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Campioni next gen

Passaro visto da coach Tarpani: "Obiettivo Milano"

Una delle sorprese più belle del tennis italiano nel 2022 risponde al nome di Francesco Passaro. Perugino 'di origine controllata', il classe 2001 azzurro ha iniziato la stagione fuori dai primi 300 del mondo e al momento sarebbe qualificato per le Intesa Sanpaolo Next Gen Finals di Milano

27 settembre 2022

Francesco Passaro con coach Roberto Tarpani, che lo allena allo Junior Tennis Perugia

Una delle sorprese più belle del tennis italiano nel 2022 risponde al nome di Francesco Passaro. Perugino 'di origine controllata', il classe 2001 azzurro ha iniziato la stagione fuori dai primi 300 del mondo e al momento sarebbe qualificato per le Intesa San Paolo Next Gen Finals di Milano. Al suo fianco c’è da sempre coach Roberto Tarpani, che lo segue dai suoi primi passi allo Junior Tennis Perugia e lo conosce come nessun altro. Ecco le sue parole sul suo pupillo.

Partiamo da lei. Quando e come nasce il suo amore per il tennis?
“Respiro sport in famiglia praticamente da quando sono nato. Allo Junior Tennis Perugia sono stato allievo, giocatore, maestro e ora anche presidente del circolo, che gestisco insieme a tre colleghi dal 2017. Mio padre è stato calciatore e dirigente per la pallavolo in Serie A1. Il mio cuore batte da sempre per il tennis e sono stato fortunato a poter fare della passione un lavoro”.

A quando risale il primo ricordo che ha di Francesco? Vi conoscete da molto tempo?
“Sono il padrino di battesimo di Francesco. È come se fosse mio figlio, l’ho visto crescere un giorno dopo l’altro. La prima volta che ha messo piede al circolo avrà avuto non più di sei anni, lo ricordo bene. Abitava qui vicino, veniva a piedi ad allenarsi dopo la scuola e ha seguito il percorso classico che prendono più o meno tutti a quell’età. Già da piccolo aveva qualità superiori rispetto a quelle di molti suoi coetanei, soprattutto dal punto di vista fisico e da quello della coordinazione. Ha avuto un periodo nel quale si è diviso tra tennis e calcio, una sua grande passione, prima di sposare definitivamente questa causa”.

Francesco Passaro a New York

Quando è diventato ufficialmente il suo allenatore?

“A dire il vero non da molto tempo, anche perché fino ai 15-16 anni ha svolto un’attività non particolarmente intensa. Col senno di poi è stata una delle migliori decisioni che potessimo prendere. A mio avviso è controproducente far allenare troppo i ragazzi quando sono molto giovani, a 13 anni non si possono avere le idee chiare sul futuro. Fare il professionista è una cosa seria e occorre avere un minimo di maturità nel prendere tale decisione. L’ambiente è bello ma faticoso, pieno di impegni, sacrifici e rinunce. Sostanzialmente è da poco più di un anno che abbiamo iniziato a girare il circuito insieme con continuità”.

Qualche numero. Francesco ha iniziato la stagione fuori dai primi 300 del mondo, adesso è 127. C’è una ricetta magica dietro questa esplosione?

“Anche negli anni passati Francesco ha sempre giocato bene. I motivi dietro le vittorie e la conseguente scalata del ranking sono tanti, ma la convinzione nei propri mezzi è quello che ha fatto la differenza. Abbiamo svolto per due mesi un’ottima preparazione al Centro Tecnico Federale di Tirrenia, facendo i professionisti a 360 gradi, e i risultati si sono visti presto. La vittoria nel 15.000 dollari di Monastir e la finale al Challenger di Sanremo, partendo dalle qualificazioni, sono state una forte iniezione di fiducia. Il lavoro tecnico su servizio e dritto ha fatto il resto, anche se ancora dobbiamo colmare la distanza tra vincenti ed errori gratuiti. Nella nostra idea di tennis c’è voglia di andare a prenderci i punti. Ben vengano gli errori se figli di un gioco propositivo”.

Ai Giochi del Mediterraneo in Algeria, Francesco ha vinto la medaglia d’oro in singolare e in doppio. Lei era il capitano della selezione azzurra. Cosa resta di questa esperienza?

“L’essere stato scelto come capitano è stato un grande onore per me. Francesco arrivava dalla finale persa a Milano, stanco ma carico di entusiasmo. Ho provato a trasmettergli che mentre di tornei ce n’è uno a settimana, una competizione del genere passa invece una volta nella vita. Nessuno aveva mai vinto singolare e doppio nello stesso anno. Dando tutto ciò che aveva, Francesco ha fatto la storia. Complimenti anche a Matteo Arnaldi, Nuria Brancaccio e Aurora Zantedeschi. Siamo rientrati tutti persone migliori”.

Sulla terra battuta di Trieste è arrivato il primo titolo Challenger. Cosa ha detto a Francesco prima della finale?

“Niente di particolare. Preferisco lavorare e magari capire dove abbiamo sbagliato. Sapevo che prima o poi sarebbe riuscito a vincere, era solo questione di tempo. La sconfitta nelle tre finali precedenti di Sanremo, Forlì e Milano ci ha fatto aprire gli occhi su alcuni aspetti. Francesco era partito per Trieste convinto che avrebbe vinto il torneo. Questa è la giusta mentalità, quella di avere l’ambizione di provare a vincere ogni torneo al quale ci si iscrive. Le qualità le ha”.

Al momento ben 7 dei primi 15 giocatori nella Race Next Gen sono italiani. Considerato che Carlos Alcaraz e Jannik Sinner saranno presumibilmente impegnati altrove, Francesco è virtualmente numero 7 della Race. Milano è un obiettivo?

“Si, Milano è uno dei due obiettivi insieme al main draw degli Australian Open 2023. Se così non dovesse essere la stagione sarebbe comunque ottima, così come le prospettive future. Da adesso in poi, punti da difendere non ce ne sono e il tempo per lavorare bene non manca. Quest’anno siamo stati chiamati più volte a rivedere la programmazione, fortunatamente per puntare sempre più in alto. Ora il calendario prevede i Challenger di Lisbona e Parma, con un sogno legato ai due ATP 250 di Firenze e Napoli”.

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