Chiudi
Prima vittoria Challenger per il ventenne Chun-hsin Tseng, ex numero uno del mondo juniores: un talento dal tennis-play station che gli permette di compensare i limiti fisici, e promette di portarlo lontano. L’obiettivo? Diventare un big, e permettere a mamma di abbandonare il lavoro al mercato serale di Taipei
22 dicembre 2021
Il passato è comune a quello di Tsung-Hua Yang, l’ex fenomeno juniores di Taipei che nel 2008 salì al numero uno del ranking under 18, ma per il presente (e il futuro) Chun-hsin Tseng ha progetti molto diversi. Perché mentre Yang si è fermato al massimo al numero 164 della classifica ATP, entrando di diritto nella categoria dei (tanti) campioni mancati, il suo più giovane connazionale ha ancora tutto il tempo e lo spazio per fantasticare. E si sta muovendo nella direzione giusta.
L’ultima conferma del 2021 è arrivata proprio dall’ultima trasferta stagionale, con due tornei sulla terra indoor di Maia, in Portogallo. Nel primo Tseng ha raggiunto la sua seconda finale a livello Challenger, mentre nel successivo ha fatto ancora di più e vinto il titolo, battendo per 5-7 7-5 6-2 in finale il padrone di casa Nuno Borges e andando in vacanza col sorriso.
In realtà di tempo per rilassarsi ce n’è gran poco, visto che a breve è fissata la partenza per l’Australia dove Jason (come ama farsi chiamare) giocherà il suo secondo Slam fra i professionisti, nelle qualificazioni. Il primo, a Wimbledon 2019, era stato una sorta di premio grazie alla wild card meritata in qualità di vincitore del torneo juniores dell’anno prima, mentre stavolta Tseng si è meritato il posto con le sue armi, e se riuscirà a dare continuità al tennis espresso nelle ultime settimane sarà uno dei nomi da tenere d’occhio.
Su Tseng, che nel suo magico 2018 da numero uno vinse anche il Roland Garros e arrivò in finale a Melbourne e in semifinale a New York, ha investito addirittura otto anni fa niente meno che Patrick Mouratoglou, che l’ha voluto nel team che si appoggia alla sua accademia in Costa Azzurra.
Di recente, “Mou” l’ha messo sotto la guida dell’head coach tedesco Benjamin Ebrahimzadeh, un tecnico di grande esperienza che vanta lunghi trascorsi a fianco di Angelique Kerber. L’obiettivo è chiaro: è con lui che Tseng, nato esattamente vent’anni dopo una leggenda come Roger Federer ma cresciuto (da buon asiatico) nel mito di Kei Nishikori, deve puntare a fare il prossimo salto di qualità, col suo tennis play-station in grado di compensare i limiti di un fisico al di sotto degli standard (è alto 1 metro e 75, per 65 chilogrammi).
Lo chiamano “machine”, e il motivo è in quello stile di gioco costantemente in pressing, col dritto e ancor di più con uno splendido rovescio naturale, che – con le dovute proporzioni – ricorda un po’ il colpo di Novak Djokovic, universalmente riconosciuto come uno dei più efficaci del Tour. L’ispirazione è evidente, tanto che Tseng lo ricorda anche nei movimenti e nelle qualità difensive, che gli hanno permesso di diventare un cliente ostico per tutti sin da quando ha mosso i primi passi fra i grandi.
Tseng è un bel personaggio: solare, simpatico, più aperto rispetto alla media degli asiatici. Nel 2018, quando dominava il circuito juniores, la sua storia attirò addirittura la curiosità del New York Times. Scoprirono che mentre Tseng e il padre giravano il mondo collezionando titoli e attenzioni, mamma Han Tsai continuava a gestire la piccola bancarella di famiglia al Lehua night market di Taipei, ogni giorno dalle 16 di pomeriggio all’1 di notte, sin dal lontano 1999, due anni prima della nascita di Chun-hsin. Il business? Vendita di bastoncini con frutta e pomodori glassati.
Un’attività umile che ha aiutato il giovane a tenere i piedi per terra e a non lasciarsi condizionare troppo da quel mondo dei grandi tornei che da juniores sembra a portata di mano, e invece per tanti come lui è rimasto un miraggio, visto che da grandi non ci sono andati nemmeno vicini. Jason, che ha un debole per il tiramisù e se non fosse diventato un tennista farebbe l’attore, è invece sulla buona strada per arrivarci presto anche fra i professionisti. Perché il suo tennis funziona, è un grandissima lavorare, ha la testa sulle spalle, l’atteggiamento ideale e al suo fianco ci sono le persone giuste per traghettarlo nei prossimi step di una sfida sempre più entusiasmante.
Non sorprende che il suo primo titolo di un certo valore sia arrivato sulla terra: è la superficie che per caratteristiche si addice meno al suo tennis, ma fin da juniores Tseng è sempre riuscito a tenere la stessa intensità dappertutto, il che può diventare preziosissimo per il suo futuro.
Così come non è un caso che la vittoria sia arrivata in Portogallo, una nazione che gli ha sempre portato bene. Nell’estate del 2018 vinse sul cemento di Povoa de Varzim uno dei suoi quattro titoli Futures, e tre anni dopo ha fatto centro a Maia, una trentina di chilometri più a sud ma sempre nel distretto di Porto. Avversario? Entrambe le volte il portoghese Nuno Borges: l’unico che Tseng non lo vede per nulla volentieri.