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Il coach Matteo Catarsi segue la giocatrice toscana dalla categoria Under 10. Oggi i due si capiscono con uno sguardo e sono come una famiglia. "Martina - spiega l'allenatore - è una che non si arrende mai. Adesso puntiamo a far bene anche sul cemento"
02 agosto 2022
Le lacrime di Rabat, i sorrisi giganti di Parigi. Il 2022 ha già decine di splendide istantanee per il nostro tennis e quelle legate a Martina Trevisan scaldano ancora il cuore. La toscana ha iniziato il suo cammino tanti anni fa, legandosi presto alla figura silenziosa di Matteo Catarsi. Matteo con lei le ha vissute tutte e conosce Martina come forse nessun altro.
Partiamo subito facendo un bilancio della stagione sulla terra battuta. Con 15 vittorie in 21 partite è stato davvero un periodo d’oro.
“La terra rossa è da sempre la superficie sulla quale Martina si trova meglio. Le sue caratteristiche fisiche le consentono di poter colpire tante palle e di far correre molto le avversarie. Sono contento perché anni di sacrifici quotidiani l’hanno portata a competere con giocatrici di alto livello in palcoscenici sempre più prestigiosi. Tutto questo per me non è completamente inaspettato perché Martina negli ultimi anni era cresciuta tantissimo. Aveva bisogno di un pizzico di fortuna e di qualche incastro positivo per vincere partite in serie ed acquisire fiducia, come accaduto a Rabat e a Parigi".
Il box di Martina Trevisan: Matteo Catarsi, il preparatore atletico Donato Quinto e Tathiana Garbin
A proposito di Parigi, sono passati due mesi esatti da quella splendida cavalcata. In voi quanto è ancora vivo il ricordo?
“Molto, e resterà così per sempre. Subito dopo il Roland Garros abbiamo ripreso a lavorare in vista della stagione su erba, quest’anno anomala come non mai. A Wimbledon si percepiva nell’aria una sensazione strana, erano in pochi quelli convinti di volerlo vincere davvero. È stato un evento particolare, l’aria degli Slam la conosco ed è diversa. Sapevamo bene che sarebbero state settimane ostiche per vari motivi e ci auguriamo di riuscire a fare meglio nel 2023. Quanto a Parigi, dobbiamo essere bravi noi a non commettere l’errore di due anni fa, quando Martina a sorpresa riuscì a raggiungere i quarti di finale. Questa volta ci siamo già detti che sarà il nostro nuovo punto di partenza per crescere e migliorare ancora di più”.
Lei conosce Martina da oltre 20 anni. Possiamo dire che sia ormai un libro aperto?
“Martina iniziò a lavorare con la mamma che aveva circa 4 anni. Io ci sono dall’under 10, una vita intera praticamente. Le trasferte fatte insieme a livello Juniores ci hanno legato tanto. Martina aveva 14 anni, o poco più, e sento che è in quel momento che abbiamo messo le basi per tutto ciò che è arrivato dopo. Con esperienza e tanta pazienza si mettono insieme i tasselli e si possono costruire tante belle cose, come per fortuna è successo a noi. Negli anni abbiamo imparato moltissimo l’uno dall’altra. Io da lei non posso che aver preso tutta la sua incredibile tenacia e la caparbietà. È davvero una che non molla mai, non è una frase fatta. Per fortuna io guardo sempre le cose dal lato migliore, vedo il mondo in maniera positiva. Nei momenti in cui abbiamo bisogno ci siamo sempre e quando capita di discutere, anche bruscamente, basta uno sguardo per capirci e andare avanti. Da me ha imparato ad avere pazienza e a gestire al meglio anche le situazioni scomode. Il dialogo è fondamentale”.
Nel tennis femminile si vedono tanti cambi di coach, esperienze che durano davvero poco. Qual è il segreto di una relazione solida nel tempo?
“Fiducia e rispetto sono alla base di tutto. Purtroppo nel circuito ci sono giocatori e giocatrici, così come i rispettivi coach, troppo attaccati ai soldi. Il rapporto tra me e Martina va ben oltre il tennis, ormai siamo una famiglia. Cambiare allenatore con grande frequenza può anche portare dei frutti nell’immediato ma onestamente credo poco in questo modo di fare. Nel nostro team siamo sempre alla ricerca di figure che rendano la squadra sempre più completa e possano mettere Martina nelle condizioni di rendere al meglio. Da sempre puntiamo sul lungo termine, questa è l’idea di un progetto”.
Torniamo in campo. Dove state preparando la trasferta sul cemento americano e su cosa vi state concentrando in particolare?
“Siamo al Centro Tecnico Federale di Tirrenia in questo momento. Ci alleniamo fino a giovedì, poi si parte. Martina giocherà i tornei di Toronto, Cincinnati e Cleveland, in vista ovviamente degli Us Open. Troppe volte, forse, abbiamo commesso l’errore di cercare di cambiare modo di giocare in base alla superficie. Il lavoro dal punto di vista fisico per i campi veloci è fondamentale. Non abbiamo intenzione di stravolgere nulla ma di intervenire dove c’è bisogno: su tutti servizio, risposta e cambi di ritmo. Arriveremo in Nordamerica un pochino prima rispetto all’inizio dei tornei per abituarci meglio al fuso orario e alle condizioni di gioco. Non siamo mai stati a Toronto, dovremo farci trovare pronti a qualche novità. Obiettivi? Non pensare alla classifica o ai punti ma giocare tranquilli, un ‘15’ dopo l’altro, per il maggior numero possibile di partite”.
Martina e le altre azzurre. Ultimamente stanno ottenendo risultati importanti anche giocatrici come Paolini, Bronzetti e Cocciaretto. Che idea si è fatto del movimento femminile italiano?
“A mio avviso il tennis è diventato più omogeneo rispetto a tre o quattro anni fa. Oggi la numero 10 del mondo può perdere anche contro la 200, bastano piccoli acciacchi dal punto di vista fisico per ridurre enormemente le distanze. Forse in alto il livello è calato un po’, però nella zona a ridosso della top 10 tutte possono vincere tornei importanti. Le ragazze del nostro tennis stanno bene e si stanno iniziando a togliere diverse soddisfazioni. Nel nostro mondo la continuità è tutto, occorre trovare la giusta ricetta per farla propria e non perderla più”.
Martina Trevisan esulta (foto Getty Images)