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Campioni internazionali

Cameron Norrie, da sorpresa a conferma: è sul podio della Race

Il britannico pareva quasi una meteora, quando per la prima volta arrivò a mettere in difficoltà i big del circuito. Invece sta dimostrando di poter rimanere stabilmente nei top 10. Le Nitto ATP Finals di Torino (dove ha già giocato) sono un obiettivo concreto

02 marzo 2023

In pochi ne parlano come si potrebbe (e dovrebbe) fare, eppure lui è sempre lì. Chissà se è totalmente al corrente di questa costante sottovalutazione, Cameron Norrie, che la scorsa settimana ha conquistato sulla terra rossa di Rio de Janeiro il titolo numero 5 della sua carriera. Il mancino britannico ha già giocato ben 21 partite in stagione, vincendone 18: nessuno come lui. Ha battuto Nadal e Fritz nella United Cup, il talentuoso Lehecka a Auckland e Carlos Alcaraz nell’ultimo atto del ‘500’ brasiliano. C’è bisogno di andare a prendere i numeri, per quanto freddi possano essere, per spiegare bene l’incredibile continuità di rendimento di questo ragazzo ed assopire quell’ingiustificato scetticismo che ancora lo circonda.

Una stagione al top possono viverla in molti, certo, ma quando arrivano le conferme è bene e giusto che la sorpresa si trasformi con pieno merito in realtà. Archiviato un anno maledetto come quello della pandemia, è nel 2021 che il mondo inizia ad accorgersi di Cameron Norrie. A gennaio è numero 74, sarà addirittura 12 a fine dicembre dopo essere entrato dalla porta di servizio alla prima edizione torinese delle Nitto ATP Finals. Nell’anno dei record ci sono due titoli (Indian Wells e Los Cabos), quattro finali (Estoril, Lione, Queen’s e San Diego) e una sconfinata consapevolezza nei propri mezzi.

Anche nel 2022 gioca e vince tantissimo, sorridendo (questa volta sì) a Lione dopo la straordinaria settimana di Delray Beach. Ad Acapulco batte il numero 4 del mondo Tsitsipas, in semifinale a Wimbledon strappa il primo set ad uno straripante Djokovic. Settimane su settimane vissute al massimo, su tutte le superfici, da giocatore vero. Per entrare nei primi 10 del mondo (è stato numero 8 a settembre della passata stagione) è transitato per due fasi fondamentali: tattica e atletica. A rete sa giocare e gli scambi prolungati sono un bel problema. Per gli altri.

Cameron è un cocktail esplosivo e basta shakerarlo con cura per poter distinguere nettamente tutti i sapori. È nato in Sudafrica, nella poco tranquilla Johannesburg, da mamma gallese e papà scozzese. Helen e David giocano entrambi a squash a livello universitario, ma dopo l’ennesimo furto chiudono i bagagli e volano di corsa in Nuova Zelanda per cominciare una nuova vita. Il piccolo “Cam” cresce nella patria del rugby, assorbendo l’essenza di tutte le novità che lo circondano. È un bimbetto sveglio e curioso, con una voglia di imparare fuori dal comune. Nel destino c’è il tennis, quindi altra valigia e altro volo. A fare da sfondo all’immancabile poster di Andre Agassi c’è una parete grigia, adesso, quella della stanza che lo ospita alla Texas Christian University di Fort Worth. 

Di giorno si allena e di notte studia. Un giorno dopo l’altro si rinforza sempre di più l’amicizia con Facundo Lugones, ma i due non sanno ancora che presto si toglieranno insieme delle bellissime soddisfazioni. “Le nostre conversazioni sono serie quando parliamo di obiettivi e di lavoro – ha dichiarato recentemente il coach dell’anno per la stagione 2021 -, ma quando parliamo di altre cose siamo come due amici. ‘Cam’ è così, tratta tutti allo stesso modo, che tu sia Murray o un conoscente comune”. Già, c’era anche Sir Andrew Barron Murray, detto Andy, nel novero degli scettici: “Mentirei se dicessi che mi attendevo questi risultati. Ma Cameron può essere un esempio per tutti i giocatori, perché è un lavoratore straordinario, che dà sempre il cento per cento. Se riesci a trovare continuità nel lavoro e fai le scelte corrette, puoi arrivare molto molto lontano”.

Studi recenti di scienze e psicologia hanno scoperto che viaggiare migliora moltissime abilità personali e velocizza anche i progressi di apprendimento più complessi. Viaggiare aiuta a crescere, ad evolversi e a sapersi adattare. Il britannico incarna tutto questo alla perfezione e forse è proprio l’essere poco personaggio che lo ha fatto andare lontano, come diceva Murray. Mai banale, in campo come nelle conferenze stampa, Norrie è un personaggio che fa bene al tennis ma non solo. Oggi è numero 12 del mondo e terzo nella Race, dietro soltanto a Novak Djokovic e Stefanos Tsitsipas. Per battere Alcaraz a Rio de Janeiro ha confessato di aver dovuto lottare non solo contro lo spagnolo ma anche con i demoni dentro di sé. Si è trovato un ostacolo davanti e lo ha superato. E statene certi, lo farà ancora. 

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