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In questo momento storico così complicato ci sono pochi russi, nel mondo, più popolari di Andrey Rublev. Una popolarità che non è stata intaccata dalla guerra in Ucraina. Anzi, al contrario: sono proprio le posizioni chiare di Andrey ad averlo fatto amare ancora di più dal pubblico di ogni latitudine
17 aprile 2023
In questo momento storico così complicato ci sono pochi russi, nel mondo, più popolari di Andrey Rublev. Una popolarità che non è stata intaccata dalla guerra in Ucraina. Anzi, al contrario: sono proprio le posizioni chiare di Andrey nei confronti di quella che a Mosca chiamavano 'operazione militare speciale' ad averlo fatto amare ancora di più dal pubblico di ogni latitudine. Nelle prime settimane successive all'invasione avviata dalla Russia il 24 febbraio del 2022, Rublev trovò il modo di dire la sua sulla vicenda in maniera piuttosto decisa.
Prima giocò (e vinse) il doppio a Marsiglia insieme all'ucraino Denys Molchanov, amico di vecchia data; poi parlò apertamente della pace come unica soluzione, come unica idea possibile per quella parte di mondo e per l'umanità. In novembre, dopo aver battuto Daniil Medvedev alle Nitto ATP Finals di Torino, invece di firmare la telecamera decise di scrivere per tre volte quella parola, pace. Aggiungendoci pure un eloquente: 'è tutto quello di cui abbiamo bisogno'.
Andrey - oggi numero 6 Atp e 5 della Race - è russo fino al midollo, intendiamoci. Ma fin da adolescente ha deciso di lasciare Mosca, dove per giocare a tennis bisogna affrontare di volta in volta troppo freddo, troppo traffico, troppi ostacoli nella ricerca degli sparring, per approdare nella Vecchia Europa. Il padre – proprietario di una catena di ristoranti nella Capitale – non ha sofferto eccessivamente (almeno sotto il profilo finanziario) per comprargli un biglietto di sola andata per Barcellona. Destinazione, l'accademia dove Fernando Vicente (ex numero 29 Atp) lo ha rivoltato come un calzino, trasformandolo da ragazzino un po' viziato a uomo capace di lavorare, soffrire, sudare, sporcarsi di terra ogni benedetto giorno.
L'indolenza e la faccia triste, Andrey ha impiegato parecchio per togliersele di dosso. Non ci era ancora riuscito nel 2014, quando sui campi del Tennis Club Milano Bonacossa centrava la finale (persa contro il connazionale Roman Safiullin) del Trofeo Bonfiglio, gli Internazionali d'Italia Juniores. Non ci era riuscito nemmeno nel 2017 a Umago, dove battendo Paolo Lorenzi nel match decisivo conquistava il suo primo titolo Atp.
Piano piano, tuttavia, Rublev è cambiato. Ha mantenuto la sua natura votata – almeno in campo – al lamento, ma è riuscito pure a mettersi addosso un sorriso, una volta ogni tanto. Il tennis è un lavoro sì, ed è un lavoro che a volte può rivelarsi complesso, ma rimane anche una bellissima chance per fare ciò che si vuole della propria vita. Il successo a Monte-Carlo, il primo in un Masters 1000, di sorrisi ad Andrey ne ha portati parecchi. Sorrisi misti a lacrime, perché di sbloccarsi così, forse, non se lo attendeva nemmeno lui.
Lui che fin qui i treni li aveva sempre persi per un soffio, salendo le scale di corsa mentre le porte si chiudevano, favorendo di volta in volta i viaggi di Djokovic, di Medvedev, di Nadal. Di altri che quanto a talento non erano certo superiori al 25enne di Mosca. Quando ha strappato l'ultimo quindici a Holger Rune, Andrey si è lasciato cadere sulla terra monegasca ed è rimasto lì per un po' a godersi quel momento, singhiozzando. Mentre un pubblico che ormai aveva dimenticato la sua provenienza gli tributava una meritata standing ovation.
“Considerato da dove vengo – ha spiegato poi alla stampa – è stato commovente vedere tutta quella gente tifare per me”. Un po' lo stesso concetto che aveva espresso pure a Torino, durante le Nitto ATP Finals di fine 2022. Anche in quel frangente, il pubblico piemontese lo aveva sostenuto, come spesso fanno i tifosi dei tornei che frequenta. Perché se Rublev, tennisticamente, è pressoché inarrivabile per chiunque di noi comuni mortali, sotto il profilo umano lo sentiamo molto, molto vicino.
Sentiamo vicino un uomo che credeva poco in se stesso, e che per questo stava un po' sprecando il suo tempo. Sentiamo vicino un uomo che da certi colleghi – Stefanos Tsitsipas – è stato persino rimproverato in maniera arrogante di possedere un solo schema di gioco. Sentiamo vicino una persona gentile che a quell'attacco gratuito non ha nemmeno voluto rispondere, lasciando che a parlare fossero i risultati. E magari pure il suo amico Daniil Medvedev.
Chi lo conosce bene, dunque coach Vicente e il resto dello staff, dice di lui che è uno dei ragazzi più buoni sulla faccia della terra. E a testimoniarlo ci sono pure i fatti. Proprio a Monte-Carlo, quando è salita alla ribalta la bella storia dell'altro russo Ivan Gakhov, si è saputo pure che a passargli qualche completino era (da tempo) proprio Rublev, sempre pronto a dare una mano se ce n'è bisogno.
Come nel suo progetto denominato 'Rublo', linea di abbigliamento che non è nata per fare business, bensì per scopi ben più alti, ben più adatti al Rublev-pensiero. Sul sito ufficiale del campione di Mosca, si legge che 'Rublo' è stata creata per promuovere la consapevolezza sull'uguaglianza e la gentilezza, con la speranza di rendere il nostro mondo un posto migliore. Aggiungendo inoltre tre concetti chiave. Il primo: scegli la gentilezza per te stesso, gli altri e il nostro pianeta. Il secondo: siamo tutti persone e siamo fatti delle stesse cose. Il terzo: c'è bontà al centro di ogni persona.
Sui suoi canali social, Rublev/Rublo ha poi scritto questo: “So di essere deprimente e di aver sempre pensato troppo alla vita e alla morte, ma prima che i miei giorni finiscano continuerò a lottare per ciò in cui credo, per ciò che amo e per chi amo. Abbiamo lavorato a qualcosa di importante e che sento vicino a me. E vorremmo condividere con voi qualcosa che può essere più grande di un semplice marchio, qualcosa che può aiutare le persone, il pianeta. Qualcosa che sarà un simbolo di speranza e gentilezza. Sarà un anno interessante e speriamo di riuscire ad aggiungere un po' di luce in questo mondo buio”.