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Il 26enne tedesco, n. 97 del ranking, partendo dalle qualificazioni ha raggiunto per la prima volta i quarti in un Masters 1000 e sfida Djokovic: "Grazie al college sono diventato un professionista serio. Ora ho la convinzione di poter stare con i migliori"
di Vincenzo Martucci | 19 settembre 2020
Koepfer, chi era costui? Chissà quanto avranno ironizzato sul castigatore senza nome di Lorenzo Musetti agli Internazionali BNL d’Italia. Ma Dominik, 26enne mancino tedesco targato appena 97 del mondo, che è dovuto transitare per le qualificazioni di Roma, è un osso duro. Tanto che sulla terra del Foro Italico ha eliminato prima due veterani come Simon e Kukushkin, e poi De Minaur e Monfils, prima della nuova star azzurra, comunque accreditata appena del numero 249. Che entrerà per la prima volta nei primi 200 dopo gli eclatanti ottavi di finale nel Masters 1000 al Foro Italico.
Servizio e dritto di Koepfer sono un asse consolidato, il rovescio è sbilenco, sembra attaccabile sulle palle più alte, ma in realtà è solido e possente, da battitore di baseball: non a caso, il ragazzo si è diplomato alla Tulane University di New Orleans, ed è stato per due anni All American. L’anno scorso perdeva nei Challenger coi nostri più giovani, con Zeppieri a Francavilla e con Sinner a Ostrava, e anche coi più anziani, con Bolelli nelle qualificazioni del Roland Garros, poi è esploso sul cemento degli Us Open, superando le qualificazioni e quindi fermandosi solo contro il super-Medvedv di quei giorni, ma dopo aver strappato gli scalpi di Opelka e Basilashvili. Quest’anno, prima del lockdown, non aveva combinato granché, e dopo ha azzeccato un’altra volata da sogno proprio al Foro Italico, spezzando il sogno di baby-Musetti.
Neanche lui sa qual è la sua superficie preferita, visto che l’anno scorso ha vinto il Challenger sull’erba di Ilkley. Quel che conta, con quel suo gioco di rischi, è soprattutto la fiducia: “La cosa più importante è la mia convinzione di poter stare con i migliori. Nel 2018 non c’era. Poi piano piano è arrivata proprio passando dai Challenger e migliorando molto il servizio”.
Un altro fattore-chiave della sua crescita si chiama Rhyne Williams: “Trovare l’allenatore giusto può spesso cambiare tutto per un giocatore che sta scalando la classifica. Con lui sono cresciuto dentro e fuori del campo, riesco a concentrarmi molto di più e ad incanalare l’aggressività”.
Koepfer è uno di quelli che ci mette un po’ ad ingranare. Gli è successo da giovane, quando praticava più sport, fra tennis, golf e sci, prima di scegliere decisamente la racchetta: “Sono partito veramente solo a 16 anni coi primi tornei, sulla spinta dei risultati ai campionati nazionali tedeschi e, da due allenamenti a settimana, sono passato a tre-quattro. Giocavo comunque molto meno di tutti gli altri coetanei aspiranti professionisti di tennis”. Gli è successo anche al College: “Il primo anno è stato terribile, ma poi ho cominciato a far funzionare le cose”.
Anche sulla bilancia perché al college aveva preso brutte abitudini alimentari e coach Williams gli ha imposto una dieta ferrea e una più assidua frequentazione della palestra: “Ho smesso di mangiare quello che volevo, ho imparato a scegliere il cibo giusto per quel che faccio, ho lavorato duro ogni giorno, senza pause e distrazioni, fino a diventare un professionista davvero serio”.
Saddlebrook, la IMG Academy di Bradenton e il centro tecnico della Federtennis Usa di Orlando gli hanno fornito sempre nuovi sparring d’allenamento, come il solido Hurkacz, protagonista anche lui a Roma. Anche se è capitato di essere lui la spalla di giocatori più forti, come Sascha Zverev. Con quelle spalle squadrate, la presa del rovescio a due mani alla Jim Courier, la faccia da duro e la sensazione che incocci sempre la palla per spaccarla, Dominik si porta dietro da un po’ un soprannome che Lorenzo Musetti, ancora in crescita atletica, può comprendere serenamente: Pitbull.
Basterà contro Novak Djokovic che ha guardato qualche scambio in tribuna del match contro Musetti, bene attento a quel rovescio del tedesco, storto, strano, ma efficace?