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Campioni internazionali

Fucsovics, la Davis nel cuore: dal colpo coi russi a simbolo ungherese

Il numero 1 magiaro è il pilastro della giovane nazionale che al Pala Alpitour fronteggerò a Torino nel gruppo D Australia e Croazia. La nazionale l’ha accompagnato dal 2010, da astro junior a veterano pro…

di | 31 ottobre 2021

Marton Fucsovics, 29 anni, già campione a Wimbledon juniores e numero 1 del mondo di categoria, da professionista si è aggiudicato un torneo ATP Tour, sulla terra rossa di Ginevra nel 2018, perdendo le altre due finali sul cemento nel 2019 a Sofia e quest’anno a Rotterdam.

A marzo di due stagioni fa è salito al numero 31 del mondo, ora è 41; in coppa Davis ha un record di 25 successi e 14 sconfitte. Nel gruppo D al Pala Alpitour di Torino che porta ai quarti è la punta dell’Ungheria, che lotta, sfavorita sulla carta, contro Croazia e Australia.

Marton, raccontaci il “battesimo” in Coppa Davis.
“Era tanto tempo fa… Nel lontano 2010 ho giocato la mia prima partita in Coppa, e per me fu davvero un immenso onore rappresentare il mio paese. Ero il quarto o quinto giocatore, ho giocato alcune partite di doppio, e ora tanto tempo dopo eccomi qui come leader della squadra ungherese di Davis. Sono orgoglioso di avere ottenuto questi risultati”.

Che cosa hai provato nel 2010 alla prima convocazione: hai ricevuto una chiamata, una mail? 
“Sinceramente, non ricordo quale fosse la prima partita che ho giocato, il primo incontro”.

Glielo ricordiamo noi: in Estonia, perse il doppio insieme a Kornel Bardockzy  per 10-8 al quinto set.
“Ricordo che non ero titolare di singolare, avevo vinto appena vinto Wimbledon tra gli juniores, ero il numero 1 del mondo degli under 18, quindi ero un giocatore di talento. Credo che è per questo che mi hanno inserito in squadra, perché il mio ranking non era abbastanza alto per esserci di diritto. E ho giocato alcune partite in doppio. Per me era un nuovo torneo, sicuramente un nuovo traguardo nella mia carriera”.

L'Ungheria a Torino: Fucsovics, Balazs e i giovani

Cosa vuol dire difendere i colori del proprio Paese?
“Amo molto giocare per il mio Paese! Penso che il vecchio formato di Davis fosse migliore per me, perché amo esibirmi di fronte al pubblico ungherese. Penso di aver avuto successo in nazionale proprio grazie al sostegno del mio pubblico. Quando vesto i colori ungheresi do sempre il 200% in campo”.

Il tennis è lo sport individuale per eccellenza, però poi in Davis accadono cose meravigliose... Match bellissimi e un’atmosfera speciale. Perché la Davis è una competizione così diversa, unica?
“Credo che sia perché il tennis è uno sport individuale e tutto l’anno viaggiamo da soli o con uno o due allenatori, ma resta legato alle scelte che ciascuno fa in campo, da solo. Durante la coppa Davis, invece, ci troviamo insieme come squadra: cinque, sei, sette giocatori, buoni amici, come gruppo. E ci stimoliamo a vicenda, giochiamo l’uno per l’altro, ci aiutiamo e ci divertiamo molto quella settimana. Trascorrimo cuattro-cinque giorni di allenamento tutti insieme, senza pressione: pensando solo a prepararci per il fine settimana. E nel weekend ci ritroviamo in un grande stadio, con tanti spettatori: amo molto giocare in queste condizioni”.

Uno dei momenti più belli dei suoi 11 anni in Davis è stata la vittoria nel 2017 sulla Russia di Rublev, Medvedev e Khachanov.
“Direi proprio che è stata la mia più grande vittoria in coppa Davis. Ero ancora fuori dai “top 100” ma ero vicino. Rublev, Khachanov, Medvedev, invece, erano già top 50. Abbiamo giocato quel turno in Ungheria, ed è stata una grande occasione per noi di batterli: in casa, su terra battuta, lenta, e io ho vinto tutte e tre le partite. Ero molto carico, ci tenevo molto a salire nel World Group”.

L’Ungheria si è qualificata per le Finali dopo l’emozionante vittoria contro il Belgio. Quale è stata la chiave di quella vittoria?
“Sinceramente, penso che la chiave principale, e quindi la nostra fortuna, sia stato il fatto che David Goffin non abbia giocato quel turno. Con lui in campo il risultato avrebbe potuto essere diverso. Abbiamo giocato in Ungheria, David non c’era, ma comunque non è stato facile perché dopo il terzo match eravamo 2-1 per il Belgio e poi Attila (Balász), il secondo singolarista, ha battuto Coppejans. E nell’ultima partita io ero sotto di un set contro Bemelmans. Peró il pubblico ungherese mi ha dato la carica, ho visto le Finali di Madrid di fronte ai miei occhi e volevo esserci”.

Ora hai anche un ruolo di “chaperon” per i tuoi giovani compagni di squadra. Ti piace il fatto di essere considerato un leader e un esempio?
“Sì, ne sono felice… è una bella sensazione. Abbiamo alcuni juniores, ricchi di talento che però hanno poca esperienza. A volte mi alleno con loro quando sono in Ungheria e in certe occasioni ho l’impressione che non siano totalmente impegnati nel tennis. Questo mi rende molto triste, perché hanno il potenziale per entrare nei “top 100”. Forse tra qualche anno penseranno in modo diverso”.

 A Torino l’Ungheria è inserita nel gruppo D con Australia e Croazia. Due sfide molto interessanti contro due nazionali dalla grande tradizione.
“Hanno certamente degli ottimi giocatori, ma so che alcuni sono infortunati, quindi forse non potranno avere a disposizione la squadra migliore. È la prima volta che giochiamo nel World Group, nelle Finali. Per noi sarà importante divertirci. Non abbiamo nessuna pressione, qundi possiamo solo fare bene”.

Parliamo di Alex de Minaur, il numero 1 australiano, cosa ti colpisce di più di questo giocatore?
“È un mio grande amico e mi piace molto allenarmi con lui perché possiamo giocare a un buon ritmo, possiamo fare degli scambi lunghi, dei bei punti. Penso che sia il giocatore più veloce del circuito, con un gran fisico. Forse il suo servizio non è il più veloce, ma è molto concentrato mentalmente e molto difficile da battere”.

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La Croazia è guidata da una delle grandi leggende di questa competizione, Marin Cilic. Cosa pensi di lui e della nazionale croata?
“Cilic sarà il numero 1, sono molto amico anche di lui. Ha un buon servizio e ha molta esperienza. Ci ho perso due volte su due, ma ricordo di averci giocato una partita molto serrata, a Basilea. Sarà un avversario difficile”.

Il 2021 è stata una stagione molto importante per lei: oltre alla finale di Rotterdam, ha raggiunto uno storico quarto di finale a Wimbledon. Cosa che non accadeva ad un ungherese dal 1948…
“Ho cominciato molto bene l’anno: ho giocato la finale a Rotterdam, il quarto di finale a Dubai, quarto di finale a Doha, quarto di finale a Wimbledon e ho raggiunto il numero 35 nel Ranking ATP. Dopo Wimbledon ho avuto un piccolo infortunio alla spalla e da tre mesi sto cercando di rientrare. Spero di essere al 100% per le Finali. È stata una bellissima esperienza giocare sul Centrale di Wimbledon contro Novak Djokovic, dopo aver battuto Sinner, Schwartzman e Rublev, e sono molto felice di quel risultato

Che effetto fa essere oramai una delle leggende del tennis in Ungheria?
“È una bella sensazione. Spero che le persone mi ricorderanno come un ottimo giocatore e, più importante, come una brava persona”.

La popolarità e il fatto di essere un idolo per i giovani tennisti ungheresi è più orgoglio o pressione?
“Di certo è un grande orgoglio, ma sento anche la pressione. È difficile perché in Ungheria non c’era un esempio da seguire prima di me: sono il primo giocatore tra i Top 50 in tanti anni, quindi avverto la pressione di questo ruolo”.

I trionfi a livello junior, il titolo Atp, gli Slam, aver giocato nell’era dei Fab 4… Quale è stato il momento più emozionante della sua carriera?
“Ci sono stati diversi momenti importanti. Citerei la vittoria contro la Russia in coppa Davis, il quarto di finale a Wimbledon e il titolo ATP a Ginevra".

Per dei giocatori più spettacolari del circuito - il colpo di Madrid contro Bublik è stato tra i più condivisi del web -, quanto è importante aver ritrovato il pubblico dopo i difficili mesi della pandemia?
“In realtà ho giocato molto bene anche senza pubblico, ho avuto degli ottimi risultati, quindi mi sono abituato a giocare senza i fans. Ma sono molto contento che la gente sia tornata sugli spalti. Mi piace divertirmi giocando a tennis;. quando sono in campo se non mi diverto, spesso perdo. Quindi, per me, è importante che le persone si divertano vedendomi giocare, e per questo a volte provo qualche trick-shot. Sì, sono felice che alle partite siano tornati gli spettatori”.

A 29 anni, quasi 30, quali sono i suoi prossimi obiettivi? Il prossimo sogno da realizzare?
“Il mio sogno è di essere un giorno un “top 10”. Penso che sto giocando il miglior tennis della mia carriera, quindi spero nei prossimi anni di vincere un altro titolo ATP. Questo è il mio prossimo obbiettivo, e anche raggiungere la semifinale in un torneo del Grand Slam”.

Faccia un appello al pubblico: perché gli appassionati dovrebbero venire sugli spalti di Torino per fare il tifo per l’Ungheria?
“L’Ungheria non è una delle squadre favorite, ma se io gioco bene e i miei compagni giocano bene, possiamo creare delle sorprese”.

Torniamo alla coppa Davis e al nuovo formato, ci sono due singolari e poi il doppio. E’ pronto a giocare anche il doppio se la squadra ritiene possa essere una buona opzione dopo il primo singolare fra i numeri 1 delle due squadre?
“Sì, il formato della Coppa è cambiato. Contro il Belgio l’anno scorso, dopo il doppio il punteggio era 2-1 per il Belgio, poi c’era un altro match e poi io ho giocato l’ultima partita. Quindi penso che sono pronto: mi sento molto bene fisicamente. Non sarà facile, ma penso che posso giocare tutte le partite”.

IL CALCIO, BECKHAM E HIRO: LE CURIOSITA' SU MARTON FUCSOVICS

Marton Fucsovics, ha praticato altri sport oltre al tennis?
“Non proprio, ma sono uno sportivo, sono un atleta, quindi gioco bene a basket o a calcio. Mi piace il football americano”.

Qualche membro della sua famiglia ha praticato il tennis o altri sport?
“No, nessuno”.

Ha degli animali domestici? Se sí, come si chiamano?
“Ho due cani: amo i cani. Sono Chuck e Berry. Sono il mio hobby preferito: mi piace passare il tempo con loro”.

Qual è il suo cantante o la band preferita? E perché?
“È un cantante ungherese, si chiama Hiro”.

 Può cantarci una delle sue canzoni?
“No, canto malissimo!”.

Qual è il suo sportivo preferito? E perché?
“David Beckham. Perché mi piace molto il suo stile, anche quando giocava, in campo e anche fuori. E penso sia un’ottima persona, un buon padre”.

Come si descriveresti a coloro che non la conoscono bene?
“Penso di essere una persona molto calma. Manco un po’ di fiducia – dovrei avere più fiducia in me stesso sul campo e anche al fuori. Sono anche molto amichevole. Mi definirei una brava persona”.

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