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Campioni internazionali

Atipico, pericoloso, indigesto: ecco Mannarino…

Scopriamo il mancino francese dal gioco old style che fa un esame un po’ diverso a Sinner

di | 13 novembre 2020

Adrian Mannarino

Adrian Mannarino

Chissà se il marchese De Sade giocava a tennis. Si sarebbe divertito a declinare “Le disavventure della virtù” di Justine a qualche giovane rampante della racchetta. Magari uno come Jannik Sinner che è già pressato dalla italica impazienza mentre, a 19 anni, deve ancora vivere mille esperienze di gioco e di testa, in campo e fuori.

Dopo la significativa prestazione contro Alex De Minaur, è sempre più chiaro che, sulle superfici più veloci, contro avversari che gli somigliano perché giocano di ritmo, corrono, lottano e tirano, il precocissimo talento sa giocare allo specchio: aziona il pilota automatico da fondocampo, come fosse alla consolle di Wi Sport, e detta i tempi e gli angoli come gli conviene. Può impiegarci un po’ per settare bene la macchina ma poi fa sembrare facile le cose, evidenziando una qualità propria dei campioni e dimostrandosi più avanti del numero 44 del mondo che oggi gli riconosce il computer dell’ATP. 

Il rovescio di Adrian Mannarino

Ma che succede contro avversari atipici, “old style” come il prossimo di Sofia, Adrian Mannarino? L'allievo di Riccardo Piatti come gestirà il palleggio mellifluo e pieno di varietà del 32enne francese? Come tratterà le sue palle velenose, i cambi di ritmo, le  invenzioni di rovescio, le pennellate per la discesa a rete e le palle corte?

Il mancino, allevato già dai 5 anni da papà Florent, maestro di tennis, a un’arte molto personale, sognava di diventare forte e imprevedibile come quel fenomeno di Marcelo Rios. Non è riuscito a salire al numero 1 del mondo, a vincere 18 titoli e a disputare una finale Slam (agli Australian Open 1998) come il mancino cileno, ancor più sensazionale nei suoi risultati perché alto appena 1.75.

Mannarino, che sembra più basso del suo 1.80, sempre contratto com’è nell’interpretare i suoi colpi impegnando al meglio le corde della racchetta come un chitarrista fa vibrare le corde del suo strumento, ha firmato appena un titolo ATP, l’anno scorso sull’erba di Rosmalen, a fronte di nove finali perse, due anni fa ha toccato la classifica-record di numero 22 del mondo, oggi è 38, e negli Slam ha raggiunto al massimo il quarto turno (tre volte a Wimbledon).

Anche se, a tratti, sa regalare fiammate da guastafeste Doc, tanto da aver sorpreso cinque “top ten”, Cilic, Raonic, Tsonga, Wawrinka e Tsitsipas.

Ahilui, Mannarino è ripeto di personalità, sa vincere una partita, sa imbrigliare l’avversario, ma è incompleto: tic tocca con grazia e perizia, ferisce l’avversario, può sfinirlo come il torero che infilza con una miriade di banderillas il povero toro, ma quando arriva ai livelli alti è leggerino per quei bazooka e risulta spesso incostante, perché paga i suoi continui alti e bassi, di testa, prima ancora che di fisico.

Somiglia tanto al barese Gianluca Pozzi, anche lui grande incantatore di serpenti con quella sua melina da fondocampo che alternava a discese a rete in contrattempo, colpendo con quel servizio pieno di effetti e varietà. Ma anche lui mancava di un po’ di peso quando si esibiva ai piani alti, ed era un vero peccato perché, a tratti, sapeva offrire uno spettacolo delizioso, unico. 

Adrian Mannarino

La grinta di Adrian Mannarino

Ecco, le disavventure della virtù del giovane Jannik Sinner passano per questo nuovo test di potenza, di capacità di tener lontano dal campo e dall’iniziativa di gioco un avversario così diverso da quelli che è abituato ad affrontare. Le palle saponetta, gli slice, le traiettorie traditrici, gli angoli diversi, i cambi di ritmo, peraltro provenienti da un avversario mancino, non compaiono di certo nel menù preferito dell’altoatesino. 

Memorandum 1: Mannarino gioca molto meglio di rovescio che di dritto. 

Memorandum 2: contro gli italiani, Mannarino è 2-3 contro Fabio Fognini, 5-5 con Andreas Seppi, 2-0 con Paolo Lorenzi, Marco Cecchinato e Stefano Travaglia, 1-0 con Matteo Berrettini (tre set a zero agli Australian Open del 2018) e 1-2 contro Lorenzo Sonego, che però ha appena battuto agli Us Open. Insomma, risulta indigesto. E’ indigesto. Come l’altro veterano sul viale del tramonto, Gilles Simon, che Sinner ha appena battuto a Colonia. Magari, o magari no, dipende dal barone rosso del tennis italiano. 

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