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Thiem, rimonta storica. E' il 150° campione Slam

Per la quinta volta nell'era Open, il vincitore di uno Slam recupera due set di svantaggio in finale. Dominic Thiem riesce nell'impresa dopo un inizio troppo dimesso per essere vero e batte l'amico Alexander Zverev.

di | 14 settembre 2020

Dominic Thiem è il 150mo campione Slam nella storia del tennis

Dominic Thiem è il 150mo campione Slam nella storia del tennis

"La mia carriera è come questa finale: tanti alti e bassi, ma sono felice di come sia andata". Dominic Thiem fotografa su Twitter il senso della sfida che l'ha reso il 150mo campione Slam, il 55mo allo US Open, il secondo austriaco dopo Thomas Muster. Ha sconfitto l'amico Alexander Zverev, in lacrime durante la premiazione, 2-6 4-6 6-4 6-3 7-6(6). L'ha battuto per l'ottava volta in dieci incontri. Otto, come il segno dell'infinito sollevato in piedi per illuminare nuovi orizzonti. Otto, come le sconfitte contro top 10 di Zverev negli Slam in otto partite.

Dopo i primi due set troppo dimessi per essere veri, in Thiem è scattato l'orgoglio. "E' stato difficile continuare a crederci" ha detto l'austriaco, che ha vinto la prima finale a New York al tiebreak del quinto set. E' il quinto, altro numero che torna nella sua storia dopo il quinto doloroso set perso all'Australian Open contro il numero 1 del mondo Novak Djokovic, a rimontare due set di svantaggio in una finale Slam.

 

Le quattro precedenti rimonte da 0-2 si sono tutte verificate al Roland Garros: Bjorn Borg su Manolo Orantes nel 1974, Ivan Lendl su John McEnroe nel 1984, Andre Agassi su Andrei Medvedev nel 1999 (la finale che gli consente di completare il Career Grand Slam), Gaston Gaudio su Guillermo Coria nel 2004.

A New York, l'ultima simile impresa risaliva al 1949, quando Pancho Gonzalez, per molti il migliore dell'epoca, superò Fred Schroeder Jr. 16-18 2-6 6-1 6-2 6-4.

Come Andre Agassi e Goran Ivanisevic, Thiem ha perso le prime tre finali Slam giocate e vinto la quarta dopo essere stato sotto di due set e di un break nel terzo. Zverev sapeva di dover contare su servizio e dritto per avere una chance, e per due set abbondanti ha applicato alla perfezione il piano. Piazza 16 vincenti nel solo primo set e altri otto nel secondo: Thiem ne registra meno della metà a quel punto del match. L'austriaco, in svantaggio nel punteggio per sette game consecutivi di servizio, cerca poco la palla con i piedi, è pesante, appare provato e in cerca d'aria mentre Zverev, sguardo fiero e braccio deciso, piazza un ace dopo l'altro. Sotto 5-1, il primo erede dei Fab Three comincia a spostare gli equilibri. 

Zverev manca quattro set point, subisce il primo break quando serve per la prima volta per allungare due set a zero, alla fine chiude 6-4. L'ultimo game è segnato da una battaglia di 15 colpi. Ma non è negli scambi lunghi, come notava l'analista Craig O'Shannessy nel suo blog, che i due hanno fatto la differenza nel corso del torneo,

L'abbraccio finale tra Dominic Thiem e Alexander Zverev dopo la finale dello US Open

Zverev allunga 2-1 nel terzo, ma la finale prende un'altra strada dopo l'immediato controbreak. "Da quel momento, ho iniziato a crederci sempre di più" ha commentato Thiem. "Ma crederci non basta, perché sono sicuro che anche [Zverev] ci credeva al 100%". Sul 4-4, per pochi centimetri evita di concedere una palla break, sul 5-4 in risposta piazza quattro punti di fila aiutato anche da un doppio fallo del tedesco.

La percentuale di prime in campo di Thiem passa dal 37% del primo set al 74% del secondo. Zverev scende dall'88% di punti vinti con la prima al servizio nel primo parziale al 64 del terzo. E nel quarto, con un altro doppio fallo in un momento chiave, consegna al rivale una palla break che, trasformata, lo porta a servire per il set.

Al quinto, i due "bandoleri stanchi" danno vita al miglior spettacolo della finale. Quasi non stanno in piedi tra un punto e l'altro, eppure disegnano vincenti inattesi. La finale si trasforma in uno show elettrico, a cui purtroppo mancano una cornice e un sottofondo. Il silenzio dell'Arthur Ashe fa risaltare l'essenza di una partita bizzarra e per questo attraente, affascinante perché improbabile, in cui tutto può succedere e tanto in effetti succede. Il manifesto del 2020.

Entrambi servono per il match, ma invano. In quei momenti, il servizio li abbandona e l'avversario in risposta tira fuori tutto quello che ha, anche risorse che non sospettava di possedere ancora. Finché tutto si traduce in un tiebreak thrilling, deciso con il margine minimo possibile, due punti. Sembra finita quando Zverev offre due match point di fila con due doppi falli (6-4), ma li salva entrambi. L'ultimo errore di rovescio lo precipita desolatamente in una realtà di rimpianto mista alla fierezza per esserci arrivato in una finale Slam, da unico giocatore con oltre 100 ace nel torneo, per aver comunque accorciato la strada necessaria a uscire dalla prigionia del sogno.

L'ultimo errore di rovescio di Zverev fa calare il sipario sull'edizione 2020 dello US Open. Thiem si stende sull'Arthur Ashe ad abbracciare il vuoto, dopo aver vinto 163 punti, quattro in più dell'amico-rivale.

 

Dominic Thiem dopo la vittoria allo US Open

"E' stato un grande sollievo, nel match ho sentito una forte pressione, ho vissuto emozioni intense. Fisicamente è stata durissima. Le ultime quattro settimane non sono state facili, né fisicamente né mentalmente" ha detto il primo campione Slam nato negli anni Novanta. Erano sei anni, dal trionfo di Marin Cilic allo US Open del 2014, che non si vedeva un nome nuovo nella lista dei vincitori dei major.

"Io e Zverev ci conosciamo dal 2014, siamo diventati subito grandi amici e abbiamo sviluppato una bella rivalità" ha detto Thiem. "Abbiamo fatto grandi cose, in campo e fuori, E' straordinario come il nostro viaggio ci abbia portato a condividere questo momento. Oggi entrambi avremmo meritato di vincere". Zverev, triste anche per l'assenza dei genitori entrambi positivi al Covid-19 prima del torneo, scoppia in lacrime durante il discorso alla premiazione. Lacrime di rabbia, di tensione da sfogare. Ma è in questi momenti che si misurano le ambizioni. "I grandi tennisti devono avere la memoria corta" diceva nel 2017 alla rivista Vogue che l'aveva scelto prima di Wimbledon come simbolo della nouvelle vague del tennis, dell'era post-Fab Three.

Con lui, in uno scatto celebre sulle tribune di Wimbledon, c'era proprio Thiem che ha aspettato fino ai 27 anni il momento giusto per prendersi il suo angolo di cielo. E quando gli angoli diventeranno curve nella memoria, si affievoliranno anche tutti i "sì, però..." per un torneo senza Nadal e Federer, senza pubblico, senza la solita atmosfera. Una volta ingialliti gli esuli pensieri, resterà solo l'unico dato che conta: Dominic Thiem, 150mo campione Slam. 

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