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Campioni internazionali

"Maestro" Ivan Lendl, il re del Madison Square Garden

Ivan Lendl ha disputato nove finali consecutive del Masters, il torneo che oggi chiamiamo ATP Finals. In anticipo sui tempi, ha rivoluzionato il gioco e fatto la storia nelle edizioni degli anni Ottanta al Madison Square Garden di New York

12 novembre 2020

Questo articolo di Dave Seminara è stato pubblicato sul sito dell'ATP nell'ambito di una serie celebrativa della storia delle ATP Finals. Ve lo presentiamo in versione italiana (traduzione a cura di Alessandro Mastroluca)

Ivan Lendl era una creatura abitudinaria. Tornate agli anni Ottanta, quando i pantaloncini erano stretti all'inverosimile e la tecnologia delle racchette una landa piatta, e avrete davanti agli occhi l'immagine di Lendl nei suoi pantaloncini a losanghe che si sfila le ciglia dagli occhi, sparge segatura sul manico della racchetta e lancia la palla a tre metri d'altezza per una prima di servizio. Ma c'è un'abitudine che forse non ricorderete di Lendl, che ha giocato nove finali consecutive al Masters, uno dei traguardi più impressionanti della sua carriera.

Negli anni Ottanta andavano di moda i capelli lunghi, i walkman e i cubi di Rubik, e Lendl era il padrone del Masters a New York. Vinse cinque di quelle nove finali consecutive, e ogni volta affrontava uno dei migliori giocatori del mondo: Borg. Gerulaitis. McEnroe (tre volte). Becker (tre volte) Wilander. Ha giocato 12 volte il torneo, con un notevole record di 39-10 contro i più grandi tennisti dell'epoca.

Lendl era dinamite sotto le luci, nei primi anni Ottanta vinse 66 partite di fila indoor soffocando gli avversari con un tennis potente da fondo che era molto in anticipo sui tempi. Nel 1986, quando il torneo si giocò due volte, a gennaio e a dicembre, vinse entrambe le edizioni senza cedere nemmeno un set, battendo sempre Becker. Il suo peggior risultato al Masters restano le semifinali del 1989, 1990 e 1991 che perse contro Stefan Edberg (due volte) e Pete Sampras.

Al Madison Square Garden di New York, tra il 1981 e il 1989, Lendl ha vinto 33 partite su 40. In una recente intervista con la stella britannica Tim Henman per ATPTour.com, Lendl ha raccontato che abitare a Greewich, nel Connecticut, gli ha dato un vantaggio. "Mi piaceva la cucina di casa, volevo dormire nel mio letto" ha spiegato, "non gradivo dormire a New York: è troppo rumorosa per me".

Tuttavia, da uomo abitudinario, ha confessato a henman ched non ha approvato il cambio di formato del torneo che dal 1983 al gennaio 1986 è passato all'eliminazione diretta con un tabellone esteso prima a 12 e poi a 16 giocatori. Dal dicembre 1986, poi, si è tornati al formato tradizionale con otto tennisti divisi in due gironi. "Non mi è piaciuto affatto" ha detto Lendl, apparentemente ancora infastidito dalla decisione, "lo trovo un torneo più speciale se ci sono solo gli otto migliori del mondo".

Quando il torneo è passato da 12 a 16 giocatori nel dicembre 1986, Lendl ha sfogato la sua frustrazione contro il connazionale Tomas Smid, un suo buon amico, battendolo 6-1, 6-0 al primo turno. "Ero così arrabbiato che ho tirato fortissimo" ha detto.

Lendl ha faticato a conquistare il supporto dei tifosi, soprattutto nella prima parte della carriera, specialmente negli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Una parte del pubblico lo percepiva come un tipo serio e pratico che arrivava da una nazione del Blocco dell'Est e sfidava le stelle popolari come Borg, Connors, McEnroe, e più tardi Becker ed Edberg. Come ha scritto una volta il giornalista di tennis Joel Drucker, "Borg era i Beatles, McEnroe gli Stones, Lendl i Led Zeppelin, il ragazzo che ha rotto la magia dell'età d'oro degli anni Settanta con semplice, grezza potenza".

Nel corso delle sue prime cinque finali al Masters a New York, ha affrontato nel 1981 l'iper-popolare Borg e poi per quattro anni di fila un avversario del posto, che arrivava dal sobborgo del Queen's:  Gerulaitis nel 1982, McEnroe dal 1983 al 1985. Quando Henman gli ha chiesto cosa volesse dire sfidare il beniamino di casa a New York, Lendl ha risposto con la stessa freddezza che mostrava quando tirava una delle sue frustate di dritto, senza tradire alcuna animosità. "C'era sempre molto rumore, indipendentemente dall'avversario" ha detto. "Ma sì, giocare contro John (McEnroe) lì era interessante".

Roche, grande campione e coach leggendario

I primi successi di Lendl al Masters all'inizio degli anni Ottanta - vinse le edizioni del 1982 e del 1983 - arrivarono prima che riuscisse a conquistare il primo dei suoi otto Slam. A Henman, ha rivelato che ha vissuto un punto di svolta nella carriera durante un volo nel 1984.

"Ero numero due o tre o quattro del mondo da circa quattro anni" ha detto. "Ma non ero soddisfatto. Ho assunto un nuovo coach, ho chiesto alcune opinioni ad altri giocatori e ho iniziato a lavorare con un preparatore che veniva dall'atletica. Ho guardato un film su un volo Delta Airlines, Rocky IV, e avevano un Versa Climber, un simulatore di arrampicata. Ne avevo uno casa anche io. Ivan Drago (il russo che sfidava Rocky) ci si allenava a casa tutti i giorni. Mi sono detto: 'Non perderò mai più una partita nella vita perché il mio avversario è più in forma di me'. Quello è stato il momento di svolta".

Eccola la bellezza di Lendl, la cui di un buon passante era un dritto a 150 all'ora verso la testa dell'avversario. Non gli interessa cosa pensate di lui per aver trovato ispirazione in un personaggio russo e cattivo di un film durante la Guerra Fredda.

Rocky a parte, la dedizione totale che Lendl ha messo nella preparazione atletica e nella nutrizione hanno rivoluzionato il gioco. Il maestro ceco ha aperto la strada verso una nuova era in cui solo il più in forma avrebbe potuto raggiungere la vetta. Forse i giocatori moderni possono ringraziarlo o avercela con lui perché non possono più mangiare pizza o bere impunemente birra saltando gli esercizi in palestra al termine dell'allenamento come alcuni potevano fare nel tennis a.L. (avanti Lendl).

Sempre rispettato, spesso temuto dagli avversari, ma non sempre abbracciato da rivali e tifosi, le quotazioni di Lendl sono salite dopo il suo ritiro. Molti di quelli che hanno tifato contro di lui perché batteva uno dei loro beniamini hanno ora compreso quanto fosse sottostimato. 

Lo scrittore di tennis Steve Tignor la chiama "la resurrezione di Lendl", e dice di essere diventato "un fan di Lendl con vent'anni di ritardo". L'effetto bandwagon non è limitato al solo mondo del tennis; perfino Snoop Dogg è apparentemente un fan. "Ivan era duro, un vecchio maestro" ha detto il rapper di Lendl nel 2004. "Ivan era la verità".

In nessun posto quella verità si è mostrata meglio che al Masters, soprattutto a New York. Lendl ancora ricorda come ha rimontato due set di svantaggio e salvato un match point per battere Gerulaitis e trionfare nel 1982. E come dimenticare le quattro vittorie contro Connors nel torneo durante la striscia di 17 successi di fila contro il mancino statunitense?

"E' stato divertente, non posso mentire" ha detto Lendl, diventato cittadino USA nel 1992.

Essendo il perfezionista che è, alcune delle sconfitte a New York gli causano ancora incubi. Nel 1988, ha raggiunto la finale del Masters contro Boris Becker solo otto settimane dopo essersi sottoposto a una segreta operazione alla spalla. "Mi ha battuto 7-5 al tiebreak del quinto set" ha ricordato Lendl. "Sul match point, ha vinto uno scambio da 37 colpi con un nastro vincente su un lungolinea".

Henman gli ha chiesto quale partita persa vorrebbe rigiocare, ma Lendl ha glissato. "Alcune delle mie sconfitte mi infastidiscono ancora oggi. Potrei fare diversi esempi, ma non puoi tornare indietro. Fai il meglio che puoi. Non ha senso prendersela troppo con te stesso quando perdi".

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