Chiudi
Nel box degli incordatori ufficiali degli Internazionali d'Italia abbiamo scovato gli attrezzi del 17enne italiano che sta stupendo il mondo. E ci siamo fatti spiegare tutte le sue personalizzazioni, dal peso al dal tipo di corda e tensione, al dettaglio di un misterioso sistema anti-vibrazione
di Enzo Anderloni | 18 maggio 2019
Nella pancia del Campo Centrale ci sono quelli che le racchette le suonano, pizzicando le corde.
Lo fanno con le pinze delle macchine incordatrici, che ancorano il telaio e consentono alla ganascia della testa di trazione di afferrare il filamento a ogni singolo passaggio, tirando il filamento alla tensione giusta, quella richiesta da ciascun giocatore.
Il team ufficiale degli incordatori degli Internazionali BNL d’Italia è tra i migliori del mondo, targato Wilson che fornisce le apparecchiature ergonomiche Baiardo che ognuno dei tecnici può adattare alla propria corporatura e modalità operativa. A guidare la squadra c’è come sempre Marco Rossani, il n.1, unico stringer ‘azzurro’ nel team di Wimbledon.
Nel suo log, il file con tutte le informazioni relative alle abitudini dei giocatori e ai telai che portano giornalmente a far preparare per la partita, ci sono tutti. Tutti quelli che si affidano al servizio offerto dal torneo. Tutti tranne le due o tre superstar che hanno un incordatore personale, che si portano in giro per il mondo, al quale pagano un sostanzioso stipendio e per il quale in ogni albergo che si trovano a frequentare nel tour affittano una bella stanza. Parliamo di King Roger Federer, ovviamente, e del sovrano del ranking attuale, Novak Djokovic. Non di Rafael Nadal o di Serena Williams, sempre parlando di superstar, che si sono sempre affidati al team degli Internazionali BNL d’Italia come la grande massa degli altri professionisti in tabellone.
Così chi, come noi, ha il privilegio di poter curiosare nella pancia del Centrale, trova ai box degli incordatori una lunga rastrelliera di racchette, appese dentro buste di cellophane come abiti in tintoria, ciascuna contraddistinta dall’etichetta con il nome del proprietario (o proprietaria) e le sue specifiche richieste, a quel punto già esaudite.
La prima curiosità, mentre il torneo sta entrando nella fase più calda, è scoprire i segreti della racchetta dell’ultimo arrivato ma forse primo nei cuori degli appassionati italiani in questi giorni: il 17enne Jannik Sinner, il cucciolo rosso di campione che si è materializzato all’improvviso al Foro Italico, lasciando tutti di stucco con la qualità del suo tennis inaspettatamente maturo.
Quando arriviamo Marco ha appena ricevuto due telai di Sinner da preparare. La racchetta dell'altoatesino è una Head Speed MP, stessa famiglia del modello che utilizza Novak Djokovic (Speed Pro), il fuoriclasse cui più spesso Jannik viene paragonato.
Ovale da 100 pollici quadrati, peso a nudo (nella versione di serie) 300 grammi, bilanciamento a 32 centimetri dall’estremità del manico. Il profilo costante è di spessore medio (23mm), lo schema corde è un classico 16 verticali per 19 orizzontali. Il peso dei due esemplari di Jannik si discosta pochissimo da quelli degli attrezzi che si trovano nei negozi: 310 grammi, considerando anche la presenza di un overgrip (aggiunge 4/5 grammi) che l’azzurrino avvolge sopra il grip originale.
Il primo segno di personalizzazione è anche il più ovvio, quello che operano immediatamente tutti gli appassionati: la scelta dalla corda e della tensione. Sulla prima Sinner segue l’onda giovane, prediligendo un sintetico monofilamento, non troppo rigido: si tratta di Head Hawk Touch calibro 1,30 (mm).
In fatto di tensione è invece in totale controtendenza rispetto al mondo intero: 28 kilogrammi sia sulle verticali che sulle orizzontali, un valore molto elevato. Superiore ai 24/25 kg di Federer e Djokovic, ai 25 di Nadal. Questo significa, per chi non ha dimestichezza con queste vicende tecniche, che il suo piatto è più rigido, la sua racchetta spinge meno di quella dei fenomeni sopracitati a parità di energia generata col braccio.
Questa scelta gli permette però di poter spingere a tutta forza limitando al massimo la perdita di controllo del colpo. Osservando i suoi attrezzi, segnati dal lavoro sulla terra battuta (che si andata a infilare anche sotto il bumper protettivo sulla testa dell’attrezzo) si nota il logo della versione “Grafite 360”, l’ultima di questo attrezzo che vede impiegato oltre al carbonio anche il grafene, materiale più evoluto, leggero, resistente (e costoso) della stessa grafite in tutte le zone nevralgiche del telaio. Un materiale che ha la resistenza meccanica del diamante e la flessibilità della plastica.
Il dettaglio però più originale in assoluto si trova all’interno del cuore dell’attrezzo, nei punti di passaggio della corda alla base del piatto. Dove ai tempi delle racchette di legno venivano collocati dei rettangolini di cuoio, power pads, che impedivano che la corda stessa, in tensione, danneggiasse le fibre del legno, Sinner fa collocare dei pezzi di uno strano tessuto chiaro, proposto dal suo kiniesologo in chiave preventiva, per tagliare le vibrazioni e preservare il gomito. Ora Marco si mette al lavoro: la coppia di racchette di Jannik sarà tra poco pronta (20 minuti a incordatura) per esprimere il meglio sul campo. Domani, vedremo.