese nettamente a Carlos Costa, che era lo spagnolo più da duro del suo gruppo e sarebbe poi diventato il manager di Rafa Nadal.
Il ciociaro dalla “castagna” che fa male col poderoso servizio-dritto, Pescosolido, fu costretto a restare troppo a lungo in campo contro German Lopez per trovare energie extra contro quel diavolo di Siemerink. Lottò come un gladiatore piè veloce Cristiano Caratti con la baionetta sempre innestata, ma si arrese al quinto set e si fermò già al primo turno contro l’elegante tedesco Kuhnen. Mentre il “gemello” Furlan fu schiacciato subito in tre set da Magnus Larsson. Uscì subito di scena Pistolesi, nato e cresciuto sulla terra, contro il solido Champion. Quella spedizione, non fu, insomma, esaltante, ma ebbe il pregio di lanciare un seme importante e di tracciare una strada nuova.
L’evoluzione degli ultimi quattro anni a New York porta quindi a questo ennesimo record della nuova Italia al maschile, piantando il tricolore al terzo posto fra le nazioni più rappresenta in tabellone, dietro agli Us (20 elementi, con 8 wild card) e Spagna (10). Del resto, nella “top 300” l’Italia ha 21 giocatori, ed è la quarta potenza dopo Spagna (22), Francia e Stati Uniti (27). E senza cemento i grandi risultati non si fanno.