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Avrebbe compiuto 92 anni a ottobre. E' stato due volte semifinalista a Parigi, due volte finalista a Roma e 4 volte tricolore negli Anni ’50. E' considerato l'inventore del rovescio a due mani
di Alessandro Mastroluca | 17 luglio 2019
Giocava con racchette pesanti, lasciate per mesi a inumidirsi nell'armadio. Valorizzava un'impugnatura che aveva sviluppato da campione regionale di ping pong a Merano. Da questo al mettere la mano sinistra sotto la destra, su quella parte libera del grip, per eseguire il rovescio il passo è breve. Nel 1948 è prima categoria, l'anno dopo già batte un futuro campione di Wimbledon, il numero 1al mondo Jaroslav Drobny. Con Gardini, nel 1951 la Fit lo spedisce in California. Aldo Tolusso, presidente in carica solo da un paio d’anni, investe tre milioni per far ripartire così il nostro tennis dopo la guerra.
In quelle due settimane di lezioni americane, a posteriori fondamentali per quella generazione, Merlo gioca contro i più grandi dell'epoca: Don Budge, Frank Sedgman, Pancho Gonzales, Pancho Segura. Due giorni prima di lasciare la California, li accompa gnano nella villa di Charlie Chaplin a Beverly Hills. “Charlot” non c’è, ma Merlo può comunque giocare, e lasciare pochi game in un set di allenamento, al vecchio formidabile Big Bill Tilden, il fuoriclasse da 10 Slam che aveva cambiato per sempre il servizio. La Usta ha spedito per osservarli Eleanor Tennent, l’allenatrice di Maureen Connolly, che è allora l'unica che abbia realizzato il Grande Slam. Nel vedere i colpi un po’ sbilenchi di Gardini e il rovescio bimane di Merlo, Tennent si mette le mani nei capelli. Ma col passare dei minuti, si accorge di un dettaglio nient'affatto secondario: gli italiani non sbagliano praticamente mai, e ordina a tutti gli altri coach di non cambiare niente della loro tecnica.
Quella stessa tecnica che nel 1955, dopo la finale della zona europea di Davis vinta 4-1 sulla Svezia di Davidson e Bergelin, futuro coach, e molto di più, di Borg, campeggia in prima pagina sull’Equipe. “Il a pas de coup droit, rien de service, mais il gagne avec sa retour”, è la didascalia che accompagna la fotosequenza del rovescio, “Non ha il dritto né il servizio, ma s’impone con la risposta”. È l'anno della celeberrima finale a Roma con Gardini in cui si porta in vantaggio di due set a uno (6-1 1-6 6-3), non sfrutta tre match point nel quarto e crolla a terra sul 6-6. “Si deve ritirare” urla Gardini che si prende così il titolo agli Internazionali d'Italia.
Al Roland Garros, quello stesso anno, batte Vic Seixas, l’americano allora numero 2 del mondo, sempre più nervoso per quell'avversario italiano che difende così bene su ogni sua discesa a rete. Il pubblico lo porta in trionfo, ma tutto quello scalpore, quell'entusiasmo lo deconcentrano. Non è abituato, e in semifinale viene sorpreso dallo svedese Davidson con cui aveva vinto al Foro Italico.