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Una bomba pronta a esplodere. Il californiano Emilio Nava appare esattamente questo: a 19 anni, dopo aver perso cinque finali su cinque tra gli Juniores, ha vinto il suo primo titolo al primo tentativo fra i pro. Grande colpitore, con movenze simili a quelle di Roddick, ha trovato la sua ispirazione grazie a David Ferrer
di Cristian Sonzogni | 18 marzo 2021
Prendete il servizio e il diritto di Andy Roddick, mettetelo (comprese le movenze che preparano il colpo) su un ragazzotto californiano di 19 anni dal nome italiano e dalle origini messicane, aggiungete un tocco di spregiudicatezza e una buona dose di incoscienza e otterrete quello che oggi – più di ogni altro americano – si avvicina al tennis 'bum bum' di A-Rod, l'ultimo yankee a vincere uno Slam nel lontano 2003. Lui si chiama Emilio Nava, e al di là del paragone ingombrante può già brillare di luce propria. Perché ha alle spalle una carriera Juniores di tutto rispetto, seppur macchiata da un'allergia alle finali: cinque ne ha giocate e cinque ne ha perse, comprese quelle di due Slam giovanili nel 2019, in Australia (contro Lorenzo Musetti) e a New York (contro il ceco Jonas Forejtek).
Un tabù che è già caduto alla prima occasione utile tra i professionisti: a La Nucia, in Spagna (15 mila dollari), il simpatico Emilio ha rischiato di uscire nelle qualificazioni per mano di tal Juan Pablo Canas Garcia, ranking attuale di numero 1353.
Poi però ha cambiato marcia, è entrato nel main draw e ha fatto fuori il campano Raul Brancaccio all'esordio, poi altri quattro spagnoli, portando il totale degli iberici eliminati nel torneo a quota sette. Dunque, ricapitolando: un americano cresciuto ad hamburger e cemento che si prende il suo primo centro da pro sulla lenta terra di Spagna. Un caso? Non proprio.
Emilio Nava e Andy Roddick: servizio, diritto, Slam
Emilio è uno dei tanti talenti che hanno trovato casa all'Academy dell'ex numero 1 del mondo Juan Carlos Ferrero, a Villena, poco lontano da Alicante e dal mare. Non solo. L'idolo di Emilio, a dispetto del suo tennis e della sua nazionalità, è un altro spagnolo, David Ferrer. Esempio che peraltro condivide con due promettenti colleghi, pure loro di stanza a Villena: Carlos Alcaraz e Carlos Gimeno Valero. I suoi incitamenti sono dei 'vamos' e non dei 'c'mon', e la lingua madre dei genitori (messicani) – che lui utilizza con la stessa scioltezza dell'inglese – è proprio lo spagnolo.
Ad aiutarlo, oltre a Ferrero (guarda caso, colui che fu sconfitto da Roddick nella finale di New York nel 2003), una famiglia che ha fatto dello sport la propria vita: il papà, Eduardo, disputò i Giochi Olimpici di Seul nella velocità; la mamma, Xochitl Escobedo, fu una discreta tennista negli anni Novanta, tanto da conquistarsi un posto per la Nazionale di Fed Cup.
Fu proprio lei a portare il figlio per la prima volta sul campo vicino casa, e fu lei a notare che aveva delle chance di proseguire su quel cammino. Escobedo, peraltro, nel tennis non è un nome nuovo: Nava è infatti cugino di Ernesto Escobedo, 24enne ex numero 67 al mondo e oggi sceso fuori dai top 200. Quello che fino a ieri sembrava il più forte della famiglia, e che invece a breve potrebbe lasciare la leadership al 19enne Emilio.
“Devo migliorare tutto del mio tennis – dice lui –, compreso il servizio. Ma soprattutto devo imparare ad avere pazienza. Su questo stiamo lavorando parecchio”. Eh già, la pazienza: fosse per Emilio, ogni palla che passa dalle sue parti si trasformerebbe in un tentativo di colpo vincente. Ne sa qualcosa Holger Rune, il fenomeno danese che lo ha incontrato di recente proprio a Villena, e per un set contro il suo servizio non ha praticamente potuto rispondere.
Poi, qualche doppio fallo di troppo ha aperto una voragine, e da quel momento la partita è cambiata, fino alla vittoria per 6-4 al terzo del biondo danese. “Di Ferrer ho una grande foto che ho messo all'entrata di casa mia: la vedo ogni giorno e mi dà ispirazione. Di David ho sempre apprezzato proprio la capacità di stare sempre incollato al match, qualunque cosa accadesse. Quello che ancora mi manca”. Appassionato di basket e di cinema, Emilio ha una routine che sta diventando un portafortuna: “Prima di andare in campo ascolto una canzone. Se vinco, la ascolto anche per i match successivi”.
Numero 5 come best ranking tra gli Juniores, attualmente numero 599 Atp e 30 della Race to Milano, proprio grazie alla vittoria in Spagna comincerà a scalare qualche posto, in un percorso che – nonostante le straordinarie qualità tecniche – non sarà scontato né semplice.
“So benissimo cosa mi aspetta – spiega lui dietro a un sorriso sornione – e so che nessuno mi regalerà niente”. Intanto si merita le attenzioni degli appassionati e degli addetti ai lavori non soltanto per il suo tennis esplosivo, ma pure per il suo carattere solare, tipico di un messicano cresciuto in California.
Nemmeno le sconfitte in finale, nemmeno i match-point mancati (come contro Musetti in Australia) sono riusciti a toglierli il sorriso. E non saranno le difficoltà inevitabili dell'ingresso nel mondo dei pro a ridimensionare le sue motivazioni. Con un tennis parente stretto (almeno nelle intenzioni) di quello di Andy Roddick e David Ferrer come esempio da seguire, le fondamenta sembrano solide e promettenti.
Resta da trovare quella benedetta pazienza tanto inseguita, imparando per bene, nel frattempo, un motto che il buon Ferrer metteva in pratica a memoria: “Butta dall'altra parte una palla in più, può essere che non ritorni”.