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Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria: 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo. Ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli quotidiani, fino a domenica 25 settembre
di Enzo Anderloni | 24 settembre 2022
Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria che insieme a 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti complessivamente e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo, ha cambiato per sempre l’immagine del tennis, diventato popolare come mai prima grazie all’eleganza del suo stile di gioco e al suo modo di comportarsi dentro e fuori dal campo. Nei giorni dell’addio all’attività agonistica ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli quotidiani, fino a domenica 25 settembre
Capitolo 1: gli anni irrequieti delle elementari
Capitolo 2: calcio o tennis? Il Centro Tecnico chiama
Capitolo 3: lo junior brillante che va già in Davis
Capitolo 4: la scelta dei coach e l’incontro con Mirka
Capitolo 5
Il 2001 ha ben altro impatto sulla crescita di Roger Federer rispetto alla stagione precedente sia in termini statistici che di conferme e complessivi progressi.
Innanzitutto arriva il primo titolo, che per quell’anno resterà anche l’unico. L’evento si registra domenica 4 febbraio al Palalido di Milano dove, dopo tre anni di black out, il circuito Atp era tornato a far tappa. Il giovane Federer non era tra i favoriti. Più di lui erano attesi due russi, Marat Safin n.2 del mondo e Evgeny Kafelnikov, n.6. L’imprevedibile Safin si fece estromettere dall’anglo-canadese Greg Rusedski. Fu Roger invece a sbarrare la strada in semifinale a Kafelnikov, già n.1 mondiale, dopo un match tiratissimo, la più bella partita del torneo.
Nel turno precedente aveva battuto in sue set Goran Ivanisevic, altro genio imprevedibile della racchetta, ormai sul finire della carriera, che avrebbe di lì a pochi mesi scritto un’ultima grande pagina propria Wimbledon. La finale contro un outsider assoluto come il francese Julien Boutter fu tiratissima (6-4 6-7 6-4): 2 ore e 20 minuti di battaglia che avrebbero potuto ridursi a molto meno se Boutter non avesse annullato un match point a Federer nel tie-break del secondo set conquistando la seconda frazione e obbligandolo a giocarsi il set decisivo con il rovello di essersi fatto sfuggire una grande occasione.
“Non voglio dire che da oggi inizia per me una nuova carriera, ma quasi - disse ai cronisti – Essersi visto annullare un match-point e riprendere come se nulla fosse accaduto, vuol pur dire qualcosa no?”
Che Federer stesse seriamente lavorando su se stesso per migliorare soprattutto sul piano dell’approccio mentale è evidente dall’aver posto subito, a caldo, l’attenzione su questo aspetto del suo successo. Che il ragazzo “si stesse facendo” si desume anche dal fatto che proprio durante la settimana del suo primo successo avesse dovuto combattere con il mal di denti: gli stava spuntando un dente del giudizio.
Diciassette anni prima, sempre a Milano si era imposto per la prima volta, da outsider come Federer, un diciottenne Stefan Edberg. Come lui campione mondiale juniores, uno degli idoli di Roger ragazzino, insieme a Boris Becker. In quel febbraio 2001 ci si domanda ancora se il giovane svizzero sarebbe stato in grado di emulare le imprese dello svedese, vincitore di sei prove del Grande Slam. Per l’esplosione definitiva serviva armonizzare le meraviglie tecniche con l’approccio mentale, ancora in parte immaturo.
E se per maturare servono più le batoste che i momenti di gloria, l’eliminazione al primo turno del Masters Series di Amburgo, il 14 maggio, e la reazione che Federer ebbe a fine match segnarono un ulteriore momento di svolta. Specialista nel gestaccio rabbioso di buttare per terra la racchetta durante il match, dopo un punto andato storto, Roger questa volta va oltre. Perde in due set contro il non impossibile argentino Franco Squillari, affossando il punto decisivo con un clamoroso errore sotto rete e, dopo aver stretto la mano all’avversario e all’arbitro, sfascia la racchetta proprio sotto il seggiolone di quest’ultimo.
Fa sorridere il fatto che, anni dopo ripensando a quel momento, Federer racconti che a farlo riflettere finalmente fu non tanto e non solo il gesto di sbattere malamente la racchetta ma l’averlo fatto non durante la partita ma dopo. Per lui evidentemente una fuoriuscita dai binari di quello che lui stesso considerava “tollerabile” lo obbligava a un momento di riflessione.
Sul piano comportamentale fu una svolta impressionante: il giovane capellone di Basilea, con la sua fascia e la sua coda di cavallo divenne improvvisamente “zen”. Silenzioso e pacato, fin troppo imperturbabile.
Sarà casuale ma a Parigi, due settimane dopo, arrivarono i primi quarti di finale in un torneo dello Slam e a Wimbledon, poco più di un mese dopo, il simbolico passaggio di consegne tra lui e Pete Sampras, lo statunitense emblema di una generazione, che aveva attraversato un decennio a dominatore stracciando e riscrivendo record dopo record.
Sampras, il primo giocatore di ogni tempo a chiudere sei stagioni consecutive come n.1 del mondo (dal 1993 al 1998), arriva sui prati londinesi con il biglietto da visita del padrone di casa: gli organizzatori gli assegnano la testa di serie n,1 anche se nell’annata non ha ancora vinto alcun torneo ed è ormai scivolato al n.22 del Ranking Atp. Ma come si fa a non attribuire il ruolo di favorito al giocatore che vincete per 7 volte nelle precedenti otto edizioni, compresa l’ultima, quella del 2000, il torneo più prestigioso del mondo? Non si può.
Così accade che negli ottavi di finale due grandi destini si incrocino. E’ sul Centre Court, il tempio del tennis, dove il primo lunedì di luglio Roger Federer gioca per la prima volta e Sampras per l’ultima da favorito che i flussi di magia tennistica si scambiano. E i ruoli sostanzialmente si invertono. Da quel momento in poi Sampras entra ufficialmente nel crepuscolo della sua carriera che dura il tempo esatto necessario a Federer per prendere il suo posto nella caccia dei titoli leggendari. Il primo gennaio 2003, quando avrà inizio il primo Atp Tour senza Pete Sampras, sarà anche l’avvio della stagione in cui il nuovo sovrano del tennis si prenderà la corona di Wimbledon.